11 ottobre 2001

‘La pittura figurativa è nichilismo’

 
Il celebre collezionista milanese Giuseppe Panza di Biumo, a Palermo per la mostra di Sims e Fratteggiani, intervistato da Paola Nicita. La sua collezione, il minimalismo americano, il concettualismo, la villa nel varesotto, il rapporto con Renato Guttuso e una dichiarazione che ci spiega perché ha sempre scelto l’arte astratta...

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Ricordo con molto piacere la mia amicizia con Renato Guttuso. Una persona colta, brillante, gentile, con cui spesso trascorrevo interi pomeriggi a discutere appassionatamente di arte. Ma non ho mai comperato un suo quadro. Chi parla è Giuseppe Panza di Biumo, collezionista d’arte contemporanea tra i più stimati del mondo, in questi giorni a Palermo per presentare la mostra ai Cantieri di Phil Sims e Alfonso Fratteggiani Bianchi, artisti entrambi annoverati nella sua raccolta. La passione di Panza nasce intorno al 1956, quando di ritorno dagli Stati Uniti comincia ad acquistare opere ancora sconosciute al grande pubblico, dando vita a una collezione che trasformerà la sua villa di Biumo Superiore, in provincia di Varese, in una casa museo nota in tutto il mondo. Oggi una parte della collezione, composta da 133 opere di arte americana contemporanea, oltre tutti gli arredi storici e la raccolta di arte africana e precolombiana, è stata donata al Fondo per l’ambiente italiano. Panza racconta gli incontri con Guttuso e dà chiare indicazioni sulle sue preferenze artistiche, improntate al minimalismo e all’arte concettuale. «Sims e Fratteggiani sono due artisti che amo molto – spiega il collezionista – che hanno tra loro molte affinità e al contempo forti peculiarità distintive». La loro mostra è promossa dal Goethe Institut e allestita nella Grande Vasca dei Cantieri Culturali alla Zisa.
Come la maggior parte degli artisti della sua collezione, Sims e Fratteggiani prediligono il linguaggio concettuale.
Ho iniziato la mia collezione intorno al 1956, insieme a mia moglie. Allora il minimalismo e il concettuale erano davvero poco noti, ma ho trovato in questi linguaggi alcune importanti peculiarità che mi hanno immediatamente confermato la profonda validità delle opere, al di fuori di ogni stretto riferimento temporale.

Tanto da acquistarne migliaia e diventare così un punto di riferimento per le collezioni dei musei di tutto il mondo.
Si, specie quelli americani. La mia collezione è stata fondamentale, ad esempio, per il Moca di Los Angeles e il Guggenheim di New York, che hanno strutturato la loro raccolta con acquisti e anche con donazioni»

A proposito, lei ha recentemente ha deciso di donare la sua villa con una parte della collezione al Fai. Qual è il motivo che l’ha spinto a questa decisione?
Trovo che condividere il piacere dell’arte con altre persone arricchisca enormemente. Per questo amo prestare o dare in comodato molte opere: vorrei vederle tutte esposte, anziché conservate. Ne ho duemilacinquecento, e quindi lo spazio non basta mai.

Anche perché le sue scelte espositive sono rigorose: un’opera per ogni ambiente.
Credo che solo così si possa fruire al meglio dell’opera, quando è possibile.

Marienbad One (blue) 1996 - Phil SimsCome mai nella sua collezione non trovano posto le opere figurative?
Penso che tra il linguaggio figurativo e quello astratto intercorra una differenza che vada ben oltre il fatto formale in sé. L’astrazione permette di andare dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. È il linguaggio che ritengo maggiormente vicino all’espressione più rappresentativa dell’uomo contemporaneo, che si trova non più di fronte ad un’unica via ma a molteplici possibilità. Al contrario, trovo che la figurazione sia il risultato di un mancato rapporto con la filosofia, che non riesce più a dare risposte ma si rifugia in uno sconfortante nichilismo. Ma questo è solo quello che penso io. Per il resto posso dire d’avere ottimi rapporti con i pittori figurativi, come ad esempio è avvenuto proprio con Guttuso.

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Paola Nicita



Palermo – Phil Sims, Alfonso Fratteggiani Bianchi, Cantieri culturali alla Zisa, Grande Vasca, promossa dal Goethe institut. Orario: 10-20, ingresso libero.Escluso il lunedì. Fino al 21.X.2001


[exibart]

5 Commenti

  1. Complimenti per la capacità di sintesi di questo articolo-intervista. Immagino che non sia stato semplice avvicinare un tipo come Biumo, che ormai è una star del collezionismo dell’arte contemporanea (rarissimo in italia).
    MI picerebbe molto vedere questa mostra palermitana!

  2. Penso anch’io, come il collezionista Giuseppe Panza, che l’arte figurativa si rifugi in uno sconfortante nichilismo, non riesce a dare risposte per il mancante rapporto con la filosofia, con l’interiorità dell’uomo, col suo “sentire”.
    Pur avendo rispetto per i nostri grandi maestri, per i pittori figurativi, penso che l’astrazione sia il linguaggio maggiormente vicino all’espressione dell’uomo contemporaneo.
    Le figure astratte non imitano la natura, ma sono pure invenzioni dell’artista, completamente libero nella sua creazione di linee, forme e colori. L’arte è autonoma, elimina il “soggetto” e la sua “raffigurazione”, si interessa soprattutto della vita psicologica ed emotiva dell’uomo. E’ pura “invenzione espressiva” .
    L’inizio dell’arte astratta avviene a Monaco di Baviera nel 1910 quando il pittore russo Vasilij Kandinskij esegue il suo primo quadro astratto, un acquerello fatto di macchie di colore accostate senza alcun riferimento figurativo, intitolato “Improvvisazione”, a sottolineare un’intuizione improvvisa e un impulso creativo immediato.
    Per Kandinskij è assurdo ispirarsi alla natura poichè linee e colori esprimono direttamente la sensibilità dell’artista e suscitano reazioni psicologiche nell’osservatore.
    Io, quando dipingo, metto sulla tela autentiche espressioni della mia realtà interiore, comunico all’osservatore la mia visualizzazione dell’universo interiore , incessantemente scaturente dall’oceano multiforme di emozioni che sono la mia forza creatrice.

  3. Francamente trovo che la discussione intorno alla dicotomia astrazione/figurazione sia oggi abbastanza superata e sterile. Interessante credo potrebbe essere piuttosto indagare le nuove strade seguite oggi dalla pittura, diciamo, aniconica (termine che in una mostra bolognese fu proposto per non rischiare le confusioni di termini come astrazione o informale). Penso, per esempio, a certa pittura intimista che, al di là di messaggi e contenuti, non si sottrae più al compiacimento estetico, cosa che negli anni ’60, per certi movimenti artistici, era impensabile. Ora non voglio dilungarmi, ma trovo che in giro vi siano i segnali di un ritorno al bello nell’arte; e la cosa non mi dispiace affatto.
    A fronte di ciò non credo che avessero tutti i torti alcuni lettori che, un po’ di tempo fa, segnalavano come il perpetuarsi di certe istanze concettuali, in alcuni casi (non certo in tutti, sia ben chiaro), stia segnando un po’il passo.

  4. approposito di istanze concettuali che segnano un po il passo segnalerei la concettualissima installazione di Joseph Kosuth (non ha bisogno di presentazioni quindi non lo presento) dentro i fori romani nella rassegna ‘Giganti’ oggi nella prima pagina di questo portale.
    Il megalomane americano ha riempito due ettari di zona archeologica con scritte classicheggianti, incomprensibili e utili solo di notte quando illuminano in maniera originale le meravigliose vestigia…

  5. ciao janaz,
    le scritte classicheggianti e incomprensibili di kosuth sono frammenti di frasi dal “De Architectura” di Vitruvio.
    (piccola precisazione)

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