07 maggio 2001

Museo Archeologico Withaker Trapani – Isola di Mozia

 

Una briciola di terra, sospesa sulle acque immobili della laguna dello Stagnone, a poca distanza dai mulini a vento e dalle montagne bianche di sale di Marsala...

di

Mozia è una piccola isola abituata a grandi scenari di conquista e combattimanti, che grazie alla volontà di Giuseppe Withaker, illuminato commerciante di vino nella Sicilia dell’Ottocento, lega oggi il suo nome ad una importante raccolta di reperti archeologici. Proprio quelle che un tempo furono le antiche cucine di casa Withaker, accolgono adesso la nuova ala del museo che sorge sull’isola, ampliando in modo significativo lo spazio destinato all’esposizione dei reperti.
“Nella nuova ala del museo -spiega la responsabile del museo di Mozia, l’archeologa Maria Pamela Toti- saranno esposti i materiali provenienti dagli scavi effettuati tra gli anni ’60 e ’90. Alcuni di questi sono mostrati per la prima volta al pubblico, come ad esempio le stele dipinte,
o i più recenti ritrovamenti del ’96 degli scavi di Birgi. In una vetrina è ricostruito il procedimento per la realizzazione dei vasi, con materiali e indicazioni”. Ad accompagnare il visitatore lungo il percorso museale sono presenti anche numerosi pannelli esplicativi, con testi e
illustrazioni, riguardanti la storia dei Fenici e la loro civiltà, oltre ad un plastico dell’isola con l’indicazione delle zone archeologiche. “Quando Giuseppe Withaker decise di acquistare l’isola- spiega il presidente della Fondazione, Aldo Scimè -questa si chiamava ancora San Pantaleo. Fu proprio Withaker a restituirle il suo antico nome, adoperandosi dapprima per comprarla, poi per avviare una campagna di scavi, con la collaborazione dei maggiori archeologi del tempo”. La nuova esposizione propone vetrine e pannelli relativi ai ritrovamenti dell’epoca preistorica, materiali delle fortificazioni e quelli provenienti dalle diverse zone dell’abitato di Mozia. La sala con il lucernario, il vecchio cortile della palazzina
dell’impreditore inglese, ospita invece la celebre statua de “Il giovane di Mozia”, misterioso personaggio al quale sono state attribuite differenti identità, opera di influsso greco raffigurante un giovane dal portamento
nobile il cui corpo è ricoperto da una sottile veste fitta di pieghe.16837
Un’altra sala del museo è dedicata invece all’esposizione dei materiali del Tofet, area sacra a cielo aperto in cui venivano deposte urne contenenti i resti dei sacrifici umani, che vedevano molto spesso l’uccisione dei primogeniti maschi. Sono in mostra le grandi stele con inscrizioni, numerosi vasi e la maschera dall’inquietante sorriso, adoperata in occasione dei rituali. Tre vetrine sono riservate ai corredi della necropoli arcaica di Mozia, materiali fenici e greci datati tra l’ottavo e
il quinto secolo a.C.. Il nucleo primitivo della raccolta, la collezione Giuseppe Withaker, costituisce la tappa finale dell’itinerario del museo.Un altro suggestivo itinerario esterno, invece, è percorribile a piedi in
un’ora e mezza circa, e permetterà di scoprire tutta la magia dell’isola, che fino a una trentina di anni fa era ancora raggiungibile con un carretto trainato da un cavallo, seguendo un’antichissima strada scavata nella
roccia e visibile a pochi centimetri sotto il livello del mare. Era questa la vecchia strada che permetteva il trasporto dell’uva coltivata sull’isola fino alla terraferma, per la produzione del Marsala. L’importanza strategica di Mozia, colonia fenicia che fungeva da punto
d’attracco per le navi in rotta nel Mediterraneo, fu la causa di aspri combattimenti. Fu l’assedio ordinato da Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa, a causare la distruzione completa dell’isola, rasa al suolo e dimenticata fino all’arrivo di Giuseppe Withaker.

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Paola Nicita



Trapani- Museo Archeologico Withaker, Isola di Mozia. Orari visite, dalle 9
alle 12,30 e dalle 15 alle 18,30; biglietto 8 mila per gli adulti
e 5 mila per ragazzi fino a 14 anni.



[exibart]

1 commento

  1. MOzia è un paradiso, altro che un’ora e mezza, merita almeno una giornata!Consiglierei anche il museo del baglio anselmi a Marsala che conserva, oltre a tanti altri reperti interessanti, la nave punica recuperata da Honor Frost nello stagnone di Marsala. Un pezzo unico, con visibili le lettere fenicie sui vari elementi lignei che testimoniano quanto meno un progetto, se non una sorta di serializzazione della costruzione di navi.

    Bell’articolo.

    Un solo appunto, l’interpretazione del tofet come luogo di sepoltura di vittime di sacrifici umani è un po’ datata ..o almeno molto controversa…quella che va per la maggiore e a mio parere è meno mistificante, è leggerlo,( viste analisi antropologiche fatte sui reperti provenienti dal tofet di cartagine )…come luogo di sepoltura di bambini nati morti o morti poco dopo la nascita ma di morte naturale. scusate l’appunto ma exibart è bello anche per questo, no?

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