09 aprile 2022

Bolzano e Parigi, sul filo del teatro musicale: report da due spettacoli

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Excursus nel teatro musicale attualmente in scena, dall’Opera Festival di Bolzano all’Opéra di Parigi, tra voraci nobildonne e sciagurati soldati, tutti vittime dell’esistenza

Wozzeck © Agathe Poupeney, OnP

Due viaggi, in Alto Adige e a Parigi, per regalarvi il racconto di altrettante produzioni di teatro musicale.

La famelica Duchessa Margareth Campbell, a Bolzano

“Larger than Life” è il titolo dell’edizione 2022 di Opera Festival, rassegna che, saldamente diretta da Mathias Lošek, ha presentato nel marzo scorso fra Bolzano e Trento alcuni titoli recenti e recentissimi, accomunati da un progetto che non è fuori luogo definire “politico”: ognuna delle quattro proposte – le prime tre erano Silenzio/Silence di Anna Sowa, Falcone di Nicola Sani e Toteis di Manuela Kerer – è, direttamente o meno, specchio di situazioni drammaticamente reali, in ciò appunto “politiche”, della condizione umana. S’è preso al volo l’ultima, senza dubbio il titolo più noto, dato il successo internazionale che Powder Her Face (traduzione letterale: “Incipriale il viso”) di Thomas Adès ha sempre riscosso, fin dalla prima apparizione nel luglio del 1995, opera di una ventitreenne promessa di ambizioni parzialmente confermate negli anni.

Powder her face, cortesia Fondazione Haydn di Bolzano e Trento

Come avvenuto per Jakob Lenz di un ventiseienne Wolfgang Rihm, pure per l’ancor più giovane Adès è il teatro da camera a rivelarne il talento. In due atti e otto scene si racconta la vicenda terrena (e realmente vissuta nel secolo scorso) di Margareth Campbell, Duchessa di Argyll, donna dai forti appetiti sessuali e per questo accusata dal secondo marito, con prove schiaccianti, di adulterio compulsivo (88 amanti), ma soprattutto messa all’indice, in quanto donna, dalla convenzionale società inglese del tempo. Dopo i fasti dei primi anni, finirà i suoi giorni, malinconicamente sola, in una casa di riposo.

Powder her face, cortesia Fondazione Haydn di Bolzano e Trento

Saggio di gran scuola compositiva britannica, immersa in modelli espressivi che vanno da Stravinsky a Britten (inglese come Adès), la musica scritta per l’agile libretto di Philip Hensher scivola via per oltre due ore senza un momento di noia. L’operazione è raffinata e sorprendente, data l’età dell’autore, perché il giovane Thomas riesce a condurre l’ascoltatore da un episodio all’altro lungo la vita della famelica Duchessa incipriando, vien da dire, i vari momenti con la scaltra imitazione di differenti generi musicali: dalla lirica operistica al Musical, dal Jazz al Tango, non esimendosi dal ricorrere a esplicite citazioni, come quella dello schubertiano Lied La morte e la fanciulla.

Powder her face, cortesia Fondazione Haydn di Bolzano e Trento

Molto è affidato alla capacità di resa strumentale di 15 esecutori, parti reali che devono destreggiarsi fra cambi di clarinetti e sassofoni, o di ammennicoli vari per creare effetti umoristici. I membri dell’Orchestra Haydn assolvono molto bene al compito sotto l’esperta direzione di Timothy Redmond. La regia di Julien Chavaz per la Nouvel Opéra Fribourg è un gioiello di efficacia e buon gusto. Efficacia perché sfrutta nel modo migliore lo spazio claustrofobico, scenico e metaforico – una vicenda che si consuma nei decenni dominata da un’ossessione -, così come richiesto dalla partitura, che affida la parte vocale a soli quattro cantanti, tre dei quali con ruoli multipli. Buon gusto perché le prevedibili situazioni “pecorecce” vengono presentate senza necessariamente calcar la mano sul voyeurismo. Sono invece piaciute e perfettamente in sintonia con l’impianto registro scene e costumi, schematici ma sempre vividi, di Annelise Neudecker e Severine Besson, bontà cui han concorso le luci di Eloi Gianini. Giusto infine segnalare la bravura quasi fregoliana, unita a proprietà di presenza vocale, di Alison Scherzer, Graeme Danby e Timur, ciascuno impegnato in ben quattro ruoli differenti, mentre Sophie Marilley cantava ansie e lamenti della sola Duchessa. Unica pecca, nella replica del 26, lo scarso pubblico: evidentemente la formula dei titoli concentrati in un festival di poche settimane non paga, oltre a relegare in un ghetto creazione e produzione contemporanea.

Powder her face, cortesia Fondazione Haydn di Bolzano e Trento

Lo sicagurato Wozzeck all’Opéra di Parigi

Da Bolzano all’Opéra di Parigi, sponda Bastille, il salto può essere mortale per la tasca, ma non per il soggetto, visto che – ovvio, mutatis mutandis – la sciagurata Duchessa ninfomane e lo sciagurato soldato Wozzeck hanno in comune la condizione di vittime della loro stessa esistenza. E come nella partitura di Adès, anche nel capolavoro di Alban Berg tratto dal quasi omonimo dramma di Buchner (Woyzeck il testo teatrale cui l’opera s’ispira) la musica fa correre con vertiginosa rapidità la vicenda verso l’abisso dell’inevitabile conclusione: Wozzeck, dileggiato dal Capitano, sfruttato come cavia dal Dottore, ossessionato dalla infedeltà dell’amante Marie, precipita nella follia omicida proprio nei confronti della donna, il tutto nel segno di quel Wir arme leut!, “Noi povera gente!”, che anticipa in chiave espressionista la denuncia sociale dei futuri drammi brechtiani.

Wozzeck © Agathe Poupeney, OnP

Spettacolo anche qui preso per i capelli, ultima recita del 30 marzo. William Kentridge firmava regia e scene. Il segno dell’artista sudafricano trasferito in teatro è a tutti noto. Si ricorderà, fra le altre cose, proprio di Berg, una Lulu romana del 2017. Scena fissa ricomposta di volta in volta nel susseguirsi dei tre atti di cinque scene ciascuno.

Wozzeck © Agathe Poupeney, OnP

Manovrata dall’alto come pochi personaggi del teatro musicale, Wozzeck è marionetta per eccellenza e l’inesorabilità degli eventi che lo riguardano è sottolineata da una direzione che si potrebbe definire “scientifica”.  Sul podio la finlandese Susanna Mälkki, direttrice fra le più accreditate in assoluto, maschi compresi, nel repertorio del ‘900 e nuovissimo, la quale si approccia al capolavoro espressionista con la freddezza dell’anatomopatologa, ripulendolo appunto d’ogni espressionismo, asciugando la partitura d’ogni cedimento agogico o enfasi dinamica, e trovando nel Puppenspiel, le marionette in scena, il punto di contatto con il teatro di Kentridge. Curioso, ma non casuale date le premesse, anche la presenza del pianino in osteria e di parte dell’intervento corale registrati. Le voci hanno risposto alla chiamata, in particolare l’ottimo Tamburmaggiore di John Daszak e i buoni Wozzeck di Johan Reuter e Capitano di Gerhard Siegel. Sentito successo di pubblico per tutti, in specie per la Marie di Eva-Maria Westbroek.

Wozzeck © Agathe Poupeney, OnP

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