17 novembre 2025

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 17 al 23 novembre

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Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dal 17 al 23 novembre, in scena nei teatri di tutta Italia

Dracula , TPE Andrea De Rosa- ph Andrea Macchia

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 17 al 23 novembre.

Teatro e danza

Dracula, archetipo della modernità

Il conte Dracula non è più da tempo solo un personaggio nato dalle leggende popolari e dalla fantasia di Bram Stoker: vero e proprio mito dell’età moderna, è diventato il simbolo di un’immortalità vissuta come una condanna. La sua vicenda, elaborata in una nuova versione da Fabrizio Sinisi, evoca il sogno tutto contemporaneo di un corpo che potrebbe diventare immortale tramite i progressi della tecnologia. È davvero un dono vivere per sempre, o è, invece, una maledizione?

Così come il conte Dracula non è solo un personaggio letterario ma un vero e proprio archetipo della nostra modernità, anche il suo celebre castello è diventato un luogo che appartiene al mito. La dimora del vampiro è un teatro di apparizioni e di epifanie, un luogo onirico dove le normali leggi dello spaziotempo vengono sovvertite. Il castello di Dracula è il luogo di uno sprofondamento, di un deragliamento del pensiero e del sogno. Per questo motivo abbiamo trasformato in modo radicale la normale struttura del teatro Astra, facendone uno spazio evocativo e misterioso, livido e asettico.

Dracula – TPE Andrea De Rosa – Dracula – ph Andrea Macchia

“Dracula”, liberamente ispirato al romanzo di Bram Stoker, testo Fabrizio Sinisi, regia Andrea De Rosa, con Michelangelo Dalisi, Marco Cacciola, Marco Divsic, Michele Eburnea, Chiara Ferrara, Federica Rosellini; luci Pasquale Mari, suono G.U.P. Alcaro, costumi Graziella Pepe. Produzione TPE – Teatro Piemonte Europa. A Torino, Teatro Astra, fino al 30 novembre.

Nella tempesta dell’argentino Alfredo Arias

Prospero, duca di Milano, esiliato su un’isola con sua figlia Miranda, usa la magia e l’aiuto dello spirito Ariel per scatenare una tempesta e far naufragare i suoi nemici. Orchestrando inganni e rivelazioni, conduce i traditori alla resa e infine li perdona. L’isola diventa così il palcoscenico di un viaggio verso la redenzione.

Sull’isola-palcoscenico il regista argentino Alfredo Arias, con il suo stile unico e inconfondibile, realizza un allestimento poetico e originale, un ritorno alla direzione di quest’opera, tra le più complesse e ricche di simbolismi scritta da Shakespeare, che ha rappresentato nei primi decenni della sua sfolgorante carriera, nell’ambito del Festival di Avignone del 1986.

Il protagonista de La Tempesta è Graziano Piazza nel ruolo di Prospero: il mago, il demiurgo, il sovrano dell’isola su cui approdano i naufraghi di una tempesta che egli stesso ha scatenato.

La tempesta regia Alfredo Arias

La Tempesta” di William Shakespeare, traduzione di Agostino Lombardo, regia Alfredo Arias con Graziano Piazza e Guia Ielo, Federico Fiorenza, Fabrizio Indagati, Franco Mirabella, Marcello Montalto, Luigi Nicotra, Lorenzo Parrotto, Alessandro Romano, Rita Fuoco Salonia, Rosaria Salvatico; scene Giovanni Licheri, costumi Daniele Gelsi, luci Gaetano La Mela. Produzione Teatro Stabile di Catania, Marche Teatro, Tieffe Teatro, TPE. Ad Ancona, Teatro delle Muse, dal 19 al 23 novembre.

L’Antigone secondo Roberto Latini

Antigone è nel destino del Teatro di ogni tempo. È uno dei modelli archetipici che ci accompagnano a prescindere dalla nostra storia, cultura, religione, visione. È filosofia scesa intorno a noi, che ci cammina accanto, che ci chiede, che ci ascolta.  È una delle prove del nostro essere umani, una di quelle poche che abbiamo scelto di portarci attraverso i secoli, per affermarci e riconoscerci. Penso a questo testo come a un soliloquio a più voci. Una confessione intima e segreta, nella verità vera, scomoda, incapace, parziale, che ci dice che la nostalgia del vivere è precedente a tutti noi, perché sappiamo da sempre che quel corpo insepolto siamo noi mentre siamo ancora vivi. Anche per questo, ho distribuito i ruoli in due modalità diverse e complementari. Alcuni personaggi corrispondono a se stessi, altri al proprio riflesso. Antigone e Creonte, come di fronte a uno specchio: chi è Antigone è il riflesso di Creonte e chi è Creonte è il riflesso di Antigone.

Ilaria Drago – EMONE in Antigone, ph. Manuela Giusto

“Antigone”, di Jean Anouilh, traduzione Andrea Rodighiero, regia Roberto Latini, con Silvia Battaglio, Roberto Latini, Ilaria Drago, Manuela Kustermann, Francesca Mazza; scene Gregorio Zurla, costumi Gianluca Sbicca, musica e suono Gianluca Misiti, luci Max Mugnai. Produzione La Fabbrica dell’Attore teatro Vascello – Teatro di Roma Teatro Nazionale. A Roma, teatro Vascello, dal 21 al 30 novembre.

Giulio Cesare o La Notte Della Repubblica

Il regista Marco Lorenzi con la compagnia Il Mulino di Amleto, si addentrano nell’affascinante architettura della parola di William Shakespeare per portarla a deflagrare in modo radicale e dirompente, in un cortocircuito con il nostro presente. Il progetto nasce dalla volontà di costruire un percorso di ricerca e creazione sul tema del rapporto tra potere, individuo e fragilità degli ordinamenti democratici e repubblicani nella nostra epoca.

«Giulio Cesare o La Notte Della Repubblica ha uno scopo duplice – scrive Lorenzi – da un lato, affrontare con radicalismo e purezza uno dei testi più potenti e meno frequentati di Shakespeare; dall’altro, “usare” la storia di Bruto, Cassio, Antonio, e della disgregazione della Repubblica Romana come un luogo con cui possiamo indagare, interrogare, investigare questioni che toccano da vicino il nostro presente e lo determinano».

AMA Factory – Il Mulino di Amleto – Giulio Cesare – ph Andrea Macchia

Giulio Cesare o La Notte della Repubblica”, da William Shakespeare, adattamento drammaturgico e riscrittura Marco Lorenzi e Lorenzo De Iacovo, Progetto Il Mulino di Amleto / A.M.A. Factory, regia Marco Lorenzi, con (in o.a.) Vittorio Camarota, Yuri D’Agostino, Raffaele Musella, Francesco Sabatino, Alice Spisa, Angelo Tronca, disegno sonoro Massimiliano Bressan. A Torino, San Pietro in Vincoli, dal 19 al 30 novembre.

Il Golem di Juan Mayorga

Le parole rappresentano tante cose. Sono la sintesi delle cose del mondo, sono il mezzo attraverso cui conosciamo gli altri, sono il ponte che collega le sponde del tempo, il passato e il presente. In mano ai drammaturghi sono materia prima attraverso cui dare forma a mondi in cui l’immaginazione racconta la realtà. E per Juan Mayorga, drammaturgo (oltre che matematico e filosofo) madrileno, le parole sono argilla con cui ha modellato il suo Golem, un testo «enigmatico e stratificato» per usare le parole del regista Jacopo Gassmann, che per la quarta volta affronta un’opera del drammaturgo spagnolo.

Un uomo è malato, di un male incurabile. Come ultima speranza la moglie lo affida a una segreta organizzazione che promette di curarlo, a patto che anche lei faccia la sua parte: imparare tre parole al giorno. Il rimedio per il male incurabile è nascosto nelle parole. Nella memoria delle parole.

Il Golem

Il Golem”, di Juan Mayorga, traduzione Pino Tierno, regia Jacopo Gassmann, interpreti Elena Bucci, Monica Piseddu, Francesco Sferrazza Papa, disegno luci Gianni Staropoli, scene e costumi Gregorio Zurla, video Lorenzo Letizia. Produzione Teatro di Roma, Sardegna Teatro, Teatro Stabile dell’Umbria. A Genova, Teatro Gustavo Modena, dal 21 al 23 novembre.

Haber voleva essere Marlon Brando

Tutto comincia con una voce. Una voce che arriva da lontano…forse dal cielo, forse dalla coscienza. Una chiamata surreale e inaspettata che impone ad Alessandro Haber un conto alla rovescia: una settimana di tempo per fare ordine nella propria vita, nei propri ricordi, nei propri desideri, prima di un appuntamento inevitabile.

È da questo spunto ironico, poetico e profondamente umano che prende vita Volevo essere Marlon Brando: un racconto teatrale intenso e travolgente, a metà strada tra confessione e sogno, in cui il protagonista si mette a nudo, mescolando realtà e immaginazione, ricordi e visioni, ironia e malinconia. Un viaggio dentro un’esistenza vissuta senza filtri né compromessi, Un flusso continuo in cui la risata si intreccia alla commozione.

A Roma, Sala Umberto, dal 18 al 23 novembre; a Grado (Go), Auditorium Biagio Marin, il 26; a Trieste, Politeama Rossetti, dal 27 al 30. In tournée.

Volevo essere Marlon Brando

Mario Perrotta nel blu di Modugno

Sono gli anni a cavallo del 1958, gli anni subito prima e subito dopo l’inizio del boom economico. La gente era – o sembrava – felice, carica di futuro negli occhi. Se c’è un uomo che incarna tutto questo nel suo corpo, uno che con la sua voce, con la spinta vitale rappresenta appieno quegli anni, quest’uomo è Domenico Modugno – scrive Mario Perrotta, autore e interprete dello spettacolo Nel blu, avere tra le braccia tanta felicità.

È il racconto intimo di un uomo di una terra dimenticata da Dio – quella Puglia che sarebbe rimasta alla periferia del regno ancora per decenni, almeno fino a quando anche io la lasciai per cercare una vita artistica altrove – che parte all’avventura per “fare l’attore” e si ritrova, dopo pochi anni, a insegnare a tutto il mondo a “volare”: apre la bocca e trascina via con un urlo irrefrenabile ogni residuo fosco del dopoguerra. Proverò ad accostare la sua storia con tutta la cura possibile, per non tradire un uomo della mia terra, per non tradire la mia terra stessa.

In tournée a Maranello, MO) Auditorium Ferrari, il 18 novembre; a Salerno, Teatro Pasolini, dal 21 al 23; a Breno (BS), Teatro delle Ali, il 27; a Fontanetto Po (VC) Teatro Lieve, il 29.

Nel blu, di e con Mario Perrotta

Arlecchino nel futuro, un androide

La compagnia Dammacco / Balivo, con Arlecchino nel futuro (a Bologna, Teatro Arena del Sole, dal 18 al 23 novembre, produzione Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale) traspongono la maschera dello Zanni in uno scenario distopico, per offrire con la leggerezza della Commedia dell’Arte una visione sul futuro prossimo dell’umanità che possa essere una lente attraverso la quale guardare la vita di oggi.

Un racconto ambientato nel Nord Italia esattamente fra un secolo: l’umanità non si è estinta, non c’è stata una guerra atomica né un asteroide ha impattato sulla Terra, ma fa molto caldo; il genere umano è pronto a migrare sulla Luna dove spera di trovare un futuro migliore.

In una lingua che intreccia l’italiano a un dialetto veneziano “schiarito” e a tutti comprensibile, la vicenda prende le mosse proprio da Arlecchino, un “poareto” che cerca in ogni modo un espediente per andare sulla Luna nonostante la fedina penale sporca, fingendosi un androide.

Arlecchino nel futuro ph Matilde Piazzi

Nicolò Govoni, l’uomo che costruiva il futuro

Una storia straordinaria quella di Nicolò Govoni, adolescente catalogato “difficile’’ che a vent’anni lascia tutto e decide di dedicarsi al suo sogno: costruire un futuro migliore per le bambine e i bambini di tutto il mondo. Scuole, educazione, indipendenza e libertà. Mattone dopo mattone, Nicolò affronta prima un lungo periodo di volontariato in un campo profughi e poi decide assieme a Giulia Cicoli e Sarah Ruzek di fondare Still I Rise, organizzazione umanitaria che apre scuole per bambine e bambini vulnerabili tra Grecia, Yemen, Siria, Kenya, Repubblica Democratica del Congo e Colombia.

Questo è solo l’inizio di una storia incredibile che ha cambiato molte vite attraverso un “metodo” di studio innovativo in cui al centro di tutto c’è la persona, la consapevolezza, la conoscenza, la bellezza e la gioia. In L’uomo che costruiva il futuro (al Teatro Vittoria di Roma, il 24 novembre) Nicolò, sul palco, racconta un viaggio ancora in corso, una storia fatta di persone e molte sfide, di ostacoli, con l’obiettivo di raggiungere i traguardi immaginati.

Nicolò Govoni

Compagnia Sanpapié e Lost Movement al festival Exister

Il fine settimana del 22 e 23 novembre, il festival Exister di Milano, presenta a DANCEHAUSpiù, Quiver– tra festa e protesta, ultimo progetto creato da Lara Guidetti per la compagnia Sanpapié nato tra Italia e Turchia con quattro performer di diverse nazionalità, e dancehALL della compagnia Lost Movement che rilegge in chiave techno salsa, cha cha cha, jive e polka, strappate al loro contesto e ridotte a schemi dinamici essenziali.

Quiver oscilla tra danza, azione e parola in uno spazio sospeso, stagnante, che non è solo luogo fisico, ma condizione esistenziale, in cui il ‘fremito’ del titolo scaturisce dallo scontro tra desiderio e inerzia forzata. Sullo sfondo il Mediterraneo, mare di miti, culture e rivolte che diviene matrice di questo fremito, tra gestualità popolari e principi della danza contemporanea, intrecciando ritmi, tensioni e memorie differenti.

Sanpapié, Quiver, ph. Emma Terenzio

Paso Doble, la relazione tra corpi, fisicità, parole

Buio. Un sound digitale sembra provenire da lontano. I suoni sono ovattati, inciampano, si ripetono, si svuotano. I ritmi scomposti si ritrovano in una melodia, forse musica da un locale notturno. Una voce maschile. “A cosa pensi quando balli?”.

È un dialogo tra corpi, parole e fisicità vissuti a partire dalle pagine de L’arte di Vedere di Aldous Huxley, il nuovo lavoro della coreografa Camilla Guarino e dall’artista Giulia Campolmi, Paso doble, prodotto da Versiliadanza, con in scena la danzatrice Sara Sicuro e il performer ipovedente Bryan Preciado, un passo a due che approfondisce la soggettività del movimento, la scomodità, il fraintendimento e come possiamo entrare in relazione con l’altro, cambiare prospettiva e creare nuove realtà (il 22 novembre al Teatro Cantiere Florida di Firenze, prodotto da Versiliadanza, collaborazione Stazione Utopia).

Paso Doble

Inedite letture di Giovanni Testori

Il trentenne Alessandro Bandini è ideatore, curatore e interprete di Per sempre (al Teatro delle Moline/ ERT di Bologna, dal 21 al 30 novembre, e dal 2 al 7 dicembre al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano), un lavoro in cui dona corpo e voce alla struggente e misteriosa storia d’amore che unì Giovanni Testori, scrittore, drammaturgo, regista e pittore, ad Alain Toubas, mercante d’arte e gallerista francese, protagonisti, tra il 1959 ed il 1962, di un febbrile scambio epistolare di migliaia di lettere, tutte scritte in francese, che testimoniano il loro amore straripante e febbrile; uno scambio che avviene con cadenza più che quotidiana e che si interrompe quando Alain, allora ventenne studente di medicina parigino, decide di lasciare Parigi, la famiglia e gli studi per trasferirsi a Milano.

Bandini e il dramaturg Ugo Fiore hanno compiuto un accurato lavoro di scavo e costruzione drammaturgica su migliaia di lettere e cartoline totalmente inedite e su versi de I Trionfi, poema che Testori dedica a Toubas. Un lavoro che rivela un lato della personalità di Testori, evocando inedite letture della sua complessa e tormentata personalità di uomo e di artista.

Per sempre, © LAC Lugano Arte e Cultura, Ph. Masiar Pasquali

L’enigma dello scienziato Alan Turing

L’attore Peppino Mazzotta è il protagonista di Enigma di Hugh Whitemore, una drammatica e commovente commedia che Whitemore scrisse nel 1986 basandosi sul libro Alan Turing, The Enigma di Andrew Hodges, da cui fu tratto il film The Imitation Game. Al centro della vicenda è la storia del grande, e fino a qualche tempo fa semi-sconosciuto, scienziato che ha decrittato i messaggi prodotti dalla macchina Enigma utilizzata dai sommergibilisti tedeschi per le loro comunicazioni in tempo di guerra. Qualche anno dopo la guerra, Turing, suo malgrado, smaschera un altro codice, quello dell’ipocrita e perbenista società inglese del tempo, che lo processa nel 1952 per la sua omosessualità.

Enigma ph © rosellina garbo

“Enigma”, di Hugh Whitemore, traduzione Antonia Brancati, regia Giovanni Anfuso, con Peppino Mazzotta, Domenico Bravo, Vincenzo Palmeri, Liliana Randi, Carmelo Crisafulli, Luca Fiorino, Maurizio Marchetti, Irene Timpanaro, scene Alessandro Chiti, costumi Dora Argento, musiche Paolo Daniele, luci Antonio Rinaldi, videomaker Enzo Del Regno. Produzione Teatro Biondo di Palermo, e Teatro Vittorio Emanuele di Messina e Tieffe Teatro di Milano. Il 18 al Regina Margherita di Caltanissetta, dal 20 al 23 al Vittorio Emanuele di Messina.

Le immaginifiche figure femminili di Leonora Carrington

Installazione site specific nella Sala Steccata di Palazzo del Governatore a Parma (il 20 e 21 novembre), di Over Leonora Carrington_Distrazioni, la nuova creazione installativa curata da Lenz Fondazione. È una composizione performativa e visuale di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto ispirata a Le distrazioni di Dagoberto (1945), opera capolavoro di Leonora Carrington, artista radicalmente poliedrica, tra le più irriverenti e visionarie del movimento surrealista, a cui è dedicata proprio in questo periodo la prima grande mostra personale in Italia a Palazzo Reale, a Milano.

A dare corpo alle visioni alchemiche e alle immaginifiche figure femminili di Leonora Carrington, artista che ha attraversato molteplici linguaggi, pittura, scrittura, teatro, saranno insieme all’attrice-soprano Victoria Vasquez Jurado le performer Tiziana Cappella, Nicole Dayanna Gonzales, Ivana Manferdelli, Agata Pelosi, Carlotta Spaggiari, accompagnate dall’action writing della stessa Orsola Rignani.

Lenz Fondazione – Over Leonora Carrington, Distrazioni

Giacomina, un racconto autobiografico

Con un racconto autobiografico che affonda nella vita e nelle vicende della nonna, Giacomina, scritto e diretto da Salvatore Cannova (in scena Clara Bray e Eletta Del Castillo, al Teatro Franco Parenti di Milano, dal 14 al 23 novembre) esplora un male che ha molti nomi e poche ‘soluzioni’: depressione, malinconia, malattia del secolo, mal di vivere.

In un borgo dell’entroterra siciliano – tra giochi da bambine e balli di carnevale, assenze e piccole felicità domestiche – prende un’amicizia lunga una vita. Giacomina è sempre curata, sempre sorridente, capace di celare il suo profondo malessere a molti ma non a Cettina, la sua migliore amica che le inventa tutte pur di far allontanare i cattivi pensieri, eppure non riesce a salvarla dal proprio abisso. In scena restano oggetti, gesti, ricordi e frammenti: un atto d’amore che illumina la fragilità umana e il bisogno di dar voce a ciò che resta taciuto.

Giacomina di Salvatore Cannova

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