29 aprile 2024

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 29 aprile al 5 maggio

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Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dal 29 aprile al 5 maggio, in scena nei teatri di tutta Italia

PESSOA. SINCE I’VE BEEN ME. Ph Lucie-Jansch

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 29 aprile al 5 maggio.

Teatro e danza

L’OMAGGIO DI BOB WILSON A FERNANDO PESSOA

Nasce al Teatro della Pergola il nuovo spettacolo di Robert Wilson ispirato a Fernando Pessoa, grazie alla partnership tra il Teatro della Pergola di Firenze e il Théâtre de la Ville di Parigi. In Pessoa. Since I’ve been me – titolo ispirato alla frase da un frammento de Il libro dell’Inquietudine – il leggendario artista della scena internazionale, rende omaggio all’enigmatico poeta portoghese dai molti eteronimi. La poesia di Pessoa è una ricerca, una profonda interrogazione sul linguaggio come esistenza. La sua inventiva si è espressa notoriamente come la gestazione e nascita dei molteplici sé in attesa nella sua testa. Non erano pseudonimi. Erano lui, ma allo stesso tempo non erano lui. Pessoa li chiamava eteronimi. Erano i suoi alleati in una grande avventura, la ricerca della voce liberata della poesia.

Wilson evoca le varie atmosfere delle opere di Pessoa, la fluidità dell’umore, meditativo o comico, razionale o anarchico, che nasce da una vita condivisa con personalità eteronime come Alexander Search o Bernardo Soares o Vicente Guedes o Alberto Caeiro o Álvaro de Campos o Ricardo Reis. La libertà nell’uso delle immagini di Wilson è l’equivalente di questi allegri e severi scettici della metafisica. Ci presenta Pessoa e la sua cerchia di personaggi come evasori dei concetti filosofici tradizionali. Lo spettacolo è in lingua inglese, portoghese, francese e italiana, idiomi rispecchiati anche dalle diverse provenienze del cast.

PESSOA. SINCE I’VE BEEN ME. Ph Lucie-Jansch

“Pessoa. Since i’ve been me”, regia, scene e luci Robert Wilson, testi Fernando Pessoa, con Maria de Medeiros, Aline Belibi, Rodrigo Ferreira, Klaus Martini, Sofia Menci, Gianfranco Poddighe, Janaína Suaudeau, drammaturgia Darryl Pinckney, costumi Jacques Reynaud, co-regia Charles Chemin, sound designer Nick Sagar, trucco Véronique Pfluger. Commissionato e prodotto da Teatro della Pergola (Firenze), Théâtre de la Ville (Parigi), coprodotto da Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Bolzano, São Luiz Teatro Municipal de Lisboa, Le Festival d’Automne à Paris, in collaborazione con Les Théâtres de la Ville de Luxembourg. A Firenze, Teatro della Pergola, dal 2 al 12 maggio.

MILANO PORTA EUROPA

La seconda edizione di Presente Indicativo il festival internazionale di teatro, promosso dal Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, quest’anno col sottotitolo Milano Porta Europa (dal 4 al 19 maggio), fa della città, per due settimane, il centro della scena europea, motore di una riflessione critica sull’Europa e sul suo futuro. Europa da intendersi come orizzonte culturale, esteso ben al di là dei confini fisici e politici che tradizionalmente la definiscono: crocevia di artisti, geografia policroma e frastagliata di linguaggi, esperienze, sguardi. Un terreno attento a valorizzare una magnifica tradizione nazionale, sia nel repertorio sia nelle espressioni delle nuove generazioni, ma aprendosi a un instancabile processo di contaminazione, esplorazione, ricerca e scambio in uno scenario internazionale dai grandi fermenti artistici.

Si passa, così, dal talento drammaturgico di Alexander Zeldin (Regno Unito) e Pascal Rambert (Francia, artista associato al Piccolo) a quello visionario di Łukasz Twarkowski (Polonia), dallo sguardo d’oltre oceano di Mariano Pensotti (Argentina) e Marco Layera (Cile) per tornare a osservare le contraddizioni del Vecchio Continente con Pablo Messiez (argentino, naturalizzato spagnolo), Marta Górnicka (Polonia), Caroline Guiela Nguyen (Francia) e Tiago Rodrigues (Portogallo), fino allo spettacolo che un maestro come Patrice Chéreau (Francia) ha affidato a una delle sue attrici più amate, Dominique Blanc. E ancora, in scena, il talento tutto italiano – ma con più di un riconoscimento presso il pubblico e la stampa esteri – di Davide Carnevali, Marco D’Agostin (artisti associati), Fanny & Alexander, Filippo Andreatta e il collettivo Office for a Human Theatre.

La Obra di Mariano Pensotti al Piccolo di Milano

ROMEO E GIULIETTA AL SAN CARLO DI NAPOLI

Torna, per la Stagione di Danza del Teatro di San Carlo, Romeo e Giulietta, il capolavoro di Sergej Prokof’ev con la coreografia di Kenneth MacMillan, ripresa da Robert Tewsley (sei recite fino al 5 maggio). Kenneth MacMillan, “il poeta delle passioni umane”, realizzò in soli cinque mesi la sua versione coreografica del soggetto shakespeariano per il Royal Ballet di Londra. La prima rappresentazione, nel 1965, vide protagonisti Rudolf Nureev e Margot Fonteyn, la coppia che portò la coreografia anche in tournée: la danzarono al Teatro di San Carlo nell’ottobre dello stesso anno. L’opera, oggi un simbolo del repertorio nonché tra le versioni più conosciute del balletto di Prokof’ev, riscosse un immediato successo di critica: “Una gemma per il repertorio […], una pietra miliare per MacMillan”, ne scrisse l’Observer.

Nei ruoli del titolo Claudia d’Antonio e Danilo Notaro alternati da Martina Affaticato, Alessandro Staiano e Stanislao Capissi. Dirige l’Orchestra del Massimo napoletano Paul Connelly. La produzione del Birmingham Royal Ballet vede le scene e i costumi di Paul Andrews, mentre John B Read firma le luci.

ROMEO E GIULIETTA, Ph. L. Romano

MEREDITH MONK IN ESCLUSIVA A VICENZA

In esclusiva per l’Italia, il primo maggio al Teatro Olimpico di Vicenza, in concerto Meredith Monk, cantante, compositrice, regista, drammaturga, coreografa e artista visiva. La magia vocale di Monk incontrerà le articolate trame percussive jazz dell’amico e collega di lunga data John Hollenbeck. Il concerto, dal titolo Duet Behavior, costituisce il Prologo al 77° Ciclo di Spettacoli Classici che, per il biennio 2024-2025, vede la direzione artistica di Ermanna Montanari e Marco Martinelli.

Pioniera della tecnica vocale estesa, dell’utilizzo della voce come vero e proprio strumento musicale e dell’approccio interdisciplinare all’espressione artistica, Meredith Monk, fra composizioni musicali, opere teatrali, installazioni, performance e film, nell’arco della sua lunga carriera ha creato mondi visivi e sonori assolutamente inediti, situati all’intersezione fra musica e movimento, luce e suono. L’artista newyorkese ripercorrerà sotto una nuova luce le sue composizioni più celebri, toccando in particolare lavori come Songs from the Hill (1975-1976), Light Songs (1988), Book of Days (1988), Cellular Songs (2017), oltre a presentare creazioni più recenti.

Meredith Monk

PERSONALE SU MARCO D’AGOSTIN AL PICCOLO

Un fiume di parole, gesti e ricordi, salite e discese, momenti di esaltazione, difficoltà e incidenti: tra autobiografia e racconto, in una rilettura ironica e originale della più celebre gara della medaglia d’oro olimpica Stefania Belmondo, Marco D’Agostin rende omaggio al suo “primo amore”, lo sci di fondo. «Perdonami, primo amore», canta Adele nella malinconica First Love con cui prende il via la personale che il Piccolo dedica al suo artista associato (il 4 e 6 maggio, al Teatro Studio Melato, nell’ambito del Festival Presente Indicativo – Milano Porta Europa).

Per D’Agostin, quel primo, mai dimenticato amore è lo sci di fondo, praticato a livello agonistico da ragazzino e abbandonato all’affacciarsi di una nuova passione chiamata danza. In un solo spiazzante, ironico e struggente, D’Agostin ripercorre la storica vittoria di uno dei suoi miti d’infanzia, Stefania Belmondo, medaglia d’oro nella 15 km a tecnica libera alle Olimpiadi di Salt Lake City, 2002. Intrecciando il racconto autobiografico all’epos della telecronaca, D’Agostin costruisce una narrazione in cui la falcata dello sci va in dissolvenza con il passo di danza, nel segno di un identico amore per la fatica, di una stessa tensione alla perfezione, alla ricerca di un unico, irripetibile istante di bellezza e felicità. In successione, Gli anni, coproduzione del Piccolo Teatro, vincitore di due Premi Ubu 2023 come migliore spettacolo di danza dell’anno e miglior performer a Marta Ciappina.

Il 6 maggio, è la volta di Avalanche, che vede D’Agostin e Teresa Silva avvinti in una danza di sopravvivenza, all’alba di un nuovo pianeta prima (o dopo) che una valanga travolga tutto.

Marco D’agostin @ Alice Brazzit

UMBERTO ORSINI È IVAN KARAMAZOV

Il 90enne attore novarese Umberto Orsini è l’applaudito interprete del monologo scritto a quattro mani con il regista Luca Micheletti, dal titolo Le memorie di Ivan Karamazov, il personaggio secondogenito dei tre fratelli al centro del romanzo del 1879 di Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov.

Nell’intenso monologo si confronta con la complessità di Ivan Karamazov, libero pensatore che teorizza l’amoralità del mondo e spinge all’omicidio, forse consapevolmente, l’assassino del padre. Colpevole e innocente insieme, Ivan torna a parlare, come una creatura smarrita che sente di non aver esaurito il proprio compito, e cerca di chiarire un’ultima volta le esatte dinamiche dei delitti e dei castighi, in un vero e proprio thriller psicologico e morale. Un percorso all’interno dell’ultimo e forse più grande romanzo di Fjodor Dostoevskij, che l’attore affronta per la terza volta nella sua carriera d’attore come una vera e propria linea guida e “cavallo di battaglia”.

Qui, nella ricchezza di un linguaggio penetrante e quanto mai immediato, e nell’avvicendarsi degli stati psicologici di un personaggio “amletico” e imprendibile, Orsini è il grande protagonista di un inedito viaggio nell’umana coscienza che non teme di affrontare tabù antichi e moderni (dalla morte del padre all’esasperato vitalismo all’incontro con il diavolo…) precipitando Ivan Karamazov nel suo personale “sottosuolo” dal quale egli compone delle allucinate eppure lucidissime memorie, quarant’anni dopo le vicende del romanzo di Dostoevskij.

UMBERTO ORSINI Ph. Fabrizio Sansoni

Le memorie di Ivan Karamazov”, drammaturgia di Umberto Orsini e Luca Micheletti, dal romanzo di Fëdor Dostoevskij, regia Luca Micheletti, scene Giacomo Andrico, costumi Daniele Gelsi, suono Alessandro Saviozzi, luci Carlo Pediani. Produzione Compagnia Umberto Orsini. A Napoli, Teatro Mercadante, dal 30 aprile al 5 maggio.

L’OTELLO DI LELLA COSTA

“Di precise parole si vive, e di grande teatro”, canta Ivano Fossati in Discanto. E proprio da questa citazione prende ispirazione lo spettacolo di Lella Costa. «Succede con i grandi autori, forse soprattutto con Shakespeare – dichiara l’attrice –: i loro testi, le loro storie, i loro personaggi sono, letteralmente, immortali. Continuano a parlarci, a stupirci, a incantarci; a volte ci aiutano perfino a capire chi siamo, cosa ci sta succedendo adesso. E quando incontri una di queste storie perfette in genere te ne innamori, e soprattutto ti rendi conto che non avrebbe alcun senso provare a inventarne un’altra per dire le stesse cose, ma che è lecito, forse perfino doveroso, continuare a raccontare quella. Precisamente quella. È quello che è successo a Gabriele Vacis e a me, entusiasmati a tal punto da pensare di riportare in scena, dopo 24 anni, il nostro Otello, preservando intatta la sostanza narrativa (Shakespeare) ma intervenendo e modificando quelle parti in cui l’attualità, o meglio, la contemporaneità, richiedeva un aggiornamento. Se poi ci aggiungiamo una trama folgorante, il cui riassunto potrebbe sembrare una notizia di cronaca di oggi (un lavoratore straniero altamente qualificato, un matrimonio misto, una manipolazione meschina e abilissima, un uso doloso e spregiudicato del linguaggio, un femminicidio con successivo suicidio del colpevole), allora ci rendiamo conto di quanto bisogno abbiamo di continuare a raccontare e ascoltare questa storia. Precisamente questa».

Otello, ph Serena Serrani

“Otello. Di precise parole si vive”, drammaturgia Lella Costa e Gabriele Vacis, con Lella Costa, regia Gabriele Vacis, scenofonia Roberto Tarasco, scene Lucio Diana. Produzione Centro Teatrale Bresciano, Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano. A Brescia, Teatro Sociale, dal 2 al 12 maggio.

IL CANTO DEI GIGANTI, DA PIRANDELLO

I Giganti della montagna è l’ultimo testo di Luigi Pirandello. È un’opera piena di sogni, magie, visioni, suoni, musiche e fantasmi. Un vero e proprio arsenale delle apparizioni che rispecchia tutto il potenziale dell’immaginario creativo dell’autore. Ma è anche un testo incompiuto in cui Pirandello racconta la sua grave crisi di uomo e teatrante. Lo spettacolo, Il canto dei giganti, di e con Manuela Mandracchia e Fabio Cocifoglia (a Roma, Teatro India, dal 2 al 12 maggio) prende in prestito la crisi dell’autore per raccontare la nostra crisi di uomini e teatranti. È un sogno visionario e musicale che nasce dall’intreccio di vari testi di Pirandello (tra cui le novelle Il figlio cambiato e Colloqui con i personaggi, il testo teatrale I Giganti della montagna, il libretto dell’opera La favola del figlio cambiato).

È un viaggio sonoro affidato alla sapienza musicale di Mario Crispi, Mario Rivera e Chiara Minaldi che rielaborano la tradizione musicale siciliana e del Mediterraneo con la musica elettronica. È un racconto onirico che si sviluppa attraverso le fotografie struggenti e umanissime di Letizia Battaglia e Shobha e i preziosi contributi video di Pippo Zimmardi, nati da un laboratorio teatrale svolto nella Real Casa dei Matti di Palermo.

Al centro della storia c’è una compagnia di attori e musicisti che sta provando La favola del figlio cambiato. C’è uno scrittore in piena crisi che vorrebbe dimettersi da tutto e un’attrice ossessionata dall’idea che la poesia possa salvare il mondo. E poi gli Scalognati: una corte dei miracoli, donne e uomini puri, segnati nel corpo e nella mente, reietti poeticissimi, figli cambiati, che ci obbligano a fare i conti con la nostra parte deforme e folle.

Il canto dei giganti, primo movimento

A GENOVA IL VIAGGIO DI VICTOR

Con la sua scrittura solo apparentemente semplice, accostando passato incombente e presente sfuggevole, l’attore, regista, drammaturgo, Nicolas Bedos (classe 1979), racconta senza timidezze ma con grande empatia i risvolti del sentimento e le contraddizioni dell’animo umano. Il viaggio di Victor, opera inedita in Italia, è la storia di un uomo che ha perso la memoria dopo un incidente d’auto e di una donna che lo assiste. Lui non sa più se gli piace il tè o il caffè, non riconosce la sua casa e tantomeno le persone che lo salutano per strada. Lei, lo incoraggia a riavvolgere il nastro, a cercare i ricordi, lo richiama alla sua responsabilità: sembra conoscerlo molto meglio di quanto lui non voglia ammettere.

Il dialogo tra Victor e Marion è come una spirale, non ci sono vie d’uscita. Nello spettacolo di Davide Livermore le battute dei due attori si intrecciano a musiche che vanno da Bach ad Arvo Part, sostenute da un preciso disegno sonoro curato da Edoardo Ambrosio. Parole confuse, a volte appassionate, a volte cattive, quelle di lui. Parole chiare, pazienti, a tratti disperate, quelle di lei. Passo dopo passo, segreti e ricordi si ricomporranno come un puzzle, svelando l’indicibile mistero che aleggia tra loro.

Il viaggio di Victor ph Federico Pitto

“Il viaggio di Victor”, di Nicolas Bedos, traduzione Monica Capuani, regia Davide Livermore, con Linda Gennari, Antonio Zavatteri, e con Diego Cerami in video, scene Davide Livermore, Lorenzo Russo Rainaldi, abiti Giorgio Armani, video maker D-Wok, disegno sonoro Edoardo Ambrosio, luci Aldo Mantovani. Produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro di Napoli Teatro Nazionale. A Genova, Teatro Gustavo Modena, da 3 al 19 maggio.

IL COLLETTIVO (LA) HORDE AL FESTIVAL FOG

Chiude la settima edizione di FOG Performing Arts Festival, il progetto di Triennale Milano Teatro dedicato alle nuove frontiere delle live art (teatro, danza, musica e performance), con alcuni dei protagonisti più originali della scena nazionale e internazionale: (LA) HORDE, Okwui Okpokwasili, Annamaria Ajmone e Silvia Costa, Fabio Cherstich, Radio Raheem. Sette appuntamenti, dal 2 al 7 maggio, in quattro location differenti (Triennale Milano, GAM Galleria d’Arte Moderna di Milano, Pacta Salone e Institut français Milano).

In prima assoluta, creata appositamente per FOG, To Da Bone dei (LA) HORDE, uno dei collettivi più dirompenti della scena internazionale, una performance site specific, un’energica esplosione di corpi, architetture e musica elettronica live, che porta in scena la ribellione intima della gioventù e il ruolo sempre più politico e identitario dei nuovi media per i più giovani. Sul palco, 11 ballerini provenienti da nove diversi paesi, 11 straordinari “jumper” dotati di un’energia selvaggia e contagiosa.

To Da Bone cerca di interrogarsi sul ruolo che i nuovi media, in particolare social network quali Facebook o Youtube, possono avere nel mobilitare le folle e nel creare movimenti di opposizione. Sul set vengono riproposti diversi balli che vengono riuniti sotto il termine “post internet” (Tekstyle, lo Shuffle, l’Hakken) e in particolare il Jumpstyle: nato come genere musicale electro dance alla fine degli anni 90 in Belgio, il Jumpstyle è una danza che si può scoprire online e che si pratica innanzitutto nella propria camera da letto. Molto intensa e fisica per i ballerini, una sequenza di Jumpstyle dura circa 25 secondi. Inoltre, il 6 maggio, all’Institut français Milano verrà presentato (LA)HORDE, Films from Ballet national de Marseille.

(LA)HORDE – TO DA BONE © Laurent Philippe

BESTIA DA STILE, DEL TEATRO DELLE BAMBOLE

Come suggerisce Carmelo Alberti, Bestia da stile di Pier Paolo Pasolini è un esperimento di teatro totale, una forma-dramma che si muove tra coordinate multiple tra mito e contemporaneità, tra vita poetica e storia delle società, tra soggettività e populismo. Il dramma segue le vicende del giovane studente di filosofia Jan Palach, il dissidente cecoslovacco che il 16 gennaio 1969 nella piazza San Veceslao di Praga si diede fuoco per protesta contro l’invasione sovietica, che aveva posto fine il 20 agosto del 1968 alla stagione riformatrice della “Primavera di Praga” di Alexander Dubček. Dopo un’agonia di tre giorni, in cui Palach rimase lucido in mezzo ad atroci dolori, si celebrarono i funerali, seguiti da 600mila persone.

Nella messa in scena della compagnia barese Teatro delle Bambole, del testo pasoliniano curata da Andrea Cramarossa, la figura di Jan Palach prenderà particolare spessore, al di là delle parole del testo, riemergendo da una memoria lontana e da una sepoltura quotidiana degli afflati di insurrezione e di lotta per la libertà, quella forza idealista che spinge a trasformare il nostro corpo in fuoco, a cambiarsi d’abito, passando, trasfigurandosi, in altro elemento fisico, perdendo fisicità materica per acquistarne una immortale.

Bestia da Stile, teatro delle Bambole

“Bestia da stile”, Canto della Parola: Pier Paolo Pasolini”, progetto di ricerca: Nella Terra di Mezzo – IV approdo. Le parole di Pasolini; Canto del Popolo: Emilia Brescia, Giovanni Di Lonardo, Rossella Giugliano, Federico Gobbi, Caterina Orlando, Domenico Piscopo, Ilaria Ricci, Maurizio Sarni; Canto delle Vesti: Silvia Cramarossa; Mascheratopia: Federico Gobbi, disegno luci: Roberto De Bellis, Canto della Messa in Scena: Andrea Cramarossa, Casa Madre: Teatro delle Bambole. In collaborazione con OTSE – Officine Theatrikés Salento Ellàda. A Bari, Teatro Kismet, il 4 maggio.

LA MANO SINISTRA DEL COLLETTIVO INDUSTRIA INDIPENDENTE

Il titolo La mano sinistra prende le mosse da un’accezione che nei secoli l’ha indicata come mancina “mancus”, ovvero mancante, sbagliata, storpia, mutilata, rovesciata, invertita, deviata, diabolica, dedita alla magia e all’occulto, portatrice di pericolo e differenza e incapace di una scrittura “corretta, destra, che non sbava l’inchiostro”.

L’opera musicale e visiva interamente dal vivo del collettivo romano Industria Indipendente, fondato da Erika Z. Galli e Martina Ruggeri, affida alla scrittura, alla poesia, alla danza e all’elemento vocale e sonoro, la creazione di un varietà-teatro di rivista con risonanze poliritmiche e polifoniche, utilizzando la magia come prisma per riscrivere e manipolare l’ordine simbolico che, attraverso la meraviglia, svela e reinterpreta il meccanismo del reale. Oggetti, strumenti musicali, ispirazioni letterarie e corpi umani convivono nello stesso ambiente, dove la parola si fa musica e gesto, poesia e incantesimo, allusione e invocazione, attraverso il magnetismo delle performer e artiste che lo abitano.

La mano sinistra – Industria Indipendente © Claudia Pajewski

“La mano sinistra”, testi e regia Industria Indipendente, con Annamaria Ajmone, Silvia Calderoni, Martina Ruggeri, Iva Stanisic, arrangiamenti musicali Steve Pepe, Iva Stanisic, Martina Ruggeri, luci e video Luca Brinchi, Erika Z. Galli. Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura, Teatro Stabile dell’Umbria. A Bologna, Teatro Arena del Sole di Bologna, il 3 e 4 maggio.

RUA DE SAUDADE DI ADRIANO BOLOGNINO

Gli ultimi giorni di programmazione di Danza in Rete, il Festival promosso dalla Fondazione Teatro Comunale di Vicenza e dalla Fondazione Teatro Civico di Schio, presenta, il 4 maggio, la prima nazionale del performer Siro Guglielmi con la sua nuova creazione Hyperlove di cui è interprete con il giovanissimo Tobia Dal Cengio, e due prime regionali: Shoes On di Luna Cenere, interpretato da Michele Scappa e Davide Tagliavini, (il 4), e Rua de Saudade, di Adriano Bolognino (il 3).

Saudade è un’atmosfera, uno stato d’animo, dipinta dall’infinita potenza delle immagini. Studiando come questo sentimento trova espressione, il coreografo napoletano ha approfondito la poetica di Fernando Pessoa e la sua grande creazione estetica: l’invenzione degli eteronimi. Ispirandosi, quindi, alle quattro principali personalità letterarie dello scrittore portoghese, gli eteronimi, le danzatrici in scena interpretano le diverse figure create dallo scrittore, dotate di identità indipendente, in relazione tra loro attraverso la Saudade, la nostalgia intrisa di malinconia, il particolare sentire che può essere attraversato da soli o in compagnia; ognuna di loro ha avvertito e esplorato la propria e intima forma di Saudade, mettendola poi in relazione a quella delle altre; il risultato è un lavoro originalissimo che parla di mancanza e desiderio, di strazio e tenerezza, «una capsula trasparente che sigilla ma offre visione di ciò che non si può vedere e che si è lasciato dietro di sé ma che si conserva nel proprio cuore».

Rua Da Saudade di Adriano Bolognino

MIMMO CUTICCHIO IN L’HISTOIRE DU SOLDAT

Per la rassegna Contemporanea 2024 della Fondazione Musica per Roma, il 5 maggio è in programma la nuova creazione di Mimmo Cuticchio Histoire du Soldat di Igor Stravinskij. Una “favola” che pone a confronto la malefica azione del Diavolo con il candore di un ingenuo soldato che desidera solamente passare i quindici giorni di licenza con la madre e la fidanzata, nel proprio borgo natio; il giovane porta con sé un vecchio violino, che fa risuonare con passione e sentimento. Mentre si sviluppa la trama di un racconto denso di poesia, le vibrazioni della voce di Cuticchio e le variazioni della sua espressività si intrecciano con le cadenze del “cuntu”. Il tutto accompagnato dal fascino delle musiche eseguite dal Parco della Musica Contemporanea Ensemble (PMCE) che amplificano la magia di uno spettacolo unico.

Mimmo Cuticchio

TEATRO E CARCERE A LA SPEZIA

A conclusione della sesta edizione di Per Aspera ad Astra – Come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza, il 2 maggio, presso il Teatro Civico della Spezia, va in scena lo spettacolo Dirimpetto. La rete nell’abisso, che rientra nel progetto di Per Aspera ad Astra percorsi di formazione professionale innovativi e duraturi nei mestieri del teatro, in 15 carceri italiane, che riguardano non solo attori e drammaturghi, ma anche scenografi, costumisti, truccatori, fonici, addetti alle luci.

L’incontro tra detenuti e studenti delle scuole superiori della Spezia, avviato nel corso del 2023 è all’origine dello spettacolo Dirimpetto. La rete nell’abisso. Due edifici divisi da un breve tratto di strada, casa di due rispettivi fratelli. Uno dei due, dopo aver perso una partita di pallone, uccide l’altro per invidia. Il fratello omicida, cacciato da quella strada che fino a quel momento l’aveva protetto, sarà costretto dai Padri a vagare da solo per il mondo. Fonderà una città, costruirà una casa, diventerà adulto e imparerà cosa sono i compromessi e cosa significa prendere posizione in un ambiente imparato a conoscere solo a proprie spese.

Dirimpetto. La rete nell’abisso Ph Francesco Capitani

LA STUPIDITÀ UMANA DI LEVIATANO

Ancora fino al 5 maggio, va in scena al Teatro Trastevere di Roma, Leviatano, di Riccardo Tabilio, ispirato ad un fatto di cronaca con Diego Migeni, Stefano Patti e Gioele Rotini, diretto da Alessandro De Feo.

Nel 1995 McArthur Wheeler, un cittadino statunitense senza precedenti penali, decide di rapinare una banca della sua città, in pieno giorno, a volto scoperto. L’ episodio ha ispirato una ricerca scientifica sulla stupidità umana, condotto da due studiosi della Cornell University. Viviamo in un mondo in cui la limonata è fatta con aromi artificiali mentre il detersivo per piatti è fatto con veri limoni.  Proprio il succo di limone è il motore scatenante di questa grottesca vicenda. Una storia di straordinaria incompetenza ma anche di genio. La storia di un idiota clamoroso e al tempo stesso di un eroe visionario che non ha paura di niente perché non ha niente da perdere. In questo “mockumentary teatrale” gli attori provano a ricostruire una storia, talvolta anche inventandone i dettagli, sullo sfondo di un paese sempre più armato, razzista e fuori di testa.

LA CADUTA DEGLI ANGELI RIBELLI

Danzatore, performer e coreografo, Michael Incarbone presenta, in collaborazione con Erica Bravini, il suo ultimo lavoro dal titolo Fallen Angels (a Roma, Teatro Biblioteca Quarticciolo, il 5 maggio, nell’ambito della stagione danza “Vertigine” del Centro di Produzione della Danza Orbita Spellbound). È una sinfonia sui corpi che cadono nel presente, immortalati in una sospensione ipercinetica, tra alto e basso, ascesa e rovina. Il contesto teorico si orienta attraverso la prospettiva della “retromania”, della “lenta cancellazione del futuro”, gli “spettri” di Mark Fisher e le visioni di Kit Mackintosh (Auto-Tune Theory) tentando di inquadrare un presente sociale, politico, estetico di iper-culturalità.

L’immagine della caduta degli angeli ribelli viene spostata e ricontestualizzata ad un’osservazione su recenti fenomeni musicali (trap e derive: protagonisti, narrazioni, auto-rappresentazioni, estetiche). Pensato come “spin off” per amplificare la materia coreografica tramite il linguaggio del video, lo spettacolo sarà accompagnato dal cortometraggio Where you can find me. Disappearance, oggetto autonomo e riverberante che attraverso il racconto non lineare del corpo e del testo offre una ulteriore prospettiva all’immaginario che muove la ricerca.

Fallen Angels

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