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In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 3 al 9 febbraio.
Teatro e danza
Guerra e pace, per indagare l’animo umano
Debutta Guerra e pace, adattamento teatrale dal romanzo monumentale di Lev Tolstoj, nella visione registica del direttore artistico del Teatro di Roma, Luca De Fusco. La forza della storicità coniugata assieme alla precisione drammaturgica della regia, restituiscono sul palco la potenza dell’opera per indagare gli aspetti più profondi dell’animo umano, attraverso le vicende private di due famiglie dell’alta nobiltà russa, i Bolkonskij e i Rostov, lasciando sullo sfondo le vicissitudini storiche della Russia zarista e offrendo un ampio affresco della società nobile, per abbracciare anche quella contadina.
La vita, l’amore, la morte, il desiderio di vendetta, il perdono, la volontà di fare il bene e la caduta nel male: è questo un affondo nelle pagine di una grandiosa epopea letteraria che, di generazione in generazione, continua a cogliere l’essenza della condizione umana, facendone esplodere con immutata immediatezza i lati oscuri e luminosi dell’umanità. Soprattutto oggi, nel cuore di questo nostro secolo cruento, in cui molti conflitti stanno devastando la vita di tante persone e la coscienza di tutti noi.
Il gioco di passaggi e continui cambi di fronte, l’alternarsi di proiezioni e apparizioni dal vivo, il contributo epico delle musiche restituiscono la forza di un grande classico, affidato all’interpretazione di Pamela Villoresi, e con lei a un nutrito cast di attrici e attori, personaggi simboli dell’armonia del mondo.

“Guerra e pace”, di Lev Tolstoj, adattamento Gianni Garrera e Luca De Fusco, regia Luca De Fusco, con (in o.a.) Pamela Villoresi, Federico Vanni, Paolo Serra, Giacinto Palmarini, Alessandra Pacifico Griffini, Raffaele Esposito, Francesco Biscione, Eleonora De Luca, Mersila Sokoli, Lucia Cammalleri, scene e costumi Marta Crisolini Malatesta, disegno luci Gigi Saccomandi, musiche Ran Bagno, coreografia Monica Codena. Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Biondo di Palermo, Teatro Stabile di Catania. A Roma, Teatro Argentina, dal 4 al 23 febbraio.
Semidei, il fascino del mito
Il fascino del mito in un testo che porta in scena il ciclo della guerra di Troia. Pier Lorenzo Pisano racconta quel che dèi e dee, eroi ed eroine dissero (o avrebbero potuto dire) in due momenti: prima della guerra, in un mondo adolescente e dorato; e dopo la distruzione della città, quando, tra le macerie fumanti e i pianti delle donne, ebbe inizio il lungo e difficile ritorno a casa. Dalla fantascienza di Carbonio alla mitologia di Semidei.
«Mi appassionano le forme del raccontare – spiega l’autore, artista associato del Piccolo Teatro -. Il mito, in particolare, racchiude tutto quello che ci identifica in quanto umani: affetti, passioni, istinti, legami familiari».
Diviso in due sezioni, Semidei si ispira al corpus di leggende minori che accompagnano Iliade e Odissea. Nella prima parte, antecedente alla guerra di Troia, eroi giovanissimi e terrorizzati sono alle prese con le loro relazioni più care: Achille che litiga con la madre Teti, Ulisse alle prese con un piccolo Telemaco che strilla sempre e non mangia mai, Ettore e Andromaca che cercano di far addormentare il loro neonato, e altri ancora. Al di sopra di tutto, gli dèi dell’Olimpo, più litigiosi e insensati degli umani. Dieci anni dopo, i Greci hanno vinto, ma hanno dimenticato il motivo per cui hanno combattuto: sono dei reduci intontiti e ammaccati, come i soldati delle guerre odierne. Semidei sfrutta le leve di un racconto universale per mettere in discussione la nostra contemporaneità e per provare a capire come si fa a sopravvivere alle cose che finiscono: la fine dell’infanzia; la fine della guerra; la morte dei figli. Il testo dello spettacolo è pubblicato da Einaudi nella collana Collezione di teatro.

“Semidei”, scritto e diretto da Pier Lorenzo Pisano, scene Giuseppe Stellato, costumi Gianluca Sbicca, luci Manuel Frenda, con Francesco Alberici, Marco Cacciola (6, 7 e 11-23 febbraio), Pierluigi Corallo, Michelangelo Dalisi (8 e 9 febbraio), Claudia Gambino, Pia Lanciotti, Caterina Sanvi, Eduardo Scarpetta. Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa. A Milano, Teatro Studio Melato, dal 6 al 23 febbraio. Prima assoluta.
La nuova Giselle della Compagnia Cornelia
Il nuovo progetto della Compagnia Cornelia (prima assoluta il 7 e 8 febbraio al Teatro Astra di Torino nell’ambito della stagione del TPE), Gisellə, s’ispira al balletto romantico per antonomasia, Giselle, reinterpretato dal coreografo Nyko Piscopo per esaltare il tema dell’amore oltre il genere, il pregiudizio e l’inganno in un tempo attuale ancora stigmatizzato.
I performer ballano tra reale e virtuale in una nuova narrazione e dimensione contemporanea anche grazie alle musiche rielaborate dal compositore Luca Canciello (scenografia di Paola Castrignanò, costumi di Daria D’Ambrosio e Pina Raiano (video), video Artist Andrea de Simone aka Desi). Insieme al codice coreutico, la seconda parte dello spettacolo si sviluppa anche in una dimensione digitale con l’inserimento del progetto video La Danza delle Villi esito di un laboratorio (con danzatori, ex-danzatori e/o amatori della danza Over50, al Festival AstiTeatro46).
Le Villi che, secondo le antiche leggende slave sono spiriti di donne morte prima di convolare a nozze che di notte popolano i boschi dove si vendicano con qualunque uomo facendolo danzare fino allo stremo, qui appaiono inermi e inafferrabili. Solo quando il loro sguardo si posa su Albrecht riescono a entrare in contatto con la realtà per compiere la loro missione vendicativa.
La relazione tra virtuale e reale, ideata dal coreografo, vuole simbolicamente sottolineare come il digitale benché sia uno strumento straordinario per la condivisione, la memoria e l’accesso alle informazioni, può trasformarsi in una prigione invisibile, in cui intere generazioni rischiano di rimanere intrappolate.

Nuovo trittico d’autore per Aterballetto
Il Centro Coreografico Nazionale / Aterballetto presenta la sua nuova serata, composta da tre opere a firma di artisti del panorama internazionale: Crystal Pite, Angelin Preljocaj e Diego Tortelli (il 6 e 7 febbraio al Teatro Comunale di Bologna, il 9 al Teatro Galli di Rimini, il 15 marzo al Teatro Regio di Parma).
Debuttano in prima assoluta, Solo Echo della pluripremiata coreografa canadese Crystal Pite, riallestimento della creazione del 2012 danzato dalla compagnia Aterballetto in prima italiana, e Glory Hall di Tortelli, tra i più creativi coreografi del panorama nazionale, nuovo allestimento proposto in prima assoluta – cui si aggiunge Reconciliatio, passo a due femminile firmato dal coreografo Preljocaj, presentato lo scorso settembre a Bologna nella Basilica di San Petronio in occasione di Memorare ’24. Solo Echo si ispira a due sonate per violoncello e pianoforte di Johannes Brahms e alla poesia Lines for Winter di Mark Strand. Come nella poesia di Strand si invoca l’inverno, la musica e il corpo in movimento per esprimere qualcosa di essenziale sull’accettazione e la perdita. Racconta il tema della riconciliazione il duetto Reconciliatio, tratto da Suivront mille ans de calme (Seguiranno mille anni di calma) – un lavoro caratterizzato da una vena poetica e impressionista, ispirato a una lettura assidua ma non letterale dell’Apocalisse – e scorre sulle note della celebre Sonata Al chiaro di luna di Ludwig van Beethoven.
Glory Hall per i sedici danzatori di Aterballetto, è un viaggio sensoriale e ribelle in un luogo di mezzo, sospeso tra luce e oscurità. La coreografia si sviluppa come un rito estatico dove sensualità e spiritualità profana si intrecciano, creando un gioco continuo tra piacere, virtuosismo e la ricerca di una personale versione di gloria.

Hip hop e barocco in Folia di Mourad Merzouki
La compagnia Cie Käfig di Mourad Merzouki ha portato la street dance in tutto il mondo. Figura di spicco della scena hip-hop fin dagli anni ’90, Merzouki ha saputo unire arti marziali, circensi, visive, video e musica dal vivo, dando una struttura drammaturgica compiuta ad uno spettacolo costruito sulla danza di strada. Folia (il 5 febbraio al Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena) è una delle tappe lungo le quali Merzouki ha portato la danza hip-hop verso nuovi orizzonti, stimolato dal confronto fra diversi ambiti e universi musicali, in un incontro insolito che fa parte da sempre del suo processo artistico e di tutte le sue creazioni.
In Folia, che ha debuttato nel 2018 al Théâtre antique de Fourvière di Lione, la danza hip-hop incontra non solo le musiche barocche de Le Concert de l’Hostel Dieu, ma anche la danza contemporanea, il balletto e i dervisci rotanti, in un crescendo di emozioni che prende vita dall’energia incontenibile della Compagnie Käfig. Questa insolita fusione di generi nasce sotto il segno della condivisione e di un generoso impulso alla comunicazione.
«Questo spettacolo è una vera sfida, – racconta Merzouki – ho voluto contaminare una musica antica poco conosciuta dal grande pubblico con suoni elettronici per offrire un approccio completamente nuovo alla coreografia. Il dialogo è unico e inaspettato e il contributo della musica elettronica dà a Folia la dinamica che cerco in ogni mia creazione. Ho voluto anche superare la barriera che spesso separa danzatori e musicisti, integrando questi ultimi nella coreografia. La sfida di questa nuova avventura è quella di sorprendere il pubblico e di abbattere gli stereotipi».

Idiot-Syncrasy di Igor e Moreno
Per la rassegna di danza contemporanea L’Arte dello Spettatore diretta da Ezio Schiavulli per il Network Internazionale Danza Puglia, in scena, il 9 febbraio, al Teatro Traetta di Bitonto, Idiot-Syncrasy di Igor x Moreno: spettacolo-performance pensato per il teatro che si concentra sul potere della danza come agente di cambiamento.
Un manifesto di attivismo politico e una tenera esplorazione dell’identità maschile e più in generale, delle relazioni umane. Attraverso il meccanismo della reiterazione, i coreografi e danzatori Igor x Moreno invitano il pubblico a riflettere su ciò che abbiamo per celebrare il legame fra le persone e l’abilità che ognuno di noi ha di andare avanti.
Igor x Moreno è la firma dei lavori creati dai coreografi Igor Urzelai Hernando e Moreno Solinas in collaborazione con un team esteso di altri artisti. Utilizzando la coreografia e linguaggi prevalentemente non verbali, le loro creazioni sfuggono a precise classificazioni di genere e stile.

Il Cigno del Balletto del Sud
Il Balletto del Sud presenta, nel cartellone della Stagione di Danza al Teatro Apollo di Lecce, lo spettacolo Il Cigno (8 e 9 febbraio), coreografie di Fredy Franzutti. La figura di Fokine è essenziale e principale non solo nella storia della danza, ma con la sua presenza nei Balletti Russi di Diaghilev – la nota e rivoluzionaria compagnia di Parigi – partecipa a quel fermento culturale ed evolutivo che coinvolge attraverso la danza le arti visive e la più intellettuale scrittura letteraria.
Fokine, erede della grande tradizione ballettistica classica russa, apporta significativi cambiamenti alle regole della coreografia tanto da essere considerato il primo coreografo al principio della modernità che si svilupperà dagli anni 30 del’900. Sarà lo stesso Fokine a presentare il racconto, con degli interventi teatrali ideati dal drammaturgo Walter Prete ed interpretati dall’attore Andrea Sirianni.
Le musiche di Chopin, Schumann, Čerepnin, Stravinskij, Von Weber, Rimskij-Korsakov, Saint-Saëns, sono eseguite al pianoforte da Scipione Sangiovanni. La produzione è ricca di costumi celebrativi dell’epoca ed alterna scene di gruppo ad assoli interpretati da Nuria Salado Fustè, Orion Pico Plaja, Alice Leoncini, Robert Chacon, Ovidiu Chitanu, Giulia Ricciardulli, Aurora Marino.

A pranzo, di domenica, col Teatro delle Ariette
Quattro spettacoli del Teatro delle Ariette all’ora di pranzo, nella giornata, la domenica, dedicata ad un tempo diverso, al riposo e alla condivisione con gli amici. È Finalmente domenica! che si svolgerà, dal 9 febbraio al 20 aprile, nel teatro in mezzo ai campi della Compagnia in Valsamoggia.
«Passava così: la messa, il pranzo e poi il riposo – scrivono – Divisa in tre parti: una per la comunità, una per la famiglia e una tutta per noi in solitudine. In mezzo a questo frastuono, abbiamo nostalgia di quelle domeniche. Oggi vi invitiamo nel nostro teatro per condividere un pensiero, un pranzo, un tempo di vita, nel silenzio della campagna, nella calma della domenica, nella gioia di un incontro, vero, semplice, profondo».
Primo appuntamento è il 9 febbraio con Matrimonio d’inverno (replica il 6 aprile), il diario della vita quotidiana di Paola Berselli e Stefano Pasquini, scritto durante l’inverno 2008-2009, dopo 20 anni di vita in campagna e 10 di teatro in giro per l’Italia e l’Europa. È il racconto del loro amore e dell’amore che li lega alle Ariette, ai campi, agli animali, ai compagni di vita. Amore per il teatro, la cucina, l’agricoltura, per il tempo che passa e trasforma la vita, i corpi, i pensieri e i sentimenti. Uno spettacolo intimo e delicato, coerente con le scelte fatte nel corso dei 20 anni di una “seconda vita”, 20 anni di esperienza quotidiana in un territorio dove la solitudine è l’unica condizione esistenziale del loro stare di fronte alla natura.
Quella di Matrimonio d’inverno è «la cucina della nostra memoria, perché quel desiderio inappagabile di una condivisione impossibile si placa soltanto (e provvisoriamente) quando arrivate e vi sedete al tavolo e ci guardate aspettando qualcosa. In quel momento comincia la cerimonia del matrimonio d’inverno».

L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi
L’Oreste è stato abbandonato da piccolo e vive in un manicomio. Però è sempre allegro, canta, disegna, non dorme mai, scrive alla sua fidanzata e chiacchiera con tutti, soprattutto con Ermes, il suo compagno di stanza. Peccato che Ermes non esista. Nei panni de L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi, personaggio scritto appositamente per lui da Francesco Niccolini e diretto da Giuseppe Marini, Claudio Casadio è al centro di un lavoro originalissimo, di struggente poesia e forza, in cui fluiscono momenti drammatici e altri teneramente comici, impreziositi da un’animazione grafica di straordinaria potenza firmata dal fumettista e illustratore Andrea Bruno.
L’Oreste vive da quarant’anni all’Ospedale Psichiatrico di Imola. Da un orfanotrofio a un riformatorio è finito lì dentro e non è mai uscito: si è specializzato a trovarsi sempre nel posto sbagliato nel momento peggiore. Nel suo passato ci sono avvenimenti terribili che ha rimosso ma dai quali non riesce a liberarsi: la morte della sorella preferita, la partenza del padre per la guerra, il suo ritorno dalla campagna di Russia tre anni dopo la fine di tutto e poi la sua nuova partenza, di nuovo per la Russia, per una fantastica carriera come cosmonauta, e – come se non bastasse – la morte della madre, una madre che lo ha rifiutato quando era ancora ragazzino con i primi problemi psichici.
L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi (il 7 e 8 febbraio, Teatro Cantiere Florida di Firenze) è una riflessione sull’abbandono e sull’amore negato. Su come la vita non faccia sconti.

L’omaggio a Pirandello di Michele Placido
In occasione delle celebrazioni per il 90° anniversario del Premio Nobel per la letteratura a Luigi Pirandello, Michele Placido ritorna in teatro con Pirandello. Trilogia di un visionario. Lo spettacolo si sviluppa con la messa in scena di alcune delle sue pièce teatrali: L’uomo dal fiore in bocca (atto unico figlio della novella La morte addosso), La Carriola (dalla raccolta Novelle per un anno) e Sgombero (novella del 1938), che si intrecciano in un solo racconto sull’essere umano. Fanno da contrappunto le parole d’amore e di teatro tra Marta Abba e Pirandello.
Un’esplorazione – attraverso una leggerezza drammaturgica solo apparente – del percorso di ricerca che l’autore ha intrapreso per tutta la sua vita, segnata da eventi familiari che hanno profondamente influenzato e plasmato la sua produzione.
C’è un fil rouge che attraversa tutti i personaggi: improvvisamente si estraniano da sé, si guardano da fuori, con più o meno coscienza e si ritrovano, come dice Giovanni Macchi, a poggiare l’uno sull’altro: «Pirandello fu un creatore infelice, tormentato, ed un felicissimo amministratore delle sue creazioni, di cui l’una poggiava scioltamente sui risultati dell’altra». Michele Placido è in scena insieme agli attori Valentina Bartolo, Paolo Gattini e Brunella Platania.
A Genova, Teatro Gustavo Modena, 4 e 5 febbraio; il 6 e 7 Casale Monferrato (Al) Teatro Municipale; il 9 Venaria Reale (To) Teatro Concordia; l’11 febbraio Fiorenzuola D’arda (Pc) Teatro Verdi; il 12 San Marino Teatro di San Marino. In tournée fino a marzo. Produzione Federica Luna Vincenti per Goldenart Production.

Al via La Democrazia del corpo
La prima parte de La democrazia del corpo 2025, accoglie a Cango Cantieri Goldonetta Firenze, dall’8 febbraio al 17 maggio, i lavori e le ricerche performative di artisti nazionali e internazionali tra i più interessanti della scena contemporanea. L’8 e 9 febbraio apre il Premio Ubu come miglior performer under 35 Sara Sguotti e la scrittrice e performer Arianna Ulian che presentano Crepa. Un montaggio di parole, suoni e gesti attorno all’immagine di una crepa, smottamento e apertura, ferita o feritoia per corpi che si accostano, diversi ma appartenenti allo stesso lembo.
Il 15 e 16 la svizzera Yasmine Hugonnet presente La Peau de l’Espace, un assolo che nasce dal desiderio di far sentire, vedere e ascoltare i pensieri propulsori del processo di creazione. Cosa vibra tra le superfici cutanee? Dove inizia e finisce la forma nella danza? Quali informazioni intercorrono tra un corpo e un pubblico?

Sulla cima di una montagna con Claudia Catarzi
Il Centro Coreografico Nazionale/Aterballetto presenta, il 4 febbraio presso la Fonderia di Reggio Emilia, una serata dedicata alla coreografa e danzatrice Claudia Catarzi. La performance 14.610 offrirà al pubblico un’esperienza immersiva nel linguaggio coreografico dell’artista, caratterizzato da un’essenzialità espressiva che indaga il rapporto tra corpo e spazio, tra gesto e percezione.
«Difficile dire quale sia la sensazione che si prova a danzare a quasi tre metri d’altezza su una superficie così ristretta da sembrare più un piedistallo che non una pedana. (…) L’ultimo lavoro di Claudia Catarzi ha qualcosa di intimo e spudorato. Spudorato perché lo spettatore, spinto a tenere gli occhi all’insù, ammira l’abilità tecnica, esplicita ed evidente, di una figura che non fa dell’acrobazia, ma comunque costruisce una coreografia tesa e scultorea, fatta di posizioni plastiche, di gesti netti e definiti, perfino di salti. Anche se il tono è tutt’altro che barocco – prevale una certa austerità, mai algida però – c’è qualcosa di trionfale in questa costruzione che somiglia al basamento per una statua equestre rinascimentale. In effetti nell’arco drammaturgico dello spettacolo è percepibile la soddisfazione che si trasmette per essere arrivati in cima. Come fossimo in montagna. Guardare dall’alto riempie di soddisfazione, ma mette anche i brividi».

I bocconi amari di Eleonora Danco
Debutta al Teatro Vascello di Roma, Bocconi amari – Semifreddo il nuovo spettacolo dell’attrice regista, drammaturga, performer, Eleonora Danco.
Una famiglia si riunisce per il compleanno della madre. Il padre la madre e la figlia trentenne Paola vivono insieme. Li raggiungono i due fratelli Luca 40 anni Pietro 38 anni. Una volta tutti insieme nella casa paterna si mangiano l’un l’altro come pesci in un acquario. Battute serrate dai ritmi travolgenti. I meccanismi dei conflitti familiari espressi in un linguaggio universale, in cui tanti si potranno riconoscere. Vent’anni dopo la famiglia si ritrova nella stessa casa per festeggiare il compleanno del padre. Luca, sessant’anni, Pietro cinquantotto anni, invecchiati e travolti dalla crisi economica, patiscono l’egoismo del padre, un Re Lear del terzo piano che si schiera ora con un figlio, ora con l’altro. La scena diventa un’arena dove le ombre e i ricordi si agitano come lembi.
I flash, come in un film, rendono i personaggi giovani e vecchi, a tratti tornano bambini e adolescenti. Cadono in uno stato di trance allucinatorio, non si accorgono di esprimere le immagini più profonde del loro subconscio. Una regia fisica. Una danza, un movimento continuo, visionario e commovente.

“Bocconi amari – Semifreddo”, scritto, diretto e interpretato da Eleonora Danco, con Eleonora Danco, Orietta Notari, Federico Majorana, Beatrice Bartoni, Lorenzo Ciambrelli, costumi Massimo Cantini Parrini, scenografia Francesca Pupilli e Mario Antonini, musiche scelte da Marco Tecce. Produzione La Fabbrica dell’Attore/Teatro Vascello – Teatro Metastasio di Prato. A Roma, Teatro Vascello, dal 7 al 16 febbraio,
Giancarlo Cauteruccio e Il ritorno del soldato
La guerra vista nella sua deflagrante drammaticità non attraverso gli occhi di chi la combatte, ma di chi rimane ad attendere e vive nelle proprie case una battaglia fatta di dolore e speranza. È questo l’aspetto immutato nel tempo, oggi come ieri, su cui si concentra Il ritorno del soldato, l’unica opera teatrale dello scrittore calabro toscano Saverio Strati (1924 – 2014), che debutta all’interno della rassegna Aurora di Sera, il 7 febbraio al Teatro Aurora di Scandicci, produzione della compagnia Il teatro del Carro. Lo spettacolo, diretto da Giancarlo Cauteruccio, segna il ritorno del regista a Scandicci in omaggio ad una importante voce della letteratura italiana del Novecento, per celebrare nel centenario della nascita lo scrittore Premio Campiello nel 1977 per Il selvaggio di Santa Venere -Legge Bacchelli 2009. C
auteruccio firma anche l’adattamento, le scene, e le luci. In scena quattro attori calabresi, Laura Marchianò, Stefania De Cola, Salvatore Alfano e Francesco Gallelli, le musiche originali sono dei giovani musicisti Vincenzo Maria Campolongo e Marco Carbone, le elaborazioni digitali di Nino Cannatà. Lo spettacolo si avvale della collaborazione artistica e voce off di Anna Maria De Luca. Cauteruccio ha operato una scelta registica volta all’essenziale, determinata dalla volontà di mantenere il più possibile intatte la crudezza delle parole, l’implacabilità delle pause, la durezza dei silenzi.
I quattro personaggi abitano la scena rispettando la fissità di un’iconografia pittorica, imbrigliando tutta l’energia nella forza del testo. Dopo il debutto in Toscana, Il ritorno del soldato sarà programmato in alcune città della Calabria, a partire dal Teatro Rendano di Cosenza, il 26 e il 27 marzo.

Le confessioni di Cristiana Morganti
Storica componente del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch, la danzatrice e coreografa Cristiana Morganti di base a Wuppertal, presenta Behind the Light (il 5 febbraio, Teatro Arena del Sole di Bologna), spettacolo fortemente autobiografico, che racconta di una crisi familiare, professionale e intima, una sequela di eventi con il tipico “effetto domino”, in cui una disgrazia pare chiamarne un’altra e sembra venga meno ogni singolo punto di riferimento, ogni certezza.
La vicenda personale risuona con intensità in chi guarda, dalla platea, in un momento storico che, con una pandemia, una crisi economica e di valori, si può definire fra i più destabilizzanti della contemporaneità.
Questa “personale crisi globale” viene mostrata, presa in giro, aggirata, attraversata, evasa, superata grazie al potere rigenerativo della confessione e soprattutto dell’arte, ora urlata, ora sussurrata tra le lacrime, con il capo adagiato sul pavimento. Scorre un montaggio di quadri, che vede la protagonista recitare, danzare, cantare su una scena bianca e sospesa in cui irrompono, per dialogare con l’interprete, i raffinati video di Connie Prantera, accompagnati da un collage musicale che spazia da Vivaldi al punk-rock, da Giselle di Adolphe Adam, alla musica elettronica di Ryoji Ikeda.

Se son fiori moriranno, storia di una madre e una figlia
La storia struggente di una madre e del suo rapporto con la figlia, ridotta per un incidente a uno stato vegetativo permanente. È la storia al centro di Se son fiori moriranno, ulteriore tassello di una ricerca che l’autore e regista siciliano Rosario Palazzolo porta avanti sui rapporti tra realtà e immaginazione, tra la concretezza di un mondo crudo e spesso insostenibile e la creazione artistica come possibile spazio di fuga.
L’immaginazione, secondo Palazzolo, «è una manna, una maledizione, un ordigno e una trappola, è ciò da cui non riusciamo a separarci, ciò che difendiamo con la nostra stessa vita gettando sul piatto pure quello che non abbiamo, purché rallenti l’inesorabilità degli eventi, esponendoci a un’agonia insopportabile, che impariamo a sopportare».
Al centro di questa indagine sull’immaginazione vi sono una madre e una figlia, un’agonia lunga 15 anni, una stanza sprangata, un dolore che sbatte sulle pareti, che rimbalza sui corpi, che si allunga e si allarga continuamente. È il dolore di Adele: il destino ha voluto che la sua bambina, cadendo, sbattesse la testa, restando in uno stato vegetativo permanente. Rinchiusa in una stanza sbilenca, Adele cura freneticamente il corpo della sua bambina, nel frattempo cresciuto, lo tiene in vita, in attesa delle sue illusorie epifanie.

“Se son fiori moriranno”, testo e regia Rosario Palazzolo, con Simona Malato, Chiara Peritore, e con Delia Calò, scene e costumi Mela Dell’Erba, musiche originali Gianluca Misiti, light designer Gabriele Gugliara. Produzione Teatro Biondo di Palermo. A Brescia, Teatro Mezzadri, dal 4 al 9 febbraio.
Girugiru, danze, corpi e memorie di miti mediterranei
La coreografia di Francesca La Cava del Gruppo e-Motion, esplora il tema del viaggio interiore, attraverso i corpi e le memorie dei performer, guidati in un percorso di trasformazione e di celebrazione di un rito corale, fino alla manifestazione di una nuova identità comunitaria (l’8 febbraio, al Teatro del Lido di Ostia – Rm).
Girugiru è un viaggio nel “viaggio” dove i performer vengono condotti con continuità in alcuni luoghi, procedendo lentamente nella medesima direzione. Esperimenti performativi che riflettono il movimento del “procedere” dalla comunità al singolo individuo, dall’antropologia culturale alla mitologia personale, dalla drammatizzazione alla documentazione e ancora dal testo all’immagine, dall’ensemble alla performance solista.
«Attraverso la conoscenza delle memorie dei differenti miti dei paesi che si affacciano sul mare, ricerchiamo e sperimentiamo un sincretismo culturale acentrico ed eccentrico – dichiara la regista – in cui rientrano, nella loro eterogeneità, tutti i fenomeni umani nei quali la cultura si crea e si trasforma. In questo modo lasciamo il posto alla proliferazione dei punti di vista e alla moltiplicazione dei corpi narranti, che si delineano come spia della frammentazione della verità, di una realtà non più assoluta ma relativa e parziale».















