04 dicembre 2023

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 4 al 10 dicembre

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Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dal 4 al 10 dicembre, in scena nei teatri di tutta Italia

Liudmila Konovalova, Ph Klaus Wegele

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 4 al 10 dicembre.

Danza e Teatro

LA DANZA INTERNAZIONALE PER LA CROCE ROSSA

Torna al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, l’8 dicembre, l’annuale Gala internazionale di danza per la Croce Rossa organizzato dall’Associazione Danza e Balletto (sezione del progetto Presentare il futuro #danza FVG). L’attenzione verso l’infanzia in condizioni di fragilità assistita dalla CRI si coniuga con la presenza di 15 artisti del balletto che partecipano alla serata a titolo gratuito a partire dalla prima ballerina russa Liudmila Konovalova del Wiener Staatsballett, in coppia con il Principal brasiliano Flavio Salamanka del Salzburger Landestheaters.

Il programma, oltre a pagine del repertorio tradizionale, propone creazioni e debutti in prima nazionale e regionale, a partire da Midnight Raga di Marco GoeckePassion Fruit di Robert Robinson con Rosario Guerra e Louis Steinmetz dello Staatsballett di Hannover. Novità, Skin Trade di Massimo Gerardi per i giovani della Volksoper di Vienna, Vivien de Britto Schiller e Riccardo Franchi, e un solo di Fabio Adorisio, Left Behind, per Daniele Silingardi dello Stuttgart Ballet che in coppia con Alicia Garcia Torronteras interpreta anche Kazimir’s Colours di Mauro Bigonzetti.

Tra gli altri nomi Elisabetta Formento e Eunsoo Lee dalla Compañía Nacional de Danza di Madrid, Vito Vidovič della National Dance Company Wales, Andras Ronai dall’Hungarian National Ballet in coppia con Rebecca Storani già Ballet Nacional de Catalunya e due giovani talenti da l’Académie Princesse Grace di Monaco Paloma Livellara Vidart e Martinho Oliveira.

Gala Udine – Daniele Silingardi Ph Ash

LE CONFESSIONI DI CRISTIANA MORGANTI

Uno sfogo, una confessione, un monologo danzato, parlato, urlato. Cristiana Morganti dà vita ad una riflessione sulla crisi di una coreografa e danzatrice durante e dopo la pandemia. Tra disperazione ed ironia, Behind the Light è un racconto tragicomico, poetico e autobiografico dell’artista italiana – di base a Wupperta al Tanztheatre di Pina Bausch -, che parte dal quotidiano per sollevare lo sguardo verso un nuovo inizio.

Lo spettacolo (a Padova, Teatro Verdi, il 6 dicembre, per la rassegna Calligrafie) porta in scena una crisi familiare, professionale e intima, una sequela di eventi dall’effetto domino. E racconta, dalla pandemia alla crisi economica e di valori, uno dei momenti storici fra i più destabilizzanti della contemporaneità. Una “personale crisi globale” mostrata, presa in giro, aggirata, attraversata, evasa, superata grazie al potere rigenerativo dell’arte, urlata, sussurrata tra le lacrime. Quadri che vedono la protagonista recitare, danzare, cantare su una scena bianca e sospesa in cui irrompono, per dialogare con l’interprete, i video di Connie Prantera, accompagnati da un collage musicale che spazia da Vivaldi al punk-rock, da Giselle di Adolphe Adam, alla musica elettronica di Ryoji Ikeda.

Cristiana Morganti, ph Ilaria Costanzo

I FIORI DI BALLETTO CIVILE

Artista residente di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, coreografa e danzatrice, curatrice del focus di drammaturgia fisica CARNE, Michela Lucenti torna in scena (al Teatro Arena del Sole di Bologna, dal 7 al 17 dicembre) con la sua compagnia Balletto Civile, col nuovo lavoro, in prima assoluta, Les Fleurs, spettacolo che, riprendendo il noto titolo dell’opera di Charles Baudelaire, si concentra sull’impatto che il linguaggio poetico può avere sul corpo in una dimensione politica, di visione di libertà e di dialogo con la società civile.

L’ambiente musicale nel quale agiscono gli interpreti è realizzato da Guido Affini: una partitura di suoni che come in un concept album diventa drammaturgia, nascondendo e disseminando frammenti di Leo Ferrè, composizioni elettroniche, e refrain subliminali lontani, che poi diventano le colonne sonore dei sei personaggi in scena. Lo spettacolo, dotato di una forte ritmica narrativa, determinata dai testi di Baudelaire e da scritti originali a firma del collettivo, mette in scena un corpo a corpo tra la danza e l’atto poetico, come possibile riscrittura del mondo, scandita da nove temi cardine: il poeta, la bellezza, il tempo, la noia, l’esilio, la rivolta, la ferita, la città, e infine la poesia stessa.

Les Fleurs dà vita a una drammaturgia di visioni, un copione di immagini, al quale si connette il lavoro fotografico di Jacopo Benassi, invitato dalla coreografa a entrare all’interno delle prove per catturare con il suo obiettivo i particolari dei corpi, così come appaiono, imperfetti, crudi, e allo stesso tempo attraenti e affascinanti.

Les Fleurs ph Jacopo Benassi

L’ARTE DELLA FUGA DI BACH

L’Arte della fuga è una delle più emblematiche ed enigmatiche opere di Johann Sebastian Bach. Un capolavoro che presenta caratteristiche di grande fascino: se, da un lato, è un’opera senza un assetto definitivo in quanto non fu mai terminata dal compositore, dall’altro questo senso di indeterminatezza è dato anche dall’assenza di indicazione di un organico strumentale specifico per l’esecuzione del lavoro.

Hans-Eberhard Dentler teorizzò che l’Arte della fuga fosse scritta da Bach per visualizzare principi filosofici pitagorici: il vocabolo stesso “fuga” potrebbe essere interpretato come ‘volo’, inteso tanto in riferimento alle frasi musicali quanto all’ascesa dell’anima a Dio. A restituirla in danza, con la musica originale di Davidson Jaconello è il Spellbound Contemporary Ballet del coreografo Mauro Astolfi (al Teatro Vascello di Roma, dal 5 al 10 dicembre).

L’arte della Fuga ph Cristiano Castaldi

LA TURANDOT DI CARLO GOZZI

Raramente rappresentato ai giorni nostri, il testo del drammaturgo veneziano, che avrebbe poi ispirato la celebre opera di Puccini, nella rilettura empatica del regista Andrea Collavino ci appare come una fiaba teatrale di straordinaria modernità. Scritto nel 1762 sulla base di una favola orientale comparsa nella raccolta I mille e un giorno del francese François Pétis de la Croix, Turandot racconta la storia di una principessa che si ribella al padre e rifiuta il matrimonio per evitare di perdere la propria indipendenza, come accaduto a tutte le donne che la circondano. Decide, quindi, che chi chiede la sua mano dovrà rispondere a tre difficilissimi indovinelli e che sarà decapitato se non darà le risposte corrette.

«Turandot è divisa tra il desiderio di amare e il timore di perdere sé stessa e la libertà» afferma Andrea Collavino. «Una complessità che facciamo risaltare nella messa in scena, ponendo l’accento sulla lotta interiore, che alla fine la porterà a fidarsi dell’uomo che dice di amarla più della sua stessa vita». «Turandot combatte contro gli uomini   che vogliono decidere della sua vita, in un mondo in cui vige il patriarcato» aggiunge la dramaturg Carlotta Corradi. «Nel XVIII secolo Turandot è una vera femminista, portavoce e paladina di tutte le donne vissute prima di lei e intorno a lei». Un’atmosfera nostalgica e sognante caratterizza lo spettacolo, recitato nei melodiosi versi originali, in uno spazio metafisico, che non richiama né un tempo né un’epoca precisi.

Turandot, Ph Federico Pitto

“Turandot” di Carlo Gozzi, regia Andrea Collavino, dramaturg Carlotta Corradi, interpreti Andreapietro Anselmi, Elsa Bossi, Beatrice Fedi, Lisa Lendaro, Davide Lorino, Luca Oldani, Deniz Özdoğan, Nicola Pannelli, Graziano Sirressi, scene Atelier Nostra Signora, costumista Sonia Marianni, disegno luci Aldo Mantovani, musiche dal vivo Graziano Sirressi, Davide Lorino. Produzione Teatro Nazionale di Genova. A Genova, Teatro Eleonora Duse, dal 5 al 17 dicembre.

FELICISSIMA JURNATA A RIONE SANITÀ

Da Beckett al Rione Sanità per raccontare l’umanità di un luogo. Felicissima jurnata nasce da un’esperienza ben precisa, vissuta attivamente dal collettivo Putéca Celidònia, a partire dal 2018, all’interno del Rione Sanità di Napoli. Un viaggio attraverso vicoli, case, storie, donne e uomini che abitano il quartiere partenopeo, in un’indagine sulla paralisi emotiva e fisica che queste persone si impongono per mancanza di mezzi. Felicissima jurnata, scritto e diretto da Emanuele D’Errico – vincitore del premio L. Visconti 2023 e del Premio Gerardo D’Andrea 2023 per la nuova drammaturgia – e interpretato da Antonella Morea e Dario Rea (scene di Rosita Vallefuoco, musiche originali di Tommy Grieco, cura del suono di Hubert Westkemper), cerca di cogliere l’essenza o, forse, l’assenza di vita reale che unisce sul filo della solitudine il basso napoletano e i protagonisti di Giorni Felici di Samuel Beckett.

«Nessuno di loro aveva mai sentito nominare Beckett – scrive il collettivo –, eppure ci sembravano così vicini a lui, così familiari. Nel migliore dei casi, molti di loro non sono mai usciti dalla loro città, e nel peggiore non sono mai usciti dal proprio quartiere e chissà da quanto tempo dalla propria casa. Non è prigionia questa? È una prigionia consapevole o inconsapevole? A partire da queste domande, è nato lo spettacolo».

Felicissima Jurnata – ph. Laila Pozzo

INSIEME DANZA, SPORT E VOCALITÀ

Ex campionesse azzurre insieme a danzatrici e cittadine di ogni età daranno vita a una creazione in cui le discipline si ibridano. «Possono due sport “baluardo” dello stereotipo degli sport di forza muscolare come il rugby e il lancio del martello essere fonte di ispirazione per una performance di danza contemporanea?»: da questa domanda nasce Athletes Bologna, prima tappa del nuovo progetto coreografico itinerante di Simona Bertozzi che il 5 dicembre si aprirà per la prima volta al pubblico nello spazio culturale plurifunzionale di produzione e sperimentazione artistica Atelier Sì, a Bologna, al termine di un periodo di residenza creativa.

«Athletes è un progetto tra danza, sport e vocalità che pone al centro della ricerca, e della pratica, il gesto atletico di una comunità di donne come atto di resistenza e, soprattutto, forza trasformativa» spiega la coreografa. «Il riferimento iconografico di partenza è Le palestriti, un mosaico antico eppur modernissimo che raffigura una comunità femminile che celebra il gesto atletico: esso a Bologna si configurerà nella rilettura coreografica delle pratiche sportive del rugby e del lancio del martello, mentre in altri luoghi assumerà forme diverse a partire dall’incontro con le discipline agonistiche delle diverse atlete coinvolte».

Simona Bertozzi, prove di Athletes @ Atelier Sì – ph Olivia Magnani

AGOSTO A OSAGE COUNTY

Il testo di Tracy Letts, attore e drammaturgo americano poliedrico e pluripremiato, racconta un dramma familiare di rara intensità e imprevedibilità, in cui l’aridità del contesto – l’estate afosa delle Grandi Pianure dell’Oklahoma – si specchia con quella interiore dei protagonisti. Nella contea di Osage, in Oklahoma, vivono Violet e suo marito Beverly Weston, poeta alcolizzato. Un giorno l’uomo scompare misteriosamente e la famiglia si riunisce precipitosamente, riportando a galla vecchi ricordi spiacevoli. Il ritrovamento del cadavere e il suo funerale daranno il via a una emozionante e divertente resa dei conti.

«Agosto a Osage County ci può dare una possibilità per imparare come le dinamiche della “famiglia” continuino a plasmare noi e il nostro approccio al mondo». A dirigere la prima versione italiana di questa commedia inquieta, straripante di personaggi indimenticabili e momenti di autentica crudeltà, è per lo Stabile di Torino, il regista e attore Filippo Dini. Lo spettacolo che ha debuttato lo scorso anno, prosegue la tournée a Trento, Teatro Sociale, dal 7 al 10 dicembre, a Brescia, Teatro Sociale, dal 13 al 17, e poi a gennaio.

Agosto a Osage County ph Luigi De Palma

KÖRPERFORMER A NAPOLI

Dal 5 al 10 dicembre alla Sala Assoli di Napoli, si svolgerà Körperformer, rassegna di danza di Körper | Centro Nazionale di Produzione della Danza, a cura di Gennaro Cimmino, un progetto che nasce dal desiderio di dare spazio ai giovani coreografi del territorio campano che da anni vivono l’urgenza di esprimersi in prima persona. Uno spazio aperto e attento alla ricerca artistica dei giovani autori che, partendo dal territorio campano, da anni approdano sulla scena nazionale ed europea. Dopo essere stata vetrina nazionale per alcuni anni, Körperformer torna ad essere un focus sulla regione Campania, un contenitore all’interno del quale presentare gli studi e gli spettacoli di artiste e artisti provenienti o residenti sul territorio. Sono coinvolte realtà che da anni sono presenti a Napoli e provincia, svolgendo un lavoro di promozione e produzione della danza, partecipando così attivamente alla costruzione e allo sviluppo del nostro settore.

Nel programma: Iru, di Marco De Alteriis, Artgarage; In – Canto suoni e suggestioni dal sud, di Sabrina D’Aguanno e Sonia Di Gennaro, con Francesca Rondinella e Giosi Cinciotti | Akerusia Danza; Inner di Francesco Annarumma, ARB Dance Company; De – Generation di Marco Auggiero, Mart Company; MDMA di Gennaro Maione, Körper | Centro Nazionale di Produzione della Danza.

Spazio Korper Napoli

ANCORA E SEMPRE MOMIX

Il gruppo statunitense arriva a Civitanova Marche (il 6 e 7 dicembre, Teatro Rossini) con l’ultima produzione Back to Momix, uno spettacolo che nasce dal desiderio di tornare a calcare le scene dopo gli anni lontani dal suo pubblico italiano. Animato, come sempre, dalla leggerezza e spensieratezza dei Momix, lo spettacolo ha uno sguardo teso al futuro, da qui il titolo che richiama un classico della cinematografia anni ’80. La compagnia, che ha raggiunto i 43 anni di attività, affronta le sfide della gravità con le acrobazie dei suoi ballerini, il trasformismo dei personaggi che evocano sensazioni e colori sempre nuovi. Il tutto attraverso lo sguardo di un bambino un po’ cresciuto, Moses Pendleton, carismatico direttore artistico e creatore di innumerevoli spettacoli di successo.

I grandi classici della compagnia sono restituiti alle luci del palcoscenico con nuova e viva intensità: dagli storici Momix Classics, Passion, Baseball, Opus Cactus, Sun Flower Moon, fino a Bothanica ed Alchemy. Back to Momix è una festa fra Momix ed il suo pubblico, un binomio perfetto che da sempre si diverte, si emoziona, si prende un po’ in giro e continua ad emozionare.

MOMIX-Spawning

LO SCHIACCIANOCI DEL BALLETTO DI ROMA

La rilettura per il Balletto di Roma del coreografo Massimiliano Volpini, realizza – nel rispetto del repertorio – una versione moderna, fresca e vitale di un testo fondamentale del balletto russo. È uno stimolo ecologico a riflettere sulla condizione delle persone-rifiuto, sullo smarrimento d’identità sociale e sui mille volti del nostro “essere”. Alla ricca e festosa Casa Stahlbaum, ambientazione originale del primo atto, si sostituisce un’immaginaria periferia metropolitana abitata da senzatetto. Un imponente muro separa questa zona dal centro della città. Babbo Natale diviene, qui, un misterioso benefattore di quartiere e lo Schiaccianoci, il suo dono più atteso, rappresenta l’eroe, colui che ce l’ha fatta, ha superato le barriere della povertà per catapultarsi nelle meraviglie della ricchezza. Il secondo atto riaggancia ambientazioni e personaggi della tradizione, in un viaggio tra le danze del mondo in compagnia di personaggi bizzarri.

Da una scena di mattoni, crepe e graffiti si passa, improvvisamente, a un luogo incantato, fuori dal tempo. Ma il binomio realtà-sogno lascia spazio alla riflessione, lucida e poetica, sui risvolti terreni di una società contemporanea multiforme. Una coreografia dinamica e innovativa, arricchita dalla presenza di azioni di urban dance curate da Kevin Castillo e da un artista di strada come Giako in una nuova versione del ruolo di Drosselmeyer.

Al Teatro Lea Padovani di Montalto di Castro, il 5 dicembre, e al Teatro Olimpico di Roma dal 7 al 10 dicembre per la stagione dell’Accademia Filarmonica Romana.

Schiaccianoci Balletto di Roma

FRÀ, SAN FRANCESCO SUPERSTAR DEL MEDIOEVO

Il monologo Frà – San Francesco, la superstar del Medioevo, scritto e interpretato da Giovanni Scifoni, con la regia di Francesco Ferdinando Brandi, orchestrato con le laudi medievali e gli strumenti antichi di Luciano di GiandomenicoMaurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, si interroga sull’enorme potere persuasivo che genera su noi contemporanei la figura pop di Francesco, e percorre la vita del poverello di Assisi e il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma, fino al logoramento fisico che lo porterà alla morte.

«Come si fa a parlare di San Francesco D’Assisi senza essere mostruosamente banali? – si domanda l’attore -. Come farò a mettere in scena questo spettacolo senza che sembri una canzone di Jovanotti? Se chiedo a un ateo anticlericale “dimmi un santo che ti piace” lui dirà: Francesco. Perché tutti conoscono San Francesco? Perché sono stati scritti decine di migliaia di testi su di lui? Perché è così irresistibile? E perché proprio lui? Non era l’unico a praticare il pauperismo. In quell’epoca era pieno di santi e movimenti eretici che avevano fatto la stessa scelta estrema, che aveva di speciale questo che oggi potremmo definire un “frikkettone” che lascia tutto per diventare straccione?».

Al Teatro Sala Umberto di Roma, dal 5 al 23 dicembre.

Frà con Giovanni Scifoni

IL DELITTO DI VIA DELL’ORSINA

È uno degli atti unici più conosciuti di un gigante della drammaturgia come Eugène Labiche, padre nobile del vaudeville, talento prolifico e sopraffino capace di svelare, con indiavolate geometrie di equivoci e farse, il ridicolo nascosto sotto i tappeti della buona borghesia.

Due uomini, un ricco nobile ed elegante e un proletario rozzo e volgare, si risvegliano nello stesso letto, hanno le mani sporche, le tasche piene di carbone e non ricordano nulla di quanto accaduto la notte precedente. Quando dal giornale apprendono della morte di una giovane carbonaia si convincono di essere stati loro a commettere l’omicidio. Per i due protagonisti, disposti a tutto pur di sfuggire alla colpa e mantenere le apparenze, non resta che far sparire ogni prova.

Andrée Ruth Shammah mantiene intatta la struttura della pochade e del gioco indiavolato degli equivoci, ma vira al noir seminando inquietudini all’ombra di qualcosa che incombe. La Francia perbenista e ottocentesca di Labiche diventa l’Italia del primo dopoguerra, prefascista e conformista. Alcune battute e personaggi sono “rubati” da altri lavori del drammaturgo francese per dare più spessore alle sottotrame e rendere più stratificata la vita che c’è dentro. Una vicenda fatta di tensioni che gioca con i tanti tic di oggi e mette in scena il contrasto tra come vogliamo apparire e come siamo davvero dentro la solitudine che ci attanaglia.

Il delitto di Via dell’Orsina – Ph Francesco Bozzo

“Il delitto di Via dell’Orsina”, di Eugène-Marin Labiche, traduzione Andrée Ruth Shammah e Giorgio Melazzi, adattamento e regia Andrée Ruth Shammah con Massimo Dapporto, Antonello Fassari, Susanna Marcomeni, Marco Balbi, Andrea Soffiantini, Christian Pradella; musiche Alessandro Nidi, scene Margherita Palli, costumi Nicoletta Ceccolini, luci Camilla Piccioni. Produzione Teatro Franco Parenti. A Roma, Teatro Ambra Jovinelli, dal 6 al 17 dicembre. 

L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI

Dove andiamo quando sogniamo? Che cosa cerchiamo di dire a noi stessi in quello spazio sospeso, ulteriore e intermedio, che ci accoglie appena chiudiamo gli occhi? Ogni essere sogna, al di là del fatto che ne conservi memoria: la nostra esistenza è un susseguirsi di visioni notturne, architetture elaborate e complesse, la cui edificazione obbedisce a una necessità naturale. E allora la domanda diventa: perché sogniamo? Perché per l’essere umano è un bisogno vitale e ineludibile?

La ricerca sui sogni di Sigmund Freud, pietra miliare del Novecento, tenta una risposta attraverso l’analisi di numerosi casi clinici, talora drammatici, talora perfino buffi e occasionali, ognuno capace di rivelarci qualcosa sulle leggi misteriose e splendide che sovrintendono alle nostre messinscene notturne. Sì, messinscene. Perché il sogno nella lettura di Freud ha un impianto profondamente teatrale. Stefano Massini porta a compimento il suo decennale lavoro su L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud, iniziato nel 2008 e costellato di prestigiose occasioni pubbliche, con un testo completamente nuovo, mettendo il suo estro di narratore al servizio di uno spettacolo liberamente ispirato e tratto dagli scritti di Freud. Un impressionante catalogo umano: sulla scena, fra le note di Enrico Fink, prende forma un variopinto mosaico di personaggi che, narrando i propri sogni, compongono una sinfonia di immagini e di possibili interpretazioni, in cui il pubblico si riconosce e ritrova.

Stefano Massini, Ph Filippo Manzini

A Roma, Teatro Argentina, dal 5 al 21 dicembre. Produzione Teatro Stabile di Bolzano, Fondazione Teatro della Toscana, Teatro di Roma – Teatro Nazionale in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa.

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