05 febbraio 2024

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 5 all’11 febbraio

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Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dal 5 all'11 febbraio, in scena nei teatri di tutta Italia

Pinocchio - Teatro Del Carretto - ph Filippo Brancoli Pantera

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 5 all’11 febbraio.

Teatro e danza

IL PINOCCHIO DEL TEATRO DEL CARRETTO

Tra i titoli più amati dal pubblico della Compagnia Teatro del Carretto, spettacolo storico che ha fatto il giro del mondo, il Pinocchio creato da Maria Grazia Cipriani e interpretato da Giandomenico Cupaiuolo, è un sogno nato nella mente di Geppetto. Geppetto sogna di fabbricarsi un burattino meraviglioso e di girare con costui il mondo: viaggio da clown, da circo, avventuroso e illusionistico. Pinocchio fa suo il sogno di Geppetto e per realizzare quel sogno, dovrà toccare il fondo della sua sventura, fino a quando, trasformato in somaro, sarà stella della danza nel circo del Paese dei Balocchi e rischierà di diventare una pelle di tamburo per la banda. L’approdo è in un finale con il palcoscenico ormai vuoto quando, uscito dal sogno “di legno”, Pinocchio vede il suo simulacro abbandonato come un costume di scena.

Avventura onirica, notturna, di una notte definitiva, dove il giorno è solo recitato da sarcastici lampi temporaleschi e il destino del grande burattino si rivela, letteralmente, teatrale. Prigioniero, costretto in un cerchio, che è palco, nella realtà e nella drammatizzazione; che è arena, stanza, balena, luogo fatato e turchino, dove si ripete (sembra) all’infinito la storia del burattino al quale “cadono addosso mille sventure”.

PINOCCHIO con Giandomenico Cupaiuolo

“Pinocchio” di Collodi, adattamento e regia Maria Grazia Cipriani, scene e costumi Graziano Gregori, con Giandomenico Cupaiuolo, Elsa Bossi, Giacomo Pecchia, Giacomo Vezzani, Nicolò Belliti, Carlo Gambaro, Ian Gualdani, Filippo Beltrami, suoni Hubert Westkemper, luci Angelo Linzalata. A Roma, Teatro Vascello, dal 6 all’11 febbraio.

TRITTICO CONTEMPORANEO ALLA SCALA DI MILANO

Con i nomi dei tre coreografi, il titolo Smith / León e Lightfoot / Valastro indica il nuovo trittico contemporaneo per gli artisti del balletto scaligero (il 7, 9, 10, 15, 16 e 18 febbraio). Nuove firme coreografiche, nuovi debutti per la compagnia del Teatro alla Scala.

In prima europea Reveal, creato per l’Houston Ballet presenta lo stile di Garrett Smith, eclettico danzatore e coreografo dal grande seguito internazionale. Dei tre suoi balletti “riflessivi”, legati al tema dell’identità umana Reveal, su musica Philip Glass, si concentra sulla dualità nelle sue molteplici forme, maschile/femminile, classico/contemporaneo, luce/ombra mostrando le parti nascoste di entrambi i lati della medaglia.

Energia esplosiva, ironia e sperimentazione sul movimento è Skew-Whiff (fuori equilibrio) speciale combinazione fra coreografia contemporanea e musica classica (di Gioacchino Rossini), tra i lavori più iconici di Sol León e Paul Lightfoot, originalissimo duo di coreografi attivo dal 1989, con più di sessanta creazioni per il Nederlands Dans Theater di cui sono stati coreografi residenti dal 2002 al 2020.

Diplomato alla Scala, già danzatore all’Opéra di Parigi, con una carriera coreografica proiettata tra le grandi compagnie: dopo aver ripreso per gli artisti scaligeri il suo duetto Árbakkinn, Simone Valastro ora sfrutterà al massimo il potenziale della Compagnia, utilizzando la forza del gruppo e mettendo in risalto la personalità e l’unicità dei solisti, per una nuova creazione su musica di Max Richter e David Lang, Memento in prima assoluta.

MEMENTO Simone Valastro in prova con gli artisti del balletto scaligero ph Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

UN OTELLO TUTTO AL FEMMINILE

«Il testo di Otello di Shakespeare, con le sue domande abissali sull’ambiguità della natura e delle relazioni umane, mi accompagna da molti anni», scrive nelle note di regia Andrea Baracco. «Esiste, poi, nel testo, un altro tema per me cruciale: la riflessione sulla profonda affinità tra ciò che è teatro e ciò che è vita. Caso e realtà sono le due forze che muovono la storia, gli elementi che Iago, raffinato improvvisatore, combina e manipola per realizzare il suo sogno di perdente radicale, di anima votata alla rovina dentro e fuori di sé. Iago conosce il proprio desiderio oscuro, ma costruisce solo nel tempo, e improvvisando, i dettagli del proprio piano, trasformando scena dopo scena un’oscura volontà in una concreta e collettiva discesa agli inferi. Accanto a lui, Otello e Desdemona, complici involontari del suo disegno, e vittime di un caso che li mette crudelmente di fronte alla verità su se stessi.

Confrontarsi con Otello nel contemporaneo, poi, significa anche scegliere se fondare la propria riflessione sugli aspetti sociali e di dibattito pubblico che il testo genera nei nostri tempi, o affrontarlo cercandone i principi poetici più profondi, le domande più universali. Ho immaginato un principio di ribaltamento del canone shakespeariano: un cast esclusivamente femminile. Non si tratta di una scelta estetica. Ma poetica: è un inganno, per liberare lo sguardo del pubblico dai pregiudizi sulla storia e i suoi temi, e lasciarsi attraversare dalla terribile consapevolezza che chiunque di noi può, un giorno, trovarsi a giocare il ruolo della vittima o del carnefice, se volontà, fragilità e caso si trovano allineati come astri di una costellazione».

Otello, Francesca Farcomeni, Federica Fracassi, Cristiana Tramparulo

“Otello”, da William Shakespeare, traduzione e drammaturgia di Letizia Russo, regia Andrea Baracco, con Valentina Acca, Flaminia Cuzzoli, Francesca Farcomeni, Federica Fracassi, Federica Fresco, Ilaria Genatiempo, Viola Marietti, Cristiana Tramparulo, scene Marta Crisolini Malatesta, costumi Graziella Pepe, luci Simone De Angelis, musiche Giacomo Vezzani. Produzione Teatro Stabile dell’Umbria, con il contributo speciale della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli A Roma, Teatro Quirino, dal 6 all’11 febbraio.

L’ISPETTORE GENERALE DI ROCCO PAPALEO

In una cittadina qualunque della provincia russa, la notizia della visita di un ispettore generale mette in allarme funzionari e notabili. Bisognerà nascondere le magagne della pubblica amministrazione, far credere che tutto funzioni alla perfezione… Il subbuglio è tale che un giovane di passaggio, lo squattrinato Chlestakov, viene scambiato per il misterioso controllore. Omaggiato da tutti e allettato da offerte di denaro, Chlestakov sfrutta più che può la situazione e si dilegua giusto prima che si scopra il malinteso e venga annunciato l’arrivo del vero ispettore.

L’ispettore generale è una commedia satirica che si prende gioco delle piccolezze morali di chi detiene un potere e si ritiene intoccabile. È forse l’opera più analizzata, criticata, incompresa, difesa, osteggiata, della letteratura russa di tutti i tempi. Gogol’ stesso si sentì in obbligo di scrivere diversi testi che fugassero i fraintendimenti sorti al suo debutto. Il testo di Gogol è più metaforico che naturalistico e denuncia, attraverso riso e comicità, la burocrazia corrotta della Russia zarista: un mondo in cui l’ingiustizia e il sopruso dominano l’esistenza. Ma non è l’uomo a essere malvagio; è la società che lo rende corrotto e corruttore, approfittatore, sfruttatore, imbroglione. Nel ruolo del protagonista Rocco Papaleo, con la regia di Leo Muscato.

L’ispettore generale, ph. Le Pera

“L’ispettore generale”, di Nikolaj Gogol, adattamento e regia Leo Muscato, con Rocco Papaleo, Elena Aimone, Giulio Baraldi, Letizia Bravi, Marco Brinzi, Michele Cipriani, Salvatore Cutrì, Marta Dalla Via, Gennaro Di Biase, Marco Gobetti, Daniele Marmi, Michele Schiano Di Cola, Marco Vergani, musiche originali Andrea Chenna, scene Andrea Belli, costumi Margherita Baldoni, luci Alessandro Verazzi. Produzione Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e TSV – Teatro Nazionale. A Brescia, Teatro Sociale, dal 7 all’11 febbraio.

QUARTETT DI HEINER MÜLLER

Torna al Teatro della Contraddizione di Milano (dall’8 all’11 febbraio) la compagnia Scimmie Nude con il nuovo spettacolo Quartett di Heiner Müller. Un gioco teatrale che Heiner Müller ha tratto da Le relazioni pericolose, provocatorio romanzo epistolare di Choderlos de Laclos. Claudia Franceschetti e Andrea Magnelli, diretti da Gaddo Bagnoli, mettono in scena il perverso ritorno di fiamma tra due ex amanti, il visconte Valmont e la marchesa di Merteuil, cinici prevaricatori che con beffarda crudeltà ironizzano ad oltranza sull’orlo dell’abisso pronti a scorticarsi con i loro inganni. Un lavoro in pieno stile Scimmie Nude, che fonda la sua poetica sulla ricerca di “intimità”, rigore, su quella crudezza dell’attore verso se stesso e su quel canale diretto che si apre tra l’attore ed il mondo esterno, rappresentato dal pubblico.

Quartett, Ph Marzia Rizzo

IL RITORNO DI CAROLYN CARLSON

Felice ritorno in Italia di Carolyn Carlson con The Tree, l’ultima creazione dell’artista per la sua compagnia. Una vita per la danza, quella di Carolyn Carlson, un’artista totale che fa confluire in ambito coreutico suggestioni da altre arti, che esplora linguaggi contemporanei e si misura continuamente in nuove sfide. The Tree (a Pavia, Teatro Fraschini il 7 febbraio, e a Udine, Teatro Verdi, il 10) è una riflessione poetica sull’umanità e la natura. Basato su Fragments of a Poetic of Fire del filosofo Gaston Bachelard, Carlson ha scelto la forza poetica e simbolica delle fiamme e più in generale degli elementi naturali come fonte di ispirazione per questa nuova creazione.

La coreografa statunitense ha lavorato in stretta sintonia con Eémi Nicolas che ha creato per lei paesaggi immaginari come riflesso del mondo interiore e il pittore Gao Xingjian con le sue tele astratte proiettate. Un canto d’amore potente e vitale che Carolyn Carlson mette in scena insieme al virtuosismo dei suoi danzatori.

Le sequenze di The Tree sono visioni metaforiche della natura, effimere, misteriose e intangibili, che rimandano anche alla mitologia secolare nordica, in particolare a quelle del Kalevala (poema epico finlandese). I nove ballerini rappresentano gli istinti primari i fuochi interiori che alimentano e consumano l’animo umano, la fiamma universale dell’amore.

The tree, di Carolyn Carlson

ALL’HOTEL PARADISO CON LA FAMILIE FLÖZ

Un giallo sulle Alpi pieno di umorismo, sentimenti travolgenti e un tocco di melanconia, con la Familie Flöz in versione noir. Strane cose accadono nel tranquillo Hotel Paradiso, un piccolo albergo di montagna gestito con pugno di ferro dalla anziana capo-famiglia. Ci sono quattro stelle che orgogliosamente troneggiano sull‘entrata e una fonte che promette la guarigione di malattie fisiche e psichiche. Ma si intravedono nubi all‘orizzonte. Il figlio sogna il vero amore mentre combatte una dura battaglia con la sorella per mantenere il controllo sulla gestione dell‘albergo. La donna del piano ha un problema di cleptomania e il cuoco ha una passione, quella di macellare, non solo animali… Quando il primo cadavere affiora, tutto l‘albergo scivola in un vortice di strani avvenimenti. Fra le alte vette delle Alpi si aprono abissi da cui è impossibile fuggire. La chiusura dell’albergo sembra a questo punto solo una questione di tempo. Si sa, un cadavere non porta mai bene…

Compagnia che ha fatto della maschera la sua cifra espressiva, in quanto celare un viso animato dietro una forma statica e con essa di creare figure viventi, costituisce per l’attore una vera e propria sfida da raccogliere. E non solo per lui. La maschera prende vita innanzitutto nell’immaginazione dello spettatore, il quale, in questo modo, ne diventa, in una certa misura, anche il creatore.

Familie Floez, Hotel Paradiso. © Michael Vogel

“Hotel Paradiso”, un’opera di Familie Flöz, regia Michael Vogel, con Marina Rodriguez Llorente, Frederik Rohn, Nicolas Witte, Melanie Schmidli, Sebastian Kautz, maschere Thomas Raschern / Hajo Schüler, scenografia Michael Ottopal, costumi Eliseu R. Weide, musica Dirk Schröder, disegno luci Reinhard Hubert. Produzione Familie Flöz, Theaterhaus Stuttgart, Theater Duisburg. A Roma, Sala Umberto, dal 6 Febbraio al 11 Febbraio.

MARIA PAIATO IN BOSTON MARRIAGE

Stati Uniti, fine Ottocento, un salotto, due dame e una cameriera. Tutto farebbe pensare a una trama convenzionale, un incontro tra amiche un po’ affettate, ma alla forma non corrisponde la sostanza: nella conversazione dal vocabolario ricercato fioccano volgarità e veniamo a sapere che le due dame sono state un tempo una coppia molto affiatata.

L’espressione “Boston Marriage” era in uso nel New England a cavallo tra il XIX e il XX secolo per alludere a una convivenza tra donne economicamente indipendenti da uomini. Il testo di David Mamet dipinge l’affresco di una società in bilico tra valori antiquati e spinte progressiste, con particolare attenzione alla condizione femminile e alle spinte del proto-femminismo delle “suffragette”.

Mamet strizza l’occhio agli esperimenti brillanti di Tennessee Williams, ma, soprattutto, all’Importanza di essere Franco di Oscar Wilde. Prendendosi una vacanza dalla gravità e concedendosi il lusso del gioco, Mamet eleva a protagonista assoluto, insieme alle interpreti, il linguaggio e, di contro, il non-detto, l’allusione, la stravaganza, il paradosso. Si diverte a parodiare la prosa ampollosa dell’epoca, ma dietro l’apparente assurdità si nasconde l’intento ambizioso di rovesciare la realtà attraverso uno scherzo, che mira a creare anche un po’ di raffinatissimo scandalo. Qui sta il senso anche “politico” di un testo che divertiva e stupiva insieme il pubblico americano del 1999.

Boston Marriage

“Boston Marriage”, di David Mamet, traduzione Masolino D’Amico, regia Giorgio Sangati, con Maria Paiato, Mariangela Granelli, Ludovica D’Auria, scene Alberto Nonnato, luci Cesare Agoni, costumi Gianluca Sbicca, musiche Giovanni Frison. Produzione Centro Teatrale Bresciano, Teatro Biondo di Palermo. A Roma, Teatro India, dal 6 all’11 febbraio.

SCANDISK DI VITALIANO TREVISAN

Autore di romanzi, racconti, drammaturgie e sceneggiature, Vitaliano Trevisan, prematuramente scomparso all’inizio del 2022, è stato uno dei protagonisti assoluti, per quanto spesso da una posizione defilata e scomoda, del panorama letterario di questi ultimi venti anni, con la sua raffinata scrittura-bisturi che ha fatto emergere con nitore e crudezza il lato più scuro dell’immaginario della sua terra d’origine, il Nordest.

Nella trilogia Wordstar(s), edita da Sironi nel 2004, di cui Scandisk è stato il primo testo, Trevisan si misura con il tema del lavoro e della memoria individuale, trattandola come se fosse una materia informatica da organizzare, per rendere il nuovo vissuto sopportabile. In Scandisk gli operai di un magazzino di prodotti metallici, mentre spostano e riordinano pile di bancali, progettano un “colpo” che dovrebbe permettere loro di cambiare radicalmente vita, eliminare gli errori e fare tabula rasa. Scandisk è il programma informatico che controlla i file e i cluster danneggiati nell’hard disk del computer, una scansione superficiale di una memoria fissa.

Dopo essersi confrontato con la rappresentazione del lavoro, molto presente nell’opera dello scrittore veneto, il regista e attore veronese Jacopo Squizzato, mette in atto un corpo a corpo tra il titolo e l’autore, affrontando quindi, nell’analisi della drammaturgia, il rapporto tra Trevisan e il suo computer: un oggetto presente in scena attraverso il richiamo sonoro che ricorda i rumori dei tasti battuti sulla tastiera.

Scandisk, ph Giulia Agostini

Scandisk”, di Vitaliano Trevisan, regia Jacopo Squizzato, con Mauro Bernardi, Beppe Casales, Jacopo Squizzato, scene e costumi Alberto Favretto, musiche e sound design Andrea Gianessi, disegno luci Tiziano Ruggia, sguardo sul movimento Michela Lucenti. Produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale. A Bologna, Teatro delle Moline, prima assoluta nell’ambito del Focus Lavoro, dal 6 al 18 febbraio.

SPEZZATO È IL CUORE DELLA BELLEZZA

Un triangolo sentimentale – lui, lei, l’altra – per uno sguardo sulle pieghe più dolorose e tormentate dell’amore, tra umorismo e tragedia. In Spezzato è il cuore della bellezza, Premio Ubu categoria Nuovo testo italiano (il 9 febbraio al Teatro Cantiere Florida di Firenze) Serena Balivo, dà corpo e voce alle due donne protagoniste; accanto a lei, in uno scenario onirico e interpretata da Erica Galante, la figura muta dell’uomo.

Un lavoro ideato, scritto e diretto da Mariano Dammacco che prende le mosse da un interrogativo sull’amore e su come questo sentimento, centrale nella vita umana, possa trasformarsi, degenerare, disilludere i desideri e le aspettative di chi lo vive. È la storia di una donna tradita e abbandonata per un’altra, che a sua volta dovrà fare i conti con l’ingombrante figura della rivale. Padrona di un paesaggio drammaturgico intenso e passionale, disinvolta in uno spazio scenico asciugato all’essenziale, l’attrice affronta il pubblico coinvolgendolo in uno stralunato discorrere di notti insonni, giornate vuote, foto da buttare insieme ai ricordi, oppure divaga su incontri clandestini, frivolezze da neo innamorati. Cosa è o non è amore? Come lo si nutre? Chi deve o può rispondere a queste domande?

La Piccola Compagnia Dammacco parte da questi e altri interrogativi per comporre un quadro di percezioni comiche e perturbanti allo stesso tempo, incarnate nelle esperienze delle due donne.

Erica Galante in Spezzato è il cuore della bellezza di Piccola Compagnia Dammacco ph Luca Del Pia

CAROLINA BIANCHI A FOG

Al via la settima edizione di FOG Triennale Milano Performing Arts con la prima nazionale di La Sposa e Buonanotte Cenerentola (8 e 9 febbraio, Triennale Milano Teatro), primo capitolo della Trilogia Cadela Força, spettacolo rivelazione del 2023 ideato e interpretato dall’artista brasiliana Carolina Bianchi.

“Boa Noite, Cinderela”: così vengono chiamate in Brasile il Rohypnol, il GHB e le altre droghe dello stupro, che possono avere effetti sedativi, ipnotici, dissociativi e vengono somministrate alla vittima, insieme a cibi o bevande, senza che questa se ne renda conto (il cosiddetto “drink spiking”). Da qui, e dall’esperienza personale della sua autrice, prende spunto lo spettacolo. Un lavoro intenso e disturbante, che si ispira a un fatto di cronaca molto noto (l’uccisione dell’artista Pippa Bacca) per tessere un arazzo di storie che hanno in comune la narrazione di uno stupro seguito da un femminicidio.

Avendo subito sulla propria pelle un’aggressione alcuni anni fa, Carolina Bianchi sceglie di non limitarsi a raccontare quell’esperienza: ne rivive una parte. Replica dopo replica, l’artista mette in scena il proprio corpo in un processo performativo di estrema vulnerabilità, una performance che unisce riferimenti alla letteratura e alla pittura, mash-up musicali e paesaggi onirici. Una discesa all’inferno in tempo reale, una riflessione radicale e disturbante sulla violenza, l’arte, il teatro, la morte che ha rivelato al mondo il talento dell’artista brasiliana.

Trilogia Cadela Força – Capitulo I CAROLINA BIANCHI – Christophe Raynaud

FRANCESCA SANTAMARIA E VITTORIO PAGANI

Doppia serata alle Carrozzerie N.O.T. di Roma, il 9 e 10 febbraio, con due giovani danzatori e coreografi. Come sopravvivere in caso di danni permanenti (produzione CodedUomo), un primo studio di Francesca Santamaria, è una radiografia coreografica. Un referto che svela un corpo non utopico, il funzionamento di una macchina imperfetta, gli ingranaggi di un organismo corruttibile.

È l’attraversamento di un archivio, testuale e sonoro, legato ad infortuni e debilitazioni, che indaga il tema del dolore fisico ed emotivo post-trauma. In una sala “operatoria” asettica e su sonorità che nascono dal ribaltamento de La morte del cigno, vengono vivisezionati una sequenza di movimento e il corpo di una danzatrice. Cosa si nasconde in un corpo “performante”? Ha senso sopravvivere? Fino a che punto? A quale costo?

A Solo in the Spotlights di Vittorio Pagani (Produzione LARVÆ), è un tuffo nei meandri dello spazio scenico, in cui il pubblico segue un performer che mette in questione il suo posto sul palco. Le risposte che cerca si potrebbero nascondere sotto fasci di luce artificiali, nascosti in piena vista. Attraversando danza, parole e proiezioni video, il solista esplora aspetti della vita da danzatore, e le rivoluzioni che un corpo conosce quando messo sotto i riflettori.

Francesca Santamaria. Ph Dario Bonazza

LA DANZA URBANA DEI POETIC PUNKERS

Uno spettacolo dinamico The Ranch is Empty. Capitale umano, fisico e travolgente che indaga, con la danza urbana dei Poetic Punkers, le dinamiche di un futuro distopico. Chi viene manipolato? Chi è il manipolatore? Chi è la vittima e chi il salvatore? Chi è la preda e chi il cacciatore? L’opera è ossessionata da un meccanismo di corpo a corpo in cui ognuno è obbligato a mantenere la distanza emotiva, l’anonimato, la solitudine.

Sebastião Salgado nel libro Exodus racconta la storia del nostro tempo attraverso i momenti drammatici ed eroici di singoli individui. Ponendo un’importante domanda: nel nostro cammino verso il futuro non stiamo forse lasciando indietro gran parte del genere umano? Attraverso l’opera la coreografa Natalia Vallebona con la drammaturgia e messa in scena di Faustino Blanchut, danno all’atto empatico un’importanza centrale capace di restituire la singolarità alla massa anonima che ogni giorno si incrocia.

The ranch is empty

The Ranch is Empty. Capitale umano”, coreografia e messa in scena Natalia Vallebona, drammaturgia e messa in scena Faustino Blanchut, creato e interpretato da Faustino Blanchut, Patryck Kłos, Natalia Vallebona, Marianna Moccia/Elisa Quadrana, Maxime Pichon, Eleonore Pinet Bodin, musica Maxime Pichon & Patrick Belmont, disegno luci Quentin Maes. Produzione Poetic Punkers, co-produzione Teatro della Tosse, Boarding PassPlus, Abbondanza Bertoni, partener Wolubilis, Le BAMP, LOBO Festival Toulouse, Les Noctambules Nanterre. A Napoli, Teatro Bellini, il 10 e 11 febbraio.

IRENE RUSSOLILLO TRA CANTO E DANZA

FÀTICO è un progetto coreografico e musicale di Irene Russolillo in cui il canto e la danza battono il tempo di tre orazioni. In scena vi sono due performer, dotati di un microfono a contatto con la pelle, estensione del corpo, punto di innesco della relazione quasi-fisica con gli spettatori, grazie allo strumento fornito dall’atto vocale. In questo lavoro il canto non è un atto di spontaneità, ma il prodotto di una modificazione, integrazione e potenziamento dell’enciclopedia di questa corporeità.

Il 6 febbraio la Fonderia di Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto di Reggio Emilia, apre (nell’ambito del calendario delle prove aperte per conoscere il lavoro degli artisti), a questa creazione in divenire, in cui il canto e la danza battono il tempo di tre orazioni. Nelle parole che scandiscono i tempi della coreografia, i riferimenti alla natura e ai sensi lasciano spazio ai ricordi nel loro spazio mentale prima di sciogliersi nelle parole del culto. La coreografa e danzatrice Russolillo compone un discorso laico sulla sacralità, chiedendo al pubblico di lasciarsi indirizzare, attraverso il fàtico “ascolta”!

Lo spettacolo sarà in prima assoluta il prossimo 18 febbraio, da ORBITA|Spellbound in collaborazione col Festival Equilibrio, al Teatro Palladium di Roma.

Irene Russolillo ph. Giuseppe Follacchio

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