13 marzo 2024

Maratona Cechov, microdrammi d’umanità: gli Atti Unici in scena a Parma

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La Fondazione Teatro Due di Parma ha ospitato un evento teatrale unico, dedicato agli Atti Unici di Anton Cechov: una maratona di otto pièce, per ritrarre un’umanità intrisa di tragedia e commedia

Tragico suo malgrado con Luca Nucera e Pavel Zelinskiy Ph Andrea Morgillo

Un vero e proprio evento teatrale, unico, intrigante, da ascrivere tra i progetti più importanti dell’anno, è lo spettacolo, anzi, gli spettacoli raccolti nel titolo Atti unici della Fondazione Teatro Due di Parma, un viaggio immersivo, affascinante per modalità e pregnanza, nel mondo di Anton Čechov. Dislocate nei sei diversi spazi dello stabile parmense, le otto pièce (presentate due per sera da gennaio a fine febbraio e, in ultimo, tutti insieme, in una entusiasmante maratona di sette ore) hanno coinvolto un ensemble di 24 attori di esperienze diverse, e le firme di più registi: Matteo Tarasco, Nicoletta Robello, Roberto Abbati, Antonio Rosti. Da segnalare, inoltre, l’unicità dell’operazione – ideata da Paola Donati, direttrice artistica di Teatro Due – in quanto è la prima volta in Europa che gli otto testi si rappresentano insieme.

Domanda di matrimonio Ph Andrea Morgillo

Ideati tra il 1884 e il 1891, costituiscono una parte della produzione di Čechov non molto conosciuta nella sua integrità. Sono microdrammi che ritraggono uno spaccato di umanità intrisa di tragedia e commedia, di “scherzi” come lo stesso Cechov ebbe a definirli, scritti pensando proprio agli attori, i quali se li contendevano per le loro serate d’onore. Per Cechov, infatti, l’attore, per essere necessario e onesto, non ha bisogno d’altro che credere alle proprie battute. E questi racconti, che anticipavano caratteri e temi del moderno teatro novecentesco, ponevano l’attenzione talvolta morbosa per il dettaglio psicologico modellato sul tragico quotidiano.

I danni del tabacco con Antonio Rostj Ph Andrea Morgillo

Trattati con quell’ironia pungente e sarcastica tipicamente cechoviana, e pregni di folgoranti intuizioni comiche, dipingono gli uomini come esseri puerili, prigionieri di sogni volgari, di ambizioni futili, capaci tutt’al più di piccole rivelazioni, svenimenti e capricciose pulsioni. Brevi storie tutte godibili per il loro fluire veloce, in cui i ritmi serrati non tolgono spazio alla riflessione offrendo spunti di modernità universali, complice la scorrevole traduzione di Fausto Malcovati.

Il canto del cigno con Roberto Abbati e Pino L’Abbadessa Ph Andrea Morgillo

Non poteva esserci spazio più idoneo di un vecchio seminterrato illuminato da candele, anfratti in odore di muffa, terriccio da calpestare, pareti umide di mattoni, per rappresentare il bassofondo fisico e umano de La strada maestra, la messinscena che ha dato inizio all’itinerante maratona. Seduti su delle panche e a stretto contatto con gli interpreti, assistiamo a un concitato via via di pellegrini, operai, vagabondi e viandanti assiepati in una bettola sulla strada maestra. Miserie e miserevoli si incrociano per una notte e cinque copechi bastano per una vodka ma non per dimenticare gli occhi di una donna da parte di un ricco (Fabio Pasquini) caduto in disgrazia per lei. Spostandoci in una sala veniamo accolti da un uomo (Antonio Rosti) in elegante frac bianco.

L’anniversario con L.Castella, F.Biscione, P.Tufillaro Ph Andrea Morgillo

Chiusa la porta e accomodàti attorno a un piccolo palcoscenico con sopra un leggio, l’allegro conferenziere dà inizio a I danni del tabacco, stravagante one man show sulle conseguenze del tabagismo e, perché no? su quelle del vivere in un pensionato femminile assoggettato alla moglie e alle 13 figlie. Più noti e frequentati sulla scena italiana sono L’orso e Una domanda di matrimonio. Ne La domanda di matrimonio il protagonista si presenta in casa del suo vicino ricco possidente per chiederne in moglie la figlia – una giovane dal carattere tempestoso e irascibile, qui resa sensuale e seduttiva, e che il padre non vede l’ora di disfarsene – che, a sua volta, pensa che sia venuto per un contratto d’affari e scopre solo alla fine che si trattava di un contratto di matrimonio. Tutto il testo è basato su questo equivoco in cui i furiosi battibecchi si alternano a riappacificazioni preludendo a quello che sarà la futura vita matrimoniale.

Le nozze Ph Andrea Morgillo

Sono irresistibili, per foga, ritmo, verve ironica, Massimiliano Aceti, Irene Paloma Jona, e Giovanni Carta, che s’agitano nervosi sulle pedane di una scenografia pop. Di amabili gag è anche L’orso che ha per protagonisti una vedova inconsolabile (Bruna Rossi), che dopo la morte del marito, ha giurato di rinchiudersi e di non frequentare più alcun uomo, nonostante le insistenze a ripensarci da parte del suo servitore (Mauro Maliverno); e un ex ufficiale (Alberto Astorri) che irrompe in casa per riscuotere delle cambiali da parte del defunto. Il rifiuto di lei a pagare e l’insistenza di lui ad esigere quanto dovuto, originano un dialogo molto concitato sulla fedeltà delle donne, che degenera in un duello fra la vedova e l’uomo con un imprevedibile esito finale.

Acuta riflessione metateatrale sul ruolo dell’attore, Il Canto del Cigno diretto e interpretato da Roberto Abbati insieme a Pino L’Abbadessa, è forse il più conosciuto e frequentato degli atti unici. L’azione si svolge sul palcoscenico di un teatro, di notte, alla fine dello spettacolo e dei festeggiamenti tenuti in onore alla lunga carriera di un vecchio attore, che rimane chiuso nel teatro, dove si ritrova in compagnia del suggeritore Nikita. I due, avvicendandosi, ridono, piangono, ricordano la giovinezza, recitano insieme testi famosi che li trascinano fino ad immedesimarsi nei diversi personaggi.

L’orso, Alberto Astorri e Bruna Rossi Ph Andrea Morgillo

Esilarante, nel loro pacato discorrere, il dialogo dai tempi perfetti tra Pavel Zelinskiy e Luca Nucera in Tragico suo malgrado che vede due amici di cui uno bisognoso di sfogarsi. Si ritrovano seduti su una panchina a parlare di incombenze quotidiane e fallimenti, tra oggetti strampalati e posture sbilenche, e rivelarsi alla fine incapaci di vero ascolto. Spassosissimo nella sua struttura comica da vaudeville è L’anniversario, ambientato nell’ufficio di una banca dove un ipocondriaco Presidente (Francesco Biscione), e con lui, un segretario frustrato, ossessivo, e misogino (Pino Tufillaro), si accinge a celebrare il quindicesimo anniversario della fondazione. S’accenderà una conversazione caotica e delirante a più voci all’arrivo della moglie sciocca e sventata, e con una donna petulante che destabilizzano la giornata ufficiale.

Sulla strada maestra Ph Andrea Morgillo

A celebrare Le nozze, ultima pièce del programma, è una delirante cerimonia con personaggi zotici che la riscrittura del regista Tarasco esaspera nei loro tratti grotteschi immaginandoli dei nostri giorni, parvenu che esibiscono un’eleganza posticcia e volgare. Il pranzo dei festeggiati e degli ospiti, vede il pubblico seduto attorno ad un lunghissimo tavolo quadrato, mescolato con i personaggi fortemente caratterizzati che paleseranno, tra un brindisi e un ballo, e l’arrivo di un Generale, la loro natura fatta di difetti, bassezze e trivialità. In scena (presenti anche in alcune delle altre pièce) Stefano Guerrieri, Massimiliano Aceti, Lidia Castella, Stefano Gragnani, Dino Lopardo, Andrea Mattei, Alberto Melone, Salvo Pappalardo, Bruna Rossi, Massimiliano Sbarsi, Francesca Tripaldi, Pavel Zelinskiy. Ci è piaciuta molto la chiosa – e con essa poniamo la nostra – del regista Tarasco secondo cui «Vedere gli atti unici è un esercizio dell’anima e fa risparmiare un sacco di soldi in psicoanalisi e medicine». E il suo consiglio al pubblico: «Leggete Čechov prima di venire a teatro ma tenetelo anche sul comodino, come consigliava Orson Welles».

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