13 dicembre 2004

fino al 24.XII.2004 Botto&Bruno – Kids Town Torino, Galleria Alberto Peola

 
Una paesaggio terminale. Così Botto&Bruno spiegano, laconici, la loro periferia. Quella proposta (e riproposta) in disegni e negli immensi wallpaper. Fatti a mano, con precisione meticolosa. Per raccontare un mondo cresciuto ai margini…

di

Due ragazzini imprigionati in un perimetro claustrofobico: il primo di spalle, cerca con lo sguardo al di là del muro, un orizzonte negato. Nessuna linea di fuga in questo disegno in bianco e nero che introduce alla nuova personale di Botto&Bruno (Gianfranco Botto, Torino, 1963 e Roberta Bruno, Torino, 1966): solo macerie, muri sbrecciati e la mezza ellisse di un ponte -o una monorotaia- che si interrompe nel cielo come un sogno spezzato.
Ultimo baluardo di un’identità minacciata, questo recinto di cemento lo ritroviamo in una installazione con figure a grandezza naturale, dove i colori si saturano e frammenti di vita e di memoria giacciono sparpagliati intorno al buco di un tombino scoperchiato. Foto di rockstar, dischi di vinile, segni lasciati sui muri da artisti metropolitani, miti partoriti e messi a morte, frammenti ricomposti per fronteggiare le insidie di una periferia che è sempre più luogo esistenziale, prima ancora che topografico.
Mediante un wallpaper che si estende fino al pavimento, facendosi calpestabile, la coppia torinese allestisce uno dei suoi caratteristici paesaggi suburbani, post-industriali, stile day after. Qui dissemina le icone di una resistenza quotidiana all’anonimato, con un meticoloso hand made che sembra ispirarsi alle tecniche del montaggio cinematografico e a quelle del Rithm And Poetry. Il gioco, la passione per la musica, il cinema, sono proposti ancora una volta, in questo scenario mesto e desolato, come strumento di riscatto dall’autismo che sembra affliggere i personaggi, chiusi nei cappucci delle loro felpe.
BottoeBruno-KidsTownI(fotodiTommasoMattina)
Botto e Bruno si sono sempre mostrati riluttanti a tradurre in parole un linguaggio visivo che, pur contaminandosi con i codici più disparati, vuol essere pienamente autosufficiente. Ma in più di un’occasione (ad esempio in “prototipi.03”, workshop presso la Fondazione Olivetti di Roma) hanno sottolineato come queste poche presenze umane, quasi fagocitate dal paesaggio e dall’universo iconico da loro stessi generato, siano l’incarnazione di un’identità collettiva, di una generazione cresciuta “ai margini”, in un “paesaggio terminale” come quello di Mirafiori, a sud di Torino.
Il video Kids Play è girato nello stesso spazio-bunker, ma un senso d’innocenza pervade le superfici ancora neutre dei muri mentre il gioco dei due adolescenti si svolge lento, a tratti svogliato. Lo spazio urbano appare com’era prima del suo costituirsi come ghetto contro quel mostro metropolitano che tutto metabolizza in un’amalgama indistinta. Siamo nella fase precedente la disgregazione della coscienza. Ma i suoni distorti della colonna sonora sembrano preannunciare il pericolo dello smarrimento esistenziale che attende dietro l’angolo dell’adolescenza. Quando queste quattro mura scolorite finiranno per sembrare sempre più strette.

prima immagine: botto&bruno, robert, 2004 (particolare)

luca vona


Botto&Bruno – Kids Town
testo di Teresa Macrì
Galleria Alberto Peola, Via Della Rocca 29 (Borgo Nuovo), +39 0118124460, a.peola@iol.it , www.albertopeola.com , lun_sab 15.30 – 19.30, la mattina per app.


[exibart]

2 Commenti

  1. sono sempre stato libertario fino all’estremo, anche quando ciò causa conflitti di coscienza piuttosto spiacevoli.
    non è questo il caso, ovviamente.
    però è fastidioso vedere come la libertà concessa dallo spazio dei commenti faccia esprimere anche nullità intellettuali come quella che mi precede nel commento.
    eh sì, l’invidia gioca brutti scherzi…

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