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Londra) è sottile. Come sottili sono i limiti tra la parodia e la satira. La
linea critica distintiva di Knorr è infatti più un ghigno che una risata.
Con caustica sagacia e arguzia, le sue foto mettono alla
berlina determinati cliché, comportamenti e ambienti tipici della borghesia.
Note sono le serie Gentlemen (1981-83), una ricerca sui club maschili inglesi, Connoisseurs (1986-1988), Academies (1994) e Visitors (1998), realizzate invece nelle
sale di musei e dimore storiche europee, dal Musée Carnavalet al Musée d’Orsay
di Parigi. Al centro il mondo animale con i suoi protagonisti. Esemplari di
varie specie entrano nei luoghi della storia e dell’arte, nei santuari
culturali in cui normalmente non hanno accesso, scardinando stereotipi e
immaginari. È una trasgressione giocata sul doppio binario di spettacolarità e
spontaneità che, generando uno spostamento di senso rispetto all’ordinario,
tende ad alimentare una relazione tautologica con le cose.
La ricerca di Knorr, per quanto utilizzi il mezzo
fotografico, dunque fresco e immediato, è più vicina alla lettura del Fedro di Ovidio, alle illustrazioni di
La Fontaine o al mondo delle meraviglie di Lewis Carroll. E, non ultimo,
rientra nell’approccio dello sguardo umano verso il mondo animale che –
analizzato recentemente dallo zooantropologo Roberto Marchesini come
“atteggiamento icona” – vede l’animale come simbolo dei vizi e virtù
dell’essere umano, configurandosi (e ne è esempio l’universo Walt Disney) come
l’antropomorfizzazione di alcuni caratteri dell’uomo condotti alla zoomorfia.
Oltre alle immagini, nei lavori di Karen Knorr compaiono
didascalie a commento della composizione, elaborazione che talvolta appare come
vera e propria mise en scène con animali vivi o tassidermizzati, tal altra è invece
realizzata con il più contemporaneo dei fotoritocchi, Photoshop.
Mix tra la poetica visiva de I misteri dei Giardini di
Compton House di Peter
Greenway e le
performance sul turismo museale di Andrea Fraser, la serie India song di Knorr è una sofisticata
sintesi degli scenari lussureggianti delle leggende raccontate negli Zenanas e Mandawas rappresentate nei palazzi del
Rajasthan. Le storie di animali di Karen Knorr, filtrate dall’occhio
occidentale, e grazie a una residenza sostenuta da UCA Research, parlano così
della vanità delle cose terrene, della simbologia indiana attribuita ad esempio
alla mucca, alla scimmia o al pavone, icona della vacuità umana a confronto con
la forza della natura.
Pur con la messa a punto di artifici ed escamotage
compositivi, India song diventa saggio critico sulla contemporaneità, drammaturgia filmica di
sequenze ben calcolate sugli attuali principi d’identità e interpretazione del
comportamento umano.
Karen
Knorr alla Biennale di Fotografia di Brescia 2010
L’artista
alla seconda edizione della Biennale bresciana
mostra visitata
il 7 ottobre 2010
dal 23 settembre al 3 novembre 2010
Karen Knorr – India Song
Photo & Contemporary
Via dei Mille,
36 (Borgo Nuovo) – 10123 Torino
Orario: da
martedì a sabato ore 15.30-19.30
Ingresso
libero
Info: tel. +39
011889884; fax +39 0118178693; photoco@libero.it
[exibart]