03 novembre 2012

Fino al 2.XII. 2012 Elisabetta Di Maggio, DIS-NASCERE Fondazione Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, Venezia

 
Foglie di edera e mappe urbane compongono il delicato scenario di natura morta dell’artista in mostra al Palazzotto Tito. Con un lavoro che evoca il fare della scultura -

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L’edera si inerpica lungo un angolo fra le pareti di una delle stanze del Palazzetto Tito, accennando alla rovina possibile del Palazzo, al suo abbandono. Ma quell’edera, così naturale, è in realtà essa stessa disseccata da un processo che ne evidenzia la sola trama sottile delle nervature, e sembra corrodere il resto dell’epidermide delle foglie. Foglie svuotate, alleggerite, che hanno perso di consistenza, ottenute con un certosino lavoro di intaglio utilizzando le lame taglienti di un bisturi. Sul pavimento della medesima stanza grandi foglie di ninfea, la Victoria Regia, si espandono sul pavimento, ma la loro espansione è come se fosse raggelata dal medesimo processo corrosivo della superficie fogliare che ha scarnificato l’edera, trasformandola in un fragilissimo ricamo. Rispetto a lavori come quello di Elisabetta Di Maggio (1964) – grazie all’ampia personale curata da Angela Vettese se ne può ammirare la complessità e la ricchezza di soluzioni – lo stupore che nasce dall’osservazione a distanza ravvicinata deve essere metabolizzato per poter riflettere su quel che viene messo in gioco in opere del genere.

Il termine ‘natura morta’ sembra essere il più appropriato, e va inteso anche letteralmente, nonostante la grande delicatezza del lavoro di Elisabetta Di Maggio. Il processo artistico non mima il processo naturale di crescita, piuttosto interviene ad un certo stadio del suo sviluppo cristallizzandolo per sempre. Purché di questo ‘sempre’ si intuisca la fragilità e la precarietà della permanenza. In qualche modo il lavoro dell’artista milanese, ma veneziana di adozione, ha qualcosa a che fare con la scultura, con il togliere e levare materia affinché una forma possa emergere, avendo però ridotto al minimo impatto possibile l’atto dello scolpire. Ha a che fare con la monumentalità, ma essa stessa scarnificata e ridotta all’esilità di un disegno. Basti osservare le mappe urbanistiche (Parigi, Città del Messico) disegnate/intagliate sulla superficie di decine di saponette. Il monumentale (la città) e il senso della evanescenza insito nel materiale usato (il sapone) costituiscono una tangibile testimonianza dello stato (fragilissimo) delle cose. Vi sono delle ulteriori varianti del lavoro sulla città, questa volta utilizzando come materiale le piccole mappe che descrivono, ad esempio, i percorsi dei mezzi di trasporto pubblico, mappe che vengono accuratamente traforate e sorrette grazie a spilli da entomologia.
In mostra vengono presentati anche tracciati di voli di farfalle, il cui andamento è solo apparentemente casuale, ridisegnati con meticolosità da linee di spilli. In sintesi: una serie di opere dove accuratezza esecutiva e imprevedibilità degli esiti formali si abbinano ad un gesto che incidendo e trafiggendo con delicatezza conserva, della realtà, la sua precarietà di reperto.

Riccardo Caldura

dal 10 ottobre al 9 dicembre 2012
Elisabetta Di Maggio, DIS-NASCERE
Fondazione Bevilacqua La Masa – Palazzetto Tito
Dorsoduro 2826 (zona Campo San Barnaba) – (30123) Venezia
Orario: da mercoledì a domenica ore 10.30-17.30
Info: tel. +39 041 5207797; fax +39 041 5208955; info@bevilacqualamasa.it; www.bevilacqualamasa.it

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