14 febbraio 2001

Il Canaletto e il livello dell’alta marea a Venezia

 
Il Dott. Dario Camuffo racconta ad Exibart come l’unità operativa dedicata alla climatologia, da lui diretta presso il CNR di Padova, ha scoperto dei curiosi rapporti tra l’arte e le attualissime problematiche ambientali della laguna veneta...

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Ci si trova oggi innanzi a un avvenire molto incerto, minacciato da sfide ambientali locali e a grande scala che alterano l’equilibrio globale con le ripercussioni più varie dirette e indirette. Lo stesso effetto serra porta a un aumento delle calamità naturali, ivi inclusa l’acqua alta a Venezia.
La chiave per una corretta interpretazione del futuro, per delineare appropriatamente gli scenari che ci attendono, è la conoscenza del passato, e questa deve essere la più completa possibile. Da molti decenni stiamo ricostruendo le vicende climatiche, e le calamità naturali, che hanno colpito l’Italia. Disponiamo ovviamente di dati meteorologici strumentali, che in alcuni casi si estendono sino a coprire ininterrottamente gli ultimi due-tre secoli. La serie meteorologica di Padova (che stiamo attualmente studiando) è una delle più lunghe al mondo, parte dal 1725 ed è seguita da alcune altre. Per risalire nel tempo sino a un millennio e oltre sono preziosissimi i dati da fonte scritta (annali, cronache, diari ecc.) che citano eventi catastrofici, dandone a volte descrizioni interessanti e menzionando gli effetti, da cui è talvolta possibile risalire a fissare un valore quantitativo alla causa.
Ponte di Rialto
Da queste fonti abbiamo costituito un’enorme banca dati che ha permesso di dare luce alle vicende climatiche che hanno caratterizzato il nostro passato. Non solo il recente periodo storico dà informazioni climatiche preziose ma, leggendo tra le righe, se ne possono trovare anche nella Bibbia o nella letteratura latina, greca e cuneiforme, come è stato presentato in un libro di una decina d’anni fa (D. Camuffo: Clima e Uomo, Saggi rossi Garzanti, Milano, 1990).
Naturalmente vanno valutate tutte le fonti di informazione attendibili che permettano una ricostruzione oggettiva di cause e effetti.
Venezia è da sempre stata tra gli oggetti dei nostri studi a carattere multidisciplinare per l’ambiente estremamente sensibile a ogni cambiamento climatico, e per tutte le ripercussioni sociali e sul patrimonio culturale inestimabile che la città contiene. L’archivio storico della Serenissima contiene documenti di prima mano che risalgono a oltre un millennio e che hanno permesso di approfondire le nostre conoscenze anche su periodi ed eventi altrimenti poco conosciuti.
Un problema che da sempre concerne Venezia è che la sua sommersione dipende sostanzialmente da due fattori: l’innalzamento delle acque del mare e l’abbassamento del livello del suolo. Il livello del mare segue ovviamente le vicende climatiche del pianeta, col rischio di elevarsi sino a un metro nel prossimo secolo secondo i risultati di alcuni modelli, ma nell’immediato il problema principale è l’innalzamento del livello marino a seguito del perdurare del vento di Scirocco, che può essere potenziato da altri fattori meteorologici, da oscillazioni dell’acqua marina nel bacino Adriatico, o dalla concomitanza con le forze astronomiche luni-solari. La subsidenza del terreno aveva raggiunto valori preoccupanti nella seconda metà del secolo appena passato, a seguito dell’eccessiva estrazione di acque di falda, fenomeno che si è riusciti però a controllare con opportune misure legislative che limitavano l’emungimento delle acque. Un altro fattore importante in questo bilancio è lo scambio tra le acque della laguna e quelle del mare, che è stato profondamente alterato il secolo scorso con l’escavo di nuovi canali.
Alcune misure strumentali dirette del livello mareale della laguna erano cominciate con Galileo, ma erano sporadiche e furono presto abbandonate per timore di risvolti da parte dell’Inquisizione. Le misure successive, effettuate con mareografi, iniziarono nel 1872. Per il periodo precedente abbiamo solo notizie sporadiche, in occasione delle acque alte eccezionali. Una in particolare, dello Zantedeschi nel 1867 è estremamente importante, in quanto dà l’altezza del livello del mare raggiunto sia rispetto al “comune marino” sia ai gradini di S. Marco, da cui si può dedurre esattamente che in poco più di un secolo, la Piazza S. Marco si è abbassata di ben 34 cm, in pieno accordo con altri risultati.
La chiesa di SS. Giovanni e Paolo con la scuola di San Marco
Il “comune marino” è il livello medio delle alte maree, facilmente individuabile in quanto il bagna-asciuga permette la vita a un tipo particolare di alghe bruno-verdastre che si trasformano in un utilissimo indicatore biologico di marea in quanto vivono esattamente a quel livello e lo rendono immediatamente riconoscibile. Questa striscia bruna si estende sui bordi di tutti i canali e sulle facciate dei palazzi. In alcuni casi sono sopravvissute delle targhe “CM” con cui i Veneziani indicavano il livello del Comune Marino. Sapere come questo è andato salendo nel tempo sulle superfici su cui le alghe si aggrappano significa conoscere anche l’effetto combinato dell’innalzamento del mare e della subsidenza di Venezia. La tentazione è quella di poter dare un’occhiata al passato. Il limite delle documentazioni fotografiche risale al 1839, anno dell’invenzione dell’emulsione fotografica da parte di Daguerre, ma è possibile spostarlo indietro di un altro secolo, grazie ai veristi Veneziani.
Antonio da Canal (1697-1768), detto il Canaletto, cambiò la tecnica pittorica del tempo, spinto forse dal desiderio di guadagnare molto. Anziché dipingere a fantasia nel proprio studio, incominciò a dipingere sul posto. Per fare quadri rapidamente, pensò di “ricalcarli dal vero” utilizzando la moderna tecnologia del tempo, una camera oscura basata sullo stesso principio della macchina fotografica? Si trattava di una grossa scatola, con un obiettivo da cui entrava il fascio luminoso contenente l’immagine, e con uno specchio che rifletteva l’immagine che veniva proiettata su foglio di carta (anziché sulla pellicola che doveva essere ancora inventata). Il tutto aveva dimensioni abbastanza grandi, e l’immagine si proiettava sul foglio come una diapositiva su uno schermo. Non restava che passarne il contorno a penna e il Canaletto lo faceva con estrema precisione e occhio acuto. Che ci vedesse bene non ci sono dubbi: nel quadro dei Cantori di S. Marco scrisse: “Io Zuane Antonio da Canal, ho fatto il presente disegno, delli Musici che canta nella Chiesa Ducal di S. Marco in Venezia in età di anni 68, senza occhiali, l’anno 1766.” Una camera oscura portatile del Canaletto è conservata al Museo Correr di Venezia.
Ovviamente va sottolineato che questa è una notizia curiosa che mostra come arte e scienza spesso si contemperano, non la soluzione del problema veneziano.

Link correlati:
http://clima.ictr.pd.cnr.it


Dario Camuffo
Dirigente di Ricerca
CNR ICTIMA, Padova


Foto in primo piano: Bacino di San Marco durante la festa dell’Ascensione




[exibart]

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