01 febbraio 2001

Opera Totale 6 Musica, Immagini e Nuove tecnologie Mestre-Venezia, Teatro Toniolo

 
E’ giunta alla sesta edizione la manifestazione internazionale dedicata alla multimedialità. Ad avvicendarsi sul palco del Toniolo vari “creativi” dediti alla comunicazione: un workshop dell’espressione…

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Sabato 27 gennaio è andata in scena la multimedialità. Sotto lo sguardo di un nutrito pubblico hanno illustrato il proprio operato vari ospiti accomunati dal forte interesse per la ricerca di una integrazione tra le varie forme di comunicazione. Il richiamo del titolo della rassegna all’utopia Wagneriana funge da introduzione ottimale a quella che è stata una “full immersion” digitale…però forse non adempie appieno a ciò che l’evento voleva/doveva essere. Senza nulla togliere alla “qualità” degli interventi e alla particolarità delle tecnologie viste, bisogna dire che il programma offriva una fredda messa in scena di “possibilità-comunicative” al quanto scollegate l’una dall’altra, così diverse e tecnicamente lontane da ridurre il tutto ad un sostanziale circo del sistema binario. Se le passate edizioni avevano in un certo senso mantenuto un carattere pionieristico circa il tema “multimedialità” e avevano gettato delle solide basi sulle quali lavorare, questa ultima invece, puntando (forse troppo) su suono-immagine ha limitato di molto il campo operativo dei nuovi mezzi, trattando un binomio estetico-semantico (musica-immagine…appunto) come l’apoteosi dell’interazione, e come la nuova frontiera dell’arte..cosa che mi guarderei bene dall’affermare. Osservando le facce degli appassionati accorsi ad assistere a quanto di meglio potesse offrire la tecnologia rivolta all’arte, si notava il disappunto, si individuavano i dubbi…insomma la delusione sembrava palese. Non si discutono certo i pregevoli giochi musicali di Andi Freeman e Jason Skeet (creatori di un software in grado di rilevare i segnali elettronici presenti in rete e di tradurli in musica), la oramai consolidata “reazione” degli 0100101110101101.org (con il programma Life-sharing puntano alla condivisione dell’intero hard-disk, creando una sorta di abbattimento della privacy e una continua interazione a scapito dell’arcano concetto di “contemplazione dell’opera”), o la commerciabilità del programma creato da Villa Tosca Design Management Centre (il progetto si chiama MC4 e grazie al software “visual speaker” traduce ogni traccia musicale in immagine attraverso una serie di analisi di algoritmi frattali), ma ribadisco il difficile legame tra i vari “études” in sintonia quasi esclusivamente per lo spirito avveniristico che li contraddistingue.
0101...org
Opera totale, non è solamente musica e immagine: le diverse arti devono integrarsi in una sola, delineare la traccia di un “segno” universale in grado di soddisfare più codici. Certo non si pretendeva questo…però circoscrivere tutto l’evento ad una analisi di complicità tra i suoni e il visivo, forse ha limitato di molto le potenzialità espressive di un simile progetto. A rafforzare l’idea di una infelice gestione del palinsesto giunge in mio soccorso proprio uno degli (acclamati a viva voce) ospiti più attesi: Joe Jackson. Decantare le sue doti da pianista mi sembra inutile dato che è piuttosto apprezzato da critica e pubblico, e quindi mi limito a riferire dell’inutilità di una sua testimonianza circa il tema di Opera Totale: le domande rivoltegli dall’interessatissimo pubblico vertevano tutte sulla medesima radice: che ne pensa della musica in immagini (o viceversa…)? Ora, ad una manifestazione del genere ci si aspetta l’intervento del più multimediale dei musicisti (lascio a voi pensare chi potesse essere) e non certo di uno che si limita a rispondere che alla fin fine non gli interessa quale rapporto esista tra musica ed immagini…che la musica non è direttamente convertibile in colore-immagine (mi viene alla memoria un certo Paul Klee e di seguito aggiungo un “mha!” ndr)…che i videoclip sono importanti, ma dato che lui stesso ha più volte percepito il lato “economico” degli stessi a tutt’oggi si rifiuta di farne ancora (però il suo bel sito web ce lo propina a pieni schermi…ndr)…che la risposta più interattiva alla sua musica è l’applauso del pubblico….ecc. Tanto per non usare mezzi termini il pur bravo artista pop Joe Jackson non era in tema con l’evento e piuttosto che osannarlo come una sorta di Deux ex machina, l’ente organizzatore poteva benissimo risparmiarci/lo dal pseudo-promo del suo prossimo concerto (in quel di Venezia).
Eliminati i nodi passati al pettine, che rimane di Opera Totale? Solo una forte propensione tecnologica rivolta alla comunicazione, che non significa necessariamente arte , e una enorme bolla di sapone farcita di curiosità disillusa. I propositi messi in evidenza ad Opera Totale sono positivi, certo..(benvengano) ma le modalità con cui si sono attuati lasciano molto a desiderare, in particolar modo se si considera che come guardiano del faro abbiamo un titolo impegnativo (OperaTotale) e che la presunzione del pubblico di sperare che la prima parola (Opera) riconducesse direttamente ad arte (o anche a net.art…lontana chilometri dalle poltrone del Toniolo) viene a scemare dopo soli dieci minuti. Peccato.


Articoli Correlati:
Rassegna di arte digitale
Documentario sulla net.art
The file room
Per saperne di più:
www.operatotale.net
Vedere per Credere:
Visual Speaker e MC4
Kindergarten
L’arte e il territorio sonoro
Interfacce pittoriche


Kranix




[exibart]



19 Commenti

  1. consiglierei al redattore un corso di grammatica e sintassi..questo articolo non si può leggere..frasi fiume, parentesi di tre righe, commentini, interiezioni varie…
    forse se lo faceva in musica o in immagini veniva meglio..

  2. Seguo spesso la rubrica della Tanni, a dire la verità seguo solo quella, ma per quale motivo su questo articolo non avete linkato gli articoli di lei sugli 01.org?
    Sono gli unici della rete…

    Ciao

  3. Non ho letto l’articolo e non posso giudicare l’operato di Massimo. Ma la domanda sorge spontanea: Cari lettori, perchè al posto di criticare lo stile grammaticale e sintattico della gente o la mancanza di articoli linkati, non vi mettete a scrivere sotto i pezzi commenti che parlino delle mostre o degli eventi, pareri che creino dibattiti intelligenti?

  4. si, ma anche la forma ha la sua importanza. Exibart è un gran bel sito e spero che in futuro si preoccupi di curare di più la qualità delle recensioni. Io purtroppo non sono potuta andare a mestre per opera totale e non posso commentare l’evento. complimenti per il vostro lavoro, comunque.

  5. Sono in tutto e per tutto d’accordo con l’autore dell’articolo. Opera totale è stato un evento mal organizzato e poco sensato, nonostante le interessantissime premesse e il lodevole sforzo…Unico elemento di interesse forse proprio gli 01.org..su jackson stendiamo un velo pietoso…ciao a tutti

  6. comunque chi ha detto che le frasi fiume e le parentesi siano dannose? Quanto ai link agli articoli redatti dalla redattrice di Exiwebart sui 01.org ho pensato che il nome del progetto fosse di per se già piuttosto noto ai più da preferire inserirne altri che a mio avviso devono godere di una maggiore pubblicità. Saluti.

  7. Sentite, ho appena letto l’articolo e mi sembra scritto proprio bene! E’ uno stile un po’ colloquiale, radical chic, da addetto ai lavori, embeh? Io l’ho trovato proprio interessante…(e godibile-accidenti, ho usato una parentesi…e addirittura dei puntini di sospensione…ma allora nessuno capirà niente…cosa? Ho aperto un inciso?Anatema!!!chiudo inciso e parentesi e vi saluto-). Oldtimer

  8. Invito i lettori ad esprimere commenti riguardanti il workshop recensito, piuttosto che il personale modo di redigere l’articolo. Vi ringrazio tutti per critiche e adesioni, ma se si vuole parlare dell’evento preferisco. O forse non interessa? Grazie di Nuovo.

  9. La questione è interessante: com’è giusto scrivere su internet? Detto che ognuno mette del suo, sempre più spesso ho la sensazione che la rete tenda a modificare i canoni letterari; l’esempio estremo sono le discussioni in chat o forum e le e-mail, nelle quali regole grammaticali e sintassi e punteggiatura tendono a stravolgersi e minimalizzarsi.
    Detto che secondo me Kranix interpreta bene questo nuovo modo nuovo di comunicare nella rete, con quello stile tra il colloquiale e la narrazione, credo valga la pena di interrogarsi su questo: se accettiamo che esista, nello scrivere, uno stile “giornalistico non sarà il caso di cominciare a chiedersi come sarà, potrebbe o dovrebbe essere lo stile del web-giornalismo?

  10. L’intervento di E.A. Po è di estremo interesse.
    Il medium influenza la forma. Il problema è se la forma è adeguata al contenuto, e io credo che in questo caso sia così.

  11. Cioè volete dire che il contenuto va in rapporto al medium?? (e pronunciatelo ‘medium’ e non ‘midium’…vergogna)

  12. si! il contenuto viaggia di pari passo col medium. inutiel starequi a raccotarsi le storie se sia più o meno giusto o nobile, perchè il fatto rimane. Prova a scrivere come in un a lettera quando mandi una mail…e vedrai che non ci sta proprio bene; prova a mandare sms con le regole grammaticali di base e ti ritroverai as passare giornate a digitare coi polpastrelli; prova a leggere un articolo in stile giornalistico classico, da mezzo stampa per intenderci, in internet e troverai sbadigli. In televisione si parla forse come si parla in una aula universitaria? in tribunale si parla come in un bar? mha!

  13. No, cari Tizio, Caio e Sempronio (leggi Orco), non il contenuto va in rapporto al medium ma la forma, la forma. Il bello è proprio qui: garantire contenuti di qualità cercando, allo stesso tempo, di adeguare la forma al medium che trasmette informazione. E vero che anche il contenuto finisce per subire delle variazioni causa il medium, almeno nella misura in cui si valutino il pubblico cui ci si rivolge, i tempi di validità dell’informazione, ecc., ma sono altra cosa, altra questione. Qui si tratta invece della opportunità (o meno, perché no?) di affrontare la scrittura su internet con la consapevolezza di dover calibrare e adeguare il proprio stile a tempi e qualità della lettura a video e su web. Ciò, per esempio, porta con sé il fatto di scegliere di utilizzare metafore o similitudini al posto di descrizioni circostanziate (parlando per immagini), a limitare il più possibile la subordinazione, cercando di incalzare il lettore quasi con dei botta e risposta. Bisognerebbe forse partire dalla distinzione paratassi/ipotassi, per poi scendere, nello specifico, a trattare di singole consuetudini legate al dialogo in rete, di forme verbali usuali, dell’utilizzo (sorvegliato, per carità) di anglicismi che consentano maggior sintesi. Insomma, avete presente i lunghi discorsi di Cicerone e il tenore spezzato di Seneca? Scusate l’irriverente paragone, ma Seneca ha affidato buona parte del suo pensiero alle “Lettere a Lucilio”, utilizzando, appunto, uno stile epistolare (e perciò non ho potuto fare a meno di pensarci), colloquiale.
    E che dire allora della tendenza più recente, per sms e e-mail, che porta ad utilizzare la Kappa al posto di ch per riparmiare una lettera? Una volta l’uso della K manifestava intenzioni politiche (ricorderete le okkupazioni e cose simili), oggi è un tasto in meno da spingere (l’H). Anarchia (Anarkia?)grammaticale (per restare nell’ambito politico)? No, non credo, solo naturale evoluzione della lingua. L’importante rimane sempre capirsi. E credo che il dialogo in rete sia portato a svilupparsi in una direzione ben precisa, quasi per ideogrammi (scusate l’esagerazione). Intendo dire che nello scrivere si tendono ad usare sempre gli stessi verbi, gli stessi aggettivi, sempre lo stesso ordine rigido nella frase, quasi si tendesse ad un discorso che già visivamente appare impostato e di cui basti leggerne un aggettivo o il tempo del verbo per capirne il senso e passare oltre. Forse il nuovo stile è la “lettura a perdifiato” (il telefono costa, la stampa anche).

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