15 agosto 2025

Viaggi straordinari. Marco Scotini in Cina

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Nella rubrica Viaggi straordinari di exibart artisti e curatori raccontano esperienze fuori dal comune che li hanno portati a riflettere in modo inedito sul mondo e su se stessi. Una mappatura per vedere con occhi nuovi luoghi, ricerche, ispirazioni

marco scotini
Labrang. Ph Marco Scotini

Se la mia permanenza in Cina non fosse stata interrotta dalla pandemia, difficilmente avrei potuto parlare dei miei passaggi ad Oriente come di un unico, lungo, viaggio. Con inizio e fine, andata e ritorno, derive e approdi. Perché, di fatto, questo soggiorno cinese della durata di quattro anni è risultato un cumulo di spostamenti continui da sopra a sotto, da Ovest a Est, da Macao allo Shaanxi. Nonostante Pechino – nel flusso di questi stessi transiti – fosse rimasto sempre una sorta di ago della bussola a cui far capo per l’orientamento. E di una bussola, a certe latitudini, si ha proprio bisogno per non perdersi in quello spazio illimitato che chiamiamo Cina.

marco scotini
Ph Marco Scotini

Viaggiare non era altro, per me, che cercare vie di fuga da quei cliché con cui la Superpotenza asiatica veniva (e ancora viene) rappresentata dopo il miracolo economico e l’apertura all’Occidente. Per questo mi sono avvicinato sempre poco e malvolentieri a Shanghai dove le cene mi venivano offerte con affaccio sul distretto finanziario del Pudong, nella convinzione che mi avrebbe fatto piacere vedere quelle torri avveniristiche di marca occidentale quale segno della estrema crescita economica del paese.

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Labrang. Ph Marco Scotini

Al contrario, ai centri io preferivo le periferie dove trovare elementi di biodiversità era sempre possibile, luoghi in cui le ecologie del margine (naturali, psichiche, sociali) mettevano in forma altri spazi, altri tempi, altre storie localmente situate, fuori dalle narrative egemoniche occidentali. Stavo curando due Biennali (una dopo l’altra) e cercare un punto topografico di osservazione che non fosse quello privilegiato e sovrano del soggetto europeo era lo scopo principale di tutti questi viaggi. Per il momento sarebbe stato sufficiente accedere ad una particolare topografia in grado di relativizzare (nel tempo e nello spazio) il punto da dove stavo osservando, prima di rivendicare qualsiasi presa (concettuale o pragmatica) sull’oggetto osservato. Solo così, una volta che mi fossi situato da qualche parte, il contatto con un altro spazio sarebbe apparso possibile.

Ph Marco Scotini

Tra tutti i viaggi di quel periodo vorrei ricordarne uno in particolare. Un viaggio liberato da ogni apparente volontà di ricerca, nonostante sia poi risultato fondamentale per concepire una delle due mostre a cui stavo lavorando. Una sorta di mezzo senza un fine, dove il vero scopo del viaggio è quello di viaggiare. Era il 2018 e il calendario solare quell’anno vedeva sovrapposti i giorni della Pasqua occidentale con la festa orientale di Qingming, un’antica celebrazione della primavera in cui le famiglie cinesi fanno visita alle tombe degli antenati. Il MOCA Yinchuan sarebbe rimasto chiuso in quei giorni mentre io e il mio assistente avremmo potuto riscattare la vacanza pasquale. C’era qualcosa che ancora avrei potuto fare in quell’intervallo festivo? Delle tante province cinesi che avevo già esplorato ce n’era una piuttosto a cui non avevo mai potuto accedere: una provincia scomoda e recalcitrante con delle restrizioni significative di accesso dalla Cina. Da febbraio a fine marzo ne trovavo sempre chiusa la frontiera per la presenza in quei mesi di date politicamente sensibili: anniversari di rivolte e insorgenze a cui la Cina rispondeva con misure di sicurezza preventive. Il mio oggetto del desiderio, guarda caso proprio perché proibito, era il Tibet. Una regione da cui avrei tratto anche artisti per la Biennale a cui lavoravo.

Ph. Marco Scotini

L’unica soluzione intermedia che mi avrebbe potuto avvicinare a quella realtà si trovava però a un migliaio di chilometri di distanza dalla città di Yinchuan, nel Ninxia, dove mi trovavo. Il Monastero di Labrang è una vera e propria enclave tibetana nella provincia del Gansu. Con le dimensioni di una vera e propria cittadina e una popolazione tibetana, è uno dei monasteri più importanti dell’ordine dei Gelugpa o Berretti Gialli, fondato all’inizio del diciottesimo secolo e risparmiato dalla Rivoluzione Culturale. Mi trovavo nel Gobi Desert con una temperatura di trenta gradi e a poco più di mille metri sul livello del mare quando, con il mio assistente, abbiamo deciso di partire immediatamente per il Gansu. Abbiamo chiamato il nostro autista dal copricapo Hui, tipico della minoranza cinese musulmana stanziata tra il deserto e il Fiume Giallo, e ci siamo messi in cammino. Dopo diverse ore, Labrang ci ha accolto a 3000 metri di altezza, sotto una neve che continuava a cadere mentre la luce ci stava lasciando. Gli ultimi devoti sopravvissuti alla giornata, con abiti non cinesi, giravano attorno ad uno stupa bianco, mentre i corvi gracchiavano nel silenzio vuoto della sera. Le capre tibetane erano accovacciate alla base dei templi o alle soglie delle case e costituivano una parte ordinaria (così sembrava) dell’abitato.

Labrang. Ph Marco Scotini

Su tutto dominava un forte odore di burro di yak che pareva permeare ogni cosa, ogni persona, ogni elemento dell’atmosfera. Lo stesso odore che avremmo trovato nello yogurt la mattina presto, già pronti all’alba per seguire i rituali di questa singolare popolazione. Qui scoprivi che Labrang è una macchina che si muove attraverso un copione ancestrale e attivata da migliaia di devoti che girano senza tregua attorno alla città, ad ogni tempio, ad ogni simbolo. Scrivendo sempre con i propri passi un cerchio sacro. Il nome di questo rito magico buddista è circumambulazione. Abbiamo cominciato seguendo la kora lunga tre chilometri attorno all’intero monastero. Non solo si ruota ma si fanno girare anche le migliaia di ruote di preghiera che la costellano.

Labrang. Ph Marco Scotini

Si ruota attorno ad ogni singolo tempio dai tetti in rame dorato o dalle facciate coperte di tessuti su cui è ricamato il simbolo della Ruota del Dharma circondata da due gazzelle. Oppure ci si sdraia sul suolo per poi rialzarsi e prostrarsi di nuovo pancia terra. Migliaia di monaci dal mantello cremisi e il cappello giallo al suono di nam-myoho-renge-kyo aprono e leggono i foglietti che i fedeli hanno lasciato a terra nella Sala principale delle Assemblee. Un grande ritratto fotografico del Dalai Lama, che è assolutamente vietato esporre in Cina, fa la sua comparsa nella sala affrescata di un altro tempio. Tutto qui è paradossale se pensiamo che siamo ancora in Cina. Ma la Cina è proprio questo: paradossale. Lo diceva anche Victor Segalen che qui gli estremi coesistono. Siamo rimasti altri tre giorni con questa minoranza per poi tornare indietro da un’altra minoranza, quella Hui. Proprio a questi aspetti resistenti ho dedicato i quattro anni del mio viaggio. Alla ricerca di qualcosa che il maoismo, nonostante tutto, ha preservato e che neppure l’attuale paradossale capitalismo cinese ha intaccato.

Labrang. Ph Marco Scotini
Ph Marco Scotini

Chi è Marco Scotini

Direttore del Dipartimento di Arti Visive di NABA dal 2004, Marco Scotini dal 2025 è direttore artistico di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti (Milano, Roma, Londra). Fino al 2024 è stato direttore artistico di FM Centro Arte Contemporanea di Milano.

È direttore scientifico dell’Archivio Gianni Colombo, dell’Archivio Bert Theis, dell’Archivio Clemen Parrocchetti, dell’archivio Bruno di Bello, di quello di Laura Grisi e della Fondazione Nanni Balestrini. Dal 2014 è responsabile del programma espositivo del PAV- Parco Arte Vivente di Torino. È stato direttore artistico della 2nd Yinchuan Biennale nel 2018 e, dal 2019 al 2021, membro dell’Italian Council.

Ha curato mostre per le più importanti istituzioni artistiche nazionali ed internazionali, tra cui il padiglione albanese alla Biennale di Venezia (2015), tre edizioni della Biennale di Praga (2003, 2005, 2007), Anren Biennale (2017), seconda Yinchuan Biennale (2018), è ed è stato advisor per Bangkok Biennale (2020 -2022). Il suo progetto “Disobedience Archive” ha fatto parte della 17° Istanbul Biennale, della Timisoara Architecture Biennial (BETA 2022), della 60ma Biennale di Venezia “Stranieri Ovunque”(2024) e di Thessaloniki Biennale 2025.

Tra le sue mostre più importanti figurano Disobedience Archive, esposta dal 2005 al 2014, nei musei di diverse città del mondo, tra cui Van Abbemuseum di Eindhoven, SALT di Istanbul, Castello di Rivoli di Torino, Nottingham Contemporary, Raven Row di Londra, MIT di Boston, Kunsthal Charlottenburg di Copenhagen, Fundacion Proa di Buenos Aires (2025).  Ha curato inoltre L’Inarchiviabile / The Unarchivable. Italia anni 70 presentata a FM Centro per l’Arte Contemporanea di Milano nel 2016, Laura Grisi The Measuring of Time Susch Muzeum (2021), Il Soggetto Imprevisto (FM 2019) sugli archivi del femminismo italiano; The Missing Planet. Visioni e revisioni dei tempi sovietici, Museo Pecci, Prato 2019; Le Futur derriere nous, Villa Arson Nizza 2022; Il Cono d’Ombra: narrative decoloniali dell’Oltremare, Maschio Angioino, Napoli 2022; Mario Cresci: un esorcismo del tempo, Museo Maxxi, Roma 2023; Nanni Balestrini: Art as Political Action, Center for Italian Modern Art CIMA, New York 2024 e ha co-curato l’antologica Piero Gilardi. Nature Foverever (MAXXI 2017) e la retrospettiva Gianni Colombo al Castello di Rivoli (2009).

È autore di numerose pubblicazioni, saggi e testi critici tra cui ricordiamo “Politiche della Memoria: Documentario e Archivio” (DeriveApprodi, Roma 2014 e Archive Books, Berlino 2015), “Artecrazia: Macchine espositive e governo dei pubblici” (DeriveApprodi, Roma 2016 e 2021), “Utopian Display. Geopolitiche curatoriali” (Quodlibet, Milano, 2019). E’ direttore della collana Geoarchivi della casa editrice Meltemi, per cui ha pubblicato “L’Inarchiviabile. L’Archivio contro la Storia” 2022 e ha al suo attivo numerose monografie di artisti italiani e internazionali (tra cui Gianni Pettena, Ugo La Pietra, Deimantas Narkevicius, Laura Grisi, Mario Cresci). Scotini ha curato oltre duecento esposizioni.

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