30 agosto 2011

5 domande a Jannis Kounellis

 
In occasione del conferimento del Premio Cortonantiquaria 2011 di Cortona e della donazione alla città dell’opera Senza titolo 2011, Exibart propone cinque quesiti a Jannis Kounellis che riguardano il suo lavoro, l’attualità, e l’arte nei suoi ambiti più ampi...

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Questa mostra a Palazzo Vagnotti si aggiunge ad un numero di tuoi interventi che si sono succeduti nel 2011 e ti hanno portato, tra l’altro, in Cina e ti condurranno a settembre in Russia. Palazzo Vagnotti è conosciuto come sede della mostra del mobile antiquario: il contesto si presenta quindi come scenografia ed archivio della memoria, un luogo teatrale che penso sia particolarmente adatto al tuo lavoro. Come è nato questo progetto?

Prima di tutto ho una casa ed uno studio nel Cortonese al confine con l’Umbria, e da un po’ di tempo ci lavoro molto, ho sempre avuto amici a Cortona e poi ho un lavoro modulato negli anni capace di inserirsi anche in una mostra di antiquariato .

Scorrendo le pagine di cronaca culturale, si parla sempre più insistentemente di un “ritorno al reale”, o meglio di un Nuovo Realismo. A settembre si terrà un convegno incentrato su questo, con protagonisti della cultura occidentali quali Umberto Eco e John Searle. Lo stesso Gianni Vattimo, profeta del post-moderno, intervistato da Maurizio Ferraris su Repubblica, prende atto delle teorie del post-moderno e guarda al Nuovo Realismo con attenzione. Come hai avuto modo di dire in un nostro precedente dialogo, un “quintale di carbone è reale”, è un valore inamovibile. Ecco, come raccogli questo passaggio della storia che sembra riportare il “peso” come valore etico e sociale, anche davanti alla crisi dell’ “economia dei numeri” che ha condotto l’Occidente sul baratro?

Eventualmente c’è un realismo, non un neo realismo. Abbiamo un paese in un momento difficile ma era difficile anche quando Carlo Levi scrisse “Cristo si è fermato ad Eboli”. Bisogna  con i propri mezzi linguistici, non allontanarsi dalla gente ma invece cercare di essere presenti. E non si tratta di abbandonare un internazionalismo nel quale siamo cresciuti ma di essere critici verso una virtualità che ha distrutto l’analisi e l’idea del valore, per fortuna la poesia non è mai stata virtuale.

Ai Wei Wei è un altro argomento centrale del dibattito corrente nell’arte. Exibart ha più volte riportato gli aggiornamenti sulle vicissitudini dell’architetto cinese. Nel 2010 hai realizzato i tuoi primi lavori in Cina. Come hai vissuto questa lunga storia di Ai Wei Wei da dentro il sistema cinese? Hai incontrato forme di censura? Come valuti l’arte cinese contemporanea nel suo legame profondo con la tradizione?

Ho incontrato Ai Wei Wei a Beijing e penso che abbia un’ idea dello spazio che è molto vicina alla nostra ed anche la sua recente mostra alla Tate di Londra lo dimostra .  
La critica al governo è un’ attitudine tipicamente occidentale, nel caso di Ai Wei Wei è esercitata da un artista che così facendo indica la tendenza dell’arte moderna Cinese che si specchia nell’internazionalità, e dunque che  cerca il dialogo, io penso che questo sia un bene perché dimostra l’attaccamento e l’ amore per il  proprio paese  e sottolinea che la mitologia  del mercato, così tanto enfatizzata, non è tutto e l’idea della qualità dei rapporti umani lo dimostra .
Il sogno di superare l’ottusità, che cammina di pari passo con lo svilupparsi delle attitudini libertarie deve trovare prima di tutto una radicale impostazione nel lavoro. Gli artisti cinesi di oggi sono attratti dall’Occidente perché esso ha elaborato e formalizzato negli anni delle problematiche linguistiche e adesso che i confini sono aperti l’attrazione si fa sentire più forte ma, nel prossimo avvenire le tradizioni della Cina, profonde come un pozzo di 5000 anni, uscirano alla superficie e questo sarà un momento importante che ci regalerà dei lavori con una logica diversa .

La Russia sarà una grande nuova sfida per quella zona del mondo che s’indentifica storicamente con l’Eurasia. Quest’anno ricorre il cinquantenario della costruzione del muro di Berlino. Anche quella un’immagine forte, pesante, di inamovibile chiusura fortunatamente ormai cancellata visivamente, ha lasciato una ferita profonda nella cultura occidentale. Dal 1989 il vuoto più grave è forse proprio dovuto alla rinascita culturale ed economica russa mai completamente realizzata. Il legame tra la Russia e la Grecia evoca profondi valori di spiritualità. Come ti prepari a questa tua partecipazione alla Biennale di Mosca? Quali sono le chiavi per recuperare quella spiritualità che nell’arte occidentale sembra essersi dissolta?

Ho già fatto una mostra a Mosca nel 1991, una retrospettiva alla galleria Tretjakov organizzata dall’Italia e sono molto felice di tornarci per continuare il dialogo iniziato 20 anni fa e fare un nuovo lavoro nello spazio immenso di un’ex fabbrica di cioccolato. Questa mostra sarà poi ospite alla Biennale di Mosca.   Certo andare a Mosca non è come andare in  Cina; si tratta di una città europea di tradizione slava e Malevich è un campione di quella spiritualità cristiana orientale alla quale i minimalisti americani devono qualche cosa. La spiritualità nell’arte comunque è una costanza anche se ci sono delle tendenze politiche come la globalizzazione economica che la illuminano diversamente. Bisogna però sottolineare gli sforzi recenti della chiesa cattolica per recuperare un dialogo con l’arte contemporanea .

La bolla economica esplosa drammaticamente sta trascinando con sé le prospettive di sviluppo di un intero continente. Dagli Stati Uniti all’Europa, la crisi e le prospettive di depressione coinvolgono anche l’arte. Nella possibilità di riconvertire l’economia attuale dell’arte, che è purtroppo gravemente compromessa con il sistema dell’economia globale e industriale, come pensi si possa costruire una nuova economia che garantisca soprattutto la crescita culturale di un paese? Ci sono secondo te delle proposte che possono valere in particolar modo per l’Italia?

La borsa dell’arte nasce in America , addiritura qualche artista lavorava in Borsa, ma non è mai passato per la mente di un eremita considerare l’arte come una fonte speculativa.
Le problematiche fanno nascere le immagini e la lingua che le formalizza, l’economia in confronto è un problema secondario di fronte alla volontà di costruire un’icona incisiva .
L’Italia e la Germania si muovono sulla stessa frequenza ma sono dirette da borghesie molto diverse. La Germania in tempi lontani ha creato le prime strutture museali di arte contemporanea che hanno indovinato l’incisività culturale nascosta dentro un’ immagine dipinta, ma io voglio oggi fare l’elogio degli artisti italiani che pur agendo in una realità difficile hanno tenuto alto il gioco poetico,con vigore. Naturalmente io, insieme con qualche altri, navighiamo in quella barca, da un’ isola all’altra con la speranza di vedere più cose possibili per raccontare poi, con una lingua nuova, le immagini che abbiamo visto ed i tramonti ai quali abbiamo assistito .
 
a cura di angelo capasso

2 Commenti

  1. Domanda n.6 : Come mai Jannis Kounellis ha accettato l’invito e ha partecipato alla mostra/farsa allestita da Vittorio Sgarbi al Padiglione Italia della 54esima Biennale d’Arte di Venezia ?

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