06 agosto 2001

“dig.IT.alia”, proposte dal pianeta digitale

 
Inaugura il 7 agosto, a Reggio Calabria, “dig.IT.alia”. Un titolo che sembra un logo e un gruppo di artisti che ha sostituito alla tela lo schermo del computer.
Exibart incontra Gianluca Marziani, curatore della mostra, per parlare dell’Arte Digitale in Italia...

di

Otto artisti e un titolo-logo: puoi dirci qualcosa sulla mostra “dig.IT.alia”?
Ho voluto una piccola ricognizione tra i temi dominanti dell’arte digitale italiana. L’elenco nasce da un insieme di autori giovani che considero “sicuri” per potenzialità, coerenza e doti creative. Gli otto invitati si dividono in cinque nomi più noti e tre con cui collaboro per la prima volta. La fase più difficile riguarda la decisione di puntare su un artista. Metterlo per la prima volta in un progetto significa mettersi in gioco assieme a lui. Nasce qui la militanza di un critico che crea anziché seguire gli eventi. La diversità di proposte in mostra, infine, attraversa i temi principali del presente: dal corpo al paesaggio, dagli eventi relazionali alle visioni più introspettive o fantastiche.

Qualche cenno storico per comprendere l’arte digitale. Potresti indicarci chi (artisti e critici protagonisti) e dove (gallerie o altri spazi che hanno ospitato e supportato l’arte digitale), per tracciare l’esordio del quadro digitale?
L’arte digitale, come ogni forma espressiva, non nasce senza preavvisi storici. La sua evoluzione è il frutto di complessi rapporti tra la creatività e i mezzi tecnologici. Oggi, in concomitanza con lo sviluppo del personal computer, possiamo affermare che l’infanzia del mezzo è stata superata. Ci troviamo nella prima Matteo Basilè, Questa è la Storia, 2000adolescenza dell’arte digitale, in attesa di un futuro che darà risultati come nessun altro linguaggio. I caotici anni Ottanta, quando si parlva di computer come mezzo autoreferenziale, sono stati fondamentali per il passaggio al computer come mezzo formulativo.
In Italia sono stato il primo critico ad occuparsi di quadro digitale in modo organico e sistematico. Dalla mia prima mostra ho sempre seguito le evoluzioni dell’opera tecnologica ma anche gli influssi della tecnologia su linguaggi in apparenza “classici”. Tecnopittura (o pittura radicale), ad esempio, è un termine che ho coniato nel 1998 per definire un tipo di manualità che simula i meccanismi elettronici. Nel mio primo libro “N.Q.C. Arte Italiana e tecnologie: il Nuovo Quadro Contemporaneo” (Castelvecchi, 1998) parlo proprio delle diverse soluzioni che si presentano a chi usa gli strumenti digitali nell’arte. Con la galleria romana Mascherino abbiamo presentato alcuni tra i migliori artisti del panorama. Altri sono rappresentati da Il Ponte, sempre di Roma. A Milano ci sono Photology (attenta ai rapporti tra fotografia ed elettronica) e Marella Arte Contemporanea (sensibile all’evoluzione del quadro tecnologico). Lo Studio Ercolani di Bologna ha seguìto in questi anni l’intera scena digitale italiana. E poi ci sono altre gallerie sparse nel territorio, da B&D di Milano a Lipanjepuntin di Trieste, da Antonio Colombo a Milano ad Alberto Peola, Paolo Tonin e Guido Carbone di Torino…


“L’Arte Elettronica” (in corso di svolgimento a Ferrara, Palazzo dei Diamanti), mostra una ricognizione su trent’anni di azione/interazione tra arte e nuove tecnologie e si conclude con tre artisti (che esporranno anche a Reggio Calabria) della generazione più giovane: Basilé, Gianvenuti e Tubi. Puoi tracciare qualche linea guida per comprendere l’arte digitale in Italia?
Oggi l’Italia ha una proposta di primo livello. Alla poca organicità degli apparati economici si contrappone una scena stimolante che proprio nell’arte digitale evidenzia uno dei suoi migliori cardini. Roma è la città coi maggiori contributi in merito, da Basilé a Pareja, da Gianvenuti a Tubi, da Chiara a Tranquilli… Un consiglio per andare sulla giusta strada? State attenti alle facili immagini che invadono l’arte. Guardate bene la storia di un artista, i suoi riferimenti, la linearità delle fasi. E poi approfondite l’immagine, capendo se la sua costruzione può vivere oltre le dimensioni del tempo e dello spazio. Studiatene i contenuti, i valori etici, le relazioni tra forma e concetti. Talento, intuito e intelligenza sono ingredienti che fanno la differenza. Pochi artisti occuperanno il futuro, moltissimi si perderanno nella futilità del proprio agire. Su Internet ci sono diverse soluzioni in cui curiosare: tra le migliori zkm.de, diacenter.org, aec.at, whitney.org, moma.org… Occhio ai “siti creativi” di jodi, rhizome, ora-ïto, etoy, adbusters, hornsleth, 0100101110101101… Tra le riviste curiosate in modo onnivoro nelle pubblicazioni straniere: Crash, Purple, Ad!dict, Artbyte, aRude, Citizen K, Bt, Wired, Tank, Shift… In Italia vi consiglio i magazine Tema Celeste, Label, Activa, Kult, 2A+P, S:niz… Nel mio sito (www.gianlucamarziani.com) e nel mio ultimo libro (“Melting Pop”, Castelvecchi) ho raccolto informazioni di questo tipo (nel sito avete i vari link alle gallerie e agli eventi) e parlo in dettaglio di arte digitale e combinazioni tra linguaggi visivi.
Alessandro Gianvenuti
Geografia dell’arte digitale: il centro da cui proviene il maggior numero di contributi è sicuramente Roma. Questo tipo di contesto si può motivare?
I fatti concreti motivano la centralità di Roma in questo contesto. Capirlo è anche semplice. Pensiamo all’energia che la città ha instillato nelle ricerche pittoriche e in tutta la rivoluzione iconografica del Novecento. L’arte digitale nasce sul filo di una memoria che rimanda a Futurismo, Metafisica, Mario Schifano, Franco Angeli, Francesco Lo Savio… I migliori artisti digitali riflettono sul valore estetico che fonda una complessa trama etica. A differenza di chi usa il computer in modo prosciugato e algido, gli autori romani ne sfruttano il potere in termini pittorici. Qualcosa di impalpabile rende l’arte a Roma più fluida, impattante, muscolare nella costruzione formale. Senti il sangue che scorre nelle opere. Gli artisti romani stanno capendo che la storia si crea ogni giorno, soprattutto quando non ti accorgi di farla. Il pubblico si sta accorgendo del valore, i collezionisti crescono, le riviste pubblicano le loro immagini più di ogni altra tendenza, le aziende cercano progetti del genere…
Per finire, ricorderei che altri autori molto bravi agiscono fuori da Roma. Il fatto che la Capitale abbia un nucleo forte dialoga a perfezione coi satelliti creativi che spuntano da ogni parte. Collaboro con artisti di Trento, Udine, Milano, Siracusa, Firenze, San Benedetto del Tronto… siamo tutti lungo la stessa strada. E guidiamo alla stessa velocità.


In un recente articolo di introduzione alla mostra “L’Arte Elettronica” (pubblicato su Art e Dossier di luglio-agosto 2001) Silvia Bordini, parlando della generazione più giovane dei quadri digitali, ha scritto: “stampate con il plotter o in cibachrome le immagini tornano a collocarsi sulle pareti, immobili ed immodificabili icone, forse il segnale di un “ritorno all’ordine” ma anche una nuova sfida che recupera la dimensione classica del quadro attraversando sofisticati processi di trasformazione tecnologica”. Che ne pensi? Che futuro prevedi per l’arte digitale?
Penso che l’attenta Silvia Bordini stia sulla giusta strada e abbia letto il mio libro “N.Q.C.” (edito tre anni fa per Castelvecchi). Credo di aver anticipato molti quando dicevo che il futuro della tecnologia digitale implica una stretta relazione col quadro, con l’iconografia elaborata, col senso della misura estetica e il rispetto per la memoria storica. Non lo vedo come un ritorno all’ordine ma come una fusione morbida nel flusso dell’immagine contemporanea. Quando parlo di quadro non mi limito all’oggetto da appendere e allargo il discorso a quanto nasce con una “perimetrazione mentale” ben delineata. Questo significa che lo stesso video può diventare un quadro che rispetta una serie di regole e significati. Ce lo conferma di continuo Bill Viola e ce lo ricordano i bravi artisti digitali che usano la tecnologia come puro strumento. Una sola avvertenza: attenzione alla schiera di autori che nella freddezza asettica maschera una mancanza di concetti. Sono troppi i progetti senza Fasoli m&m, Spazio interattivo n. 73-72 gare Robespierre, 2001, pittura digitale su carta fotografica, cm 100x132personalità che si inerpicano tra microquestioni che non coinvolgono la gente. Se l’arte non comunica c’è qualcosa che non funziona.


Articoli correlati
L’arte Elettronica, metamorfosi e metafore

Maria Cristina Bastante



Barone Arte Contemporanea
via Demetrio Tripepi 95 89100 Reggio Calabria 0965324746
agosto – ottobre 2001
Artisti: Matteo Basilè, Fasoli m&m, Alessandro Gianvenuti, Stefano Marotta – Roberto Russo, Caterina Notte, Rafael Pareja, Giovanna Salis – Massimo Vitangeli, Giuseppe Tubi.


[exibart]

14 Commenti

  1. ….”Talento, intuito e intelligenza sono ingredienti che fanno la differenza. Pochi artisti occuperanno il futuro, moltissimi si perderanno nella futilità del proprio agire.”
    Credo che Exibart dovrebbe dare più risalto ad un’intervista come questa.
    Non conoscevo prima questo Signore, ma sono felice che esiste.
    La collaboratrice di Exibart, che ha diretto l’intervista, merita la prima BixMedaglia del sito.
    Il Caro Amico, invece, ha la mia più umile solidarietà.
    Ecco come dovrebbe intendersi l’arte.
    Ciao, Biz.

  2. L’arte è forma e concetto. Che sia sulla tela, sullo scherom teleisivo, sul computer, per terra, sul soffitto, in un atteggiamento performativo POCO CAMBIA

  3. Mi interessa molto la nuova scena digitale, mi sembra che ci siano delle grosse possibilità di ricerca. Non conosco bene gli artisti però quella mano tutta colorata di Gianvenuti mi sembra un pò “PESANTE”. Per il resto è sicuramente una occasione ottima per Reggio Calabria.

  4. Ho visitato la mostra da Barone Artecontemporanea mi è sembrata molto avanti con la mentalita’ reggina ma,spero che un giorno noi reggini possiamo arrivare a capire le vere bellezze dell’arte contemporanea…..

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui