04 dicembre 2003

exiwebart_interviste Luca Bertini intervista K-hello

 
Software inutili o invisibili. Per scrivere una sola parola con diecimila pagine web, o per cercare frasi criptate nel flusso informativo. Sono i progetti del collettivo di net-artisti K-hello.org. Intervistati dal collega Luca Bertini. Nuovi nerd o filosofi del software? Quando la programmazione si trasforma in puro pensiero...

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Chi o cosa è K-Hello?
www.k-hello.org è una piattaforma sperimentale gestita da un gruppo di tecnocreativi che propone progetti originali applicati ai nuovi media.

Un’innocente frase che si trasforma in una gigantografia web di se stessa. Con caratteri composti da centinaia di pagine web (WASTE of time). Sei “o” da cliccare all’infinito senza risultato visibile, se non quello di disvelare -in un processo che è solo mentale- immagini racchiuse nella natura stessa dell’HTML (the six o). Un software capace di individuare frasi criptate o presunte tali in pressochè tutte le pagine web esistenti (Cryptographever). Sembra che in tutti i vostri progetti il processo “dietro” l’opera ne destabilizzi sempre la percezione del “prima” o del “dopo”, dell’input o dell’output, ridisegnandone il senso. Che a colpo d’occhio apparirebbe minimo. E’ come installare software direttamente nella mente di chi osserva. Intendete questo quando dite “Software is a brain process”?k-hello
Il software è una convenzione tra chi lo produce e chi lo utilizza, il nostro obiettivo è farla traballare. Chi usa un word processor si aspetta di poter scrivere qualcosa e salvarlo in formato testo o in formato doc. Questo è solamente un accordo implicito tra chi produce il word processor e l’utente finale.
Con Waste of time, abbiamo creato un word processor in cui l’unico modo per salvare ciò che si scrive, è memorizzarlo in diecimila pagine web, solo apparentemente illeggibili. Il vero output di Waste of time non sono le pagine generate, ma è il sentimento di meraviglia e di spiazzamento che nasce nella mente dell’utente.
Con Cryptographever abbiamo invece voluto creare una visione differente di Internet. Siamo abituati ad aprire il sito di un giornale online e leggere un articolo. Questo testo potrebbe nascondere informazioni segrete, visibili con una opportuna combinazione di caratteri. Cryptographever, analizzando il testo originale, mostra un lato oscuro di questo potentissimo media, facendo nascere nella mente dell’utilizzatore un dubbio sul reale contenuto di qualsiasi documento. Questo dubbio è il vero output di Cryptographever. L’output dei nostri software è puramente mentale.

Cold Spaghetti, vostro ultimo progetto, gioca sull’ambiguità della propria stessa esistenza. Si parla dell’hacking “totale” della cartuccia di SuperMariok-hello (alla quale Cory Arcangel aveva lasciato “soltanto” le nuvole) e del complesso processo che combina i browser alternativi WebStalker e Shredder a browser che fanno il loro stesso opposto. L’effetto è un cortocircuito: un video di un minuto con uno sfondo blu statico e una pagina web assolutamente normale. Un output “banale” prodotto da meccanismi sofisticatissimi. Ma che probabilmente neanche esistono, alimentando l’assurdo. Come (non) è nato il progetto?
Ci siamo chiesti se può esistere “software art” senza software. Prendiamo, come esempio, un comune programma scientifico. L’utilizzatore dà un input e si aspetta un risultato, ossia qualcosa che necessita di essere calcolato, e che, quindi, si basa su un programma che elabora informazioni. Nel caso specifico della “software art”, il discorso è diverso in quanto il risultato è qualcosa di puramente estetico. In Cold spaghetti abbiamo costruito, tramite un programma di grafica, un video azzurro. Poi abbiamo affermato che il video è il risultato della modificazione del software di un videogame. Il risultato c’è ed è tangibile. Ed il software? Il software “gira” nella mente di chi legge. Questa è, a nostro parere, la vittoria della mente sulle macchine, la vittoria dell’idea sulla sua concreta implementazione. Tutto diventa intangibile e assolutamente cerebrale. Tempo liberato dal software e dedicato all’arte.

Net/Arte: Sono due realtà intrecciate fin dall’inizio o grazie all’una avete scoperto l’altra? Se si come?
Abbiamo scoperto la rete insieme alla filosofia della gratuità, della condivisione, dell’etica hacker, e dello slogan “do it yourself”

Il vostro computer è rotto. Gli amici sono inspiegabilmente tutti fuori città. Sono le 14:00. Che si fa tutto il giorno?
Un’occasione unica per un piatto di pasta caldo 😉

Quali artisti vi piacciono? C’è qualche gruppo o movimento che seguite in particolar modo?
Richard Stallman e Captain Crunch, il primo iniziatore e leader carismatico dell’open source, il secondo, in pieno periodo hippy, scoprì e divulgò che, utilizzando un fischietto dato in omaggio con la confezione di cereali da cui ha preso quello strano soprannome, era possibile raggiungere la frequenza necessaria per entrare nel sistema telefonico americano e quindi effettuare chiamate gratuitamente. Al numero uno Escher, con i suoi quadri senza fine. Per quanto riguarda i movimenti segnaliamo la scena demo (scene.org) e the5k.org, entrambi caratterizzati da produzioni fatte con limitate risorse unite ad un elevato spirito innovativo.

Sempre in Cold Spaghetti, vengono “evocati” i lavori di Cory Arcangel, I/O/D e Mark Napier. Tra gli artisti più longevi che operano con la rete. Qual è la vostra posizione sul recentemente discusso “stato di salute” dell’arte in rete?
Non mancano le energie, sia sotto forma di nuovi ed interessanti progetti digitali sia di siti che offrono recensioni giornaliere e notizie di tutto ciò che gravita intorno alla new media art (neural.it e random in Italia). Questa vitalità, diversificazione e spontaneità è, però, a nostro avviso, minata da alcuni famosi festival internazionali, che, tendono, sempre più spesso, ad indentificare la netart con pochi nomi, fornendo un’ immagine statica di un movimento che, al contrario, muta e cambia di continuo. Un altro punto a favore è la sua alta percentuale di indipendenza dal sistema arcaico dell’arte contemporanea, con i suoi circuiti chiusi, burocratici, lenti ed insostenibili. La rete libera l’arte, paradossalmente, intrappolandola.k-hello

Come vi confrontate con le potenziali mercificazioni dei vostri progetti? Sono stati tanti i dibattiti, le idee e le formule. Da lavori “affittati” a “lotti” di pixel in vendita. Insomma, siete tra quelli che hanno rinunciato a vendere bit o avete delle idee in proposito che stanno maturando?
Ci piacerebbe pagare l’affitto offrendo versioni personalizzate dei nostri prodotti, ma non dureremmo a lungo. La realtà è che ciò che abbiamo realizzato finora, non si presta ad una possibile vendita. Piuttosto dimostra che siamo capaci di creare in modo originale. Rimaniamo in attesa di qualunque tipo di proposta, seppur valga sempre il nostro slogan “the real business is when there is no business”.

Concludiamo con il nome: “K-Hello”. Perché?
Hello è un saluto molto diffuso, la lettera k rappresenta, nell’immaginario collettivo, l’idea di finta rivoluzione: “Ciao, benvenuto in una finta rivoluzione”. Infatti k-hello.org è virtuale, immateriale e non modifica nulla. Tranne, forse, il tipo di rapporto che abbiamo con le tecnologie: più sorridente, più consapevole, più attento, più libero, più appassionato, più responsabile. E, soprattutto, meno profittevole.

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luca bertini

[exibart]

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