14 maggio 2001

Performance VB48 di Vanessa Beecroft Genova, Palazzo Ducale

 
Le sale del Palazzo Ducale di Genova saranno artisticamente invase queesto pomeriggio da modelle di colore in una delle note performance di Vanessa Beecroft. Massimiliano Tonelli l'ha intervistata per Exibart...

di

In luglio sarà una delle tue ormai notissime performance a inaugurare il G8 a Genova. Che tipo di lavoro presenterai?
Una performance con trenta ragazze in una formazione ovale all’interno della Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale. Un monocromo che si ispira all’illuminazione del Caravaggio. Il resto e’ confidenziale.

Hai optato per le modelle, ma potevi scegliere anche i marines, che ultimamente caratterizzano le tue opere. C’è un motivo particolare per questa scelta?
La scelta della Navy Americana non è uno scherzo. Ho realizzato due progetti con l’autorizzazione della burocrazia militare e con un anno di lavoro ciascuno. L’ultimo progetto in programmazione per Napoli è stato cancellato dal Pentagono. Non si tratta di fiction, se c’è la Marina è perché il Dipartimento di Difesa mi ha autorizzata ad usarla. Se le ragazze sono nude è perché lo sono veramente senza essere professioniste. Inoltre i militari durante il G8 non avrebbero creato alcuna complicazione, mentre il lavoro interagisce con il VB48, Vanessa Beecroft, Genova, Palazzo Ducalecontesto in cui si trova in modo dialettico. Per i presidenti ci vogliono le ragazze.

Con questo nuovo lavoro torni a Genova, tua città natale. Che rapporto hai con la città? Torni spesso? Ormai sei a tutti gli effetti una newyorkese o prevedi un ritorno in Italia?
Non mi sento legata fisicamente a nessuna città del mondo. Sono nata a Genova, ma non sono cresciuta a Genova. Ho un rapporto con la cultura italiana e affettivo con la mia famiglia che incontro durante i viaggi di lavoro che mi riportano in Italia. Non sono newyorkese come non sono mai stata italiana; non ho un rapporto geografico con il mondo, ma virtuale e risiedo dove lavoro meglio.

La tua arte tende a svuotare di significato iperstrutturati sistemi di potere quali la moda o l’esercito. La performance a Genova aprirà i lavori del G8, quasi il massimo simbolo del potere polico ed economico mondiale. Una provocazione?
Le performance non hanno un riferimento alla moda, uso gli accessori di moda come elementi della composizione e per la loro fotogenia rispetto ad oggetti ordinari. Mi VB 36 Galerie für Zeitgenöessische Kunst Liepzig, Germany © 1998 Vanessa Beecroft Photo by: Vanessa Beecroftinteressa la provocazione, non come soggetto, ma come parte della forma, dentro la forma e destinata a provocare a lungo.

Prima della performance genovese inaugurerà la Biennale, quale sarà l’opera di Vanessa Becroft a Venezia?
A Venezia presenterò due progetti: uno con Harald Szeemann, The Sistser Project alle Artiglierie e uno alla Fondazione Peggy Guggenheim, VB47.
Il Sister Project è un Calendario che consiste di 12 stampe lunghe tre metri e mezzo ciascuna, che rappresentano i cambiamenti di stagione in un anno e degli umori di una donna. La modella di 15 anni mantiene la stessa posizione in tutte le foto mentre il suo incarnato, capelli, unghie e illuminazione cambia in ciascuna. Bianca e fredda in inverno; rosa e bella in primavera; abbronzata e stanca in estate, normale in autunno. Il riferimento per questo progetto è una donna tra Vanessa Redgrave, Twiggy e un marmo del Canova.
VB47 è una performance alla Fondazione Peggy Guggenheim, il 9 Giugno ispirata alla pittura di De Chirico, “Il ritorno di Ulisse”, 1968 dove un uomo rema in una barca all’interno di una stanza arredata. I dettagli sono ancora privati.
Lavorerò probabilmente con i designers inglesi Philip Tracy e Alexander Mc Queen per il guardaroba di questo lavoro e con modelle yugoslave.
Vanessa Beecrof, Sister Project, Roma CAC
Cosa farai nei prossimi mesi? Anticipaci qualcosa dei tuoi prossimi impegni.
VB47, Venezia; VB48, Genova; VB49, l’Opera di Parigi; VB50, Saint John’s Divine in New York; VB51, San Paulo, Brazil; VB52, Museo Rufino Tamayo, Mexico City; VB53, Moscow, Russia…e il 30 Settembre faro’un figlio.

intervista a cura di Massimiliano Tonelli

dida prima foto:
VB 43 Gagosian Gallery London, UK Photo by: Todd Eberle © 2000 Vanessa Beecroft

[exibart]



43 Commenti

  1. seguo costantemente le benemerite vostre recensioni d’arte e non vi ho ancora scritto ma questa volta non mi posso tirare indietro perchè il tema è troppo importante.Dunque nel Palazzo Ducale si consumerà in quella cornice e di fronte ai grandi del mondo tale clamoroso evento artistico. Come contribuente italiano, architetto ho il dovere di esprimere tutto il mio disappunto.Noto che in queste ormai rituali occasioni non si fanno piu’ concorsi non si restaura o si costruisce nulla a ricordo dell’avvenimento ma si procede nell’effimero piu’costoso.Ma il discorso a giustificazione dell’operato dell’ottima Vanessa Beecroft si deve ampliare all’orizzonte piu’ vasto della contemporanea critica d’arte che veicola idee quanto mai obsolete che valide per le avanguardie operanti dal 1912 in poi risultano ora di difficile assimilazione.E’ questa l’arte che lascieremo a nostra futura memoria? Quali sono le qualità professionali di questi artisti contemporanei?Almenoché come diceva il grande scultore italiano Fausto Melotti, prima dello scoppio della prima atomica, il mondo è finito”lasciatemi divertire”.
    Non mi resta a questo punto che la curiosità di sapere chi è il committente dell’opera e fare i migliori di “divertimento” ai Presidenti guardoni che interverranno all’avvenimento epocale.Adriano architetto.

  2. Caro Architetto,

    se l’organizzazione del G8 avesse voluto allietare gli istinti masturbatori dei Presidenti avrebbe provveduto a fornire le loro camere di suntuoso albergo di canonici televisori multiparabolati. Non crede?
    Mi chiedo: conosce il lavoro dell’artista? ha idea di che cosa parla o sputasentenze a casaccio? lo sa che si tratta in questo momento di ciò che di meglio l’italica creatività abbia prodotto?
    Qualche mese fa, in austria (incivili? trogloditi?) hanno chiamato proprio lei ad inaugurare il nuovo centro d’arte contemporanea di Vienna. Genova è da meno? Era meglio un nuovo monumentino? Un giardinetto? Una supestrada? Una stazione della metro? Accogliere i Presidenti con una performance della maggiore nostra aritsta è davvero troppo per il nostro provincialismo…?

  3. Fammi capire, sei indignato perchè non si spendono soldi per costruire uno dei tanti orribili monumenti commemorativi che costellano le nostre città? Un monumento o un edificio per ricordare il G8???? ma scherziamo?
    L’arte contemporanea grazie a Dio è fatta anche di eventi meravigliosamente effimeri e le performance della beecroft sono frutto di un lavoro profondo e di enorme portata simbolica per la contemporaneità. Cosa vorresti che lasciassimo ai posteri? una statua ad uso e consumo dei piccioni?

  4. Se da un lato ho piacere nel vedere che sia stata scelta una performance per una celebrazione ufficiale mi chiedo con sgomento che valore abbia un’opera d’arte presentata un un palazzo blindato, per lo sguardo esclusivo delle telecamere dei servizi segreti internazionali, in una citta blindata, murata, assediata?! Forse gli elicotteri della polizia che svolazzeranno nei cieli genovesi ed i mitra dei polizziotti in assetto di guerra guasteranno l’atmosfera? A chi sara’ accessibile la performance se in citta’ nessuno sara’ libero nemmeno di muoversi senza un “Pass”? E’ questo il destino dell’arte? Come dire: da “Aperto” due anni fa a Venezia a “Blindato” oggi a Genova? Scusate ma io non ci sto.

  5. Lasciamo l’arte a chi sa apprezzarla e non alla Politica.L’arte è troppo pura per essere contaminata da chi ha solo voglia di Globalizzazione…L’economia è giusto che rimanga ASSOLUTAMENTE FUORI!

  6. Chiedo a Franca di spiegare l’enorme portata simbolica dei lavori di Vanessa Beecroft, perché, chiedo perdono, io non la intuisco. Non ho capito anche il concetto di provocazione come parte della forma, dentro la forma destinata a provocare a lungo riferita al suo lavoro. Picasso, quando un ufficiale tedesco gli aveva chiesto “perché ha fatto Guernica?”, gli aveva risposto “Guernica non l’ho fatta io, l’avete fatta voi” ecco, sono rimasta a questo tipo di provocazione. Vi prego aiutatemi a capire, la mia non è provocazione, ma è proprio desiderio di sapere.

  7. Anna, ma cosa vuoi di più da un’artista che ti mette in piedi uno sberleffo critico e sprezzante (da dentro) verso i sistemi più strutturati della nostra società (l’esercito, lo star system…e andrà avanti con la politica, magari, o chissà con cos’altro) e nello stesso tempo di restituisce una pseudo-purezza formale, un’asetticità inquinata con superbe citazioni caravaggesche?
    Vanessa Beecroft è il massimo che la creatività italiana ha partorino negli ultimi 10 anni.

  8. Caro Kafiero, ma allora quelli che vedranno la sua esibizione sono masochisti: se sanno di essere sberleffati perché l’hanno voluta? O come dice Silvio Saura, se ho capito bene, invece di destrutturare questi establishements (moda, esercito,multinazionali)forse li omaggia? Per dar fastidio, poteva scendere giù in vico Macellari, o in via San Bernardo e portare dentro palazzo Ducale una decina di giovani, poi quattro o cinque spacciatori marocchini, una decina di ragazze nigeriane con Kapò, un banchetto di ameni ninnoli di via Pré, cinque o sei frequentatori abituali di Scià Maria, (una vecchia trattoria popolare genovese)e pagarli tutti molto bene a spese degli ospiti delle nazioni. Oppure poteva dire “No, grazie, a voi non dedico proprio un bel niente, perché siete niente, tra cent’anni i vostri nomi non si sapranno più, il mio sì” fargli un bello sberleffo, come quelli dei bambini, e andare via. O ancora dare a tutti una cazzuola in mano e dire loro: “Costruitevelo voi il vostro monumento, che io ho altro da fare, voglio andarmi a rivedere un po’ l’Antelami in San Lorenzo, e fare due schizzi.” Ecco non ho ancora capito bene quel provocare “dentro”: è lei che mentre fa un allestimento pensa dentro di sé pensieri provocatori? E’ questo che dici Kafiero? O che mentre chiede in affitto i militari della Navy in quel momento li sta usando, cioè lei si identifica con l’Arte e usa il Potere? Mi esprimo male, scusa, ma sto crecando di capire. Ti ringrazio per avermi risposto e se vorrai rispondermi ancora. Ciao

  9. Grande Anna! Hai centrato esattamente la questione: quest’arte puzza troppo di ruffianeria, ed ha il colore servile di chi si preoccupa solo di “vendere”.
    Mi piacerebbe rimpiazzare la Beecroft-performance con le proposte di Anna sicuramente piu’ audaci!
    Comunque consiglio a tutti di visitare la mostra sul tema della globalizzazione che si inaugura il 23 giugno al museo di Arte Contemporanea di Villa Croce a GE, luogo autorevole e accessibile (nonostante l’assedio pro G8). Ritengo che gli artisti che vi esporranno abbiano argomenti un po’ piu’ solidi e profondi per “sbeffeggiare” i padroni del mondo. Ciao a tutti.

  10. Grazie Claudia per il tuo apprezzamento, che però non merito, perché é stato Silvio Saura, con la sua riflessione -commento all’intervista del direttore di Arte e Critica a suggerirmi (però, se vuoi, leggi tutto quello che dice, peché posso aver frainteso, per esempio il finale non lo condivido). Sto solo cercando di capire, perché per anni ho deliberatamente ignorato questo tipo di espressione artistica, essendo abituata e trovandomi di più con le “vecchie” pittura e scultura. Ora però grazie anche questo importante mezzo che riesce a farmici avvicinare ho deciso di essere più umile e appropriarmi delle categorie necessarie alla sua comprensione. Può darsi che poi la penserò come prima, però il mio è un sincero tentativo.
    A proposito sai dirmi quali artisti esporranno a Villa Croce, mi interessa molto.
    Un bel Saluto e chissà che non ci vediamo a Genova

  11. Per esempio, a proprosito del “monumentino”, se avessero chiamato Kiki Smith (per restare in ambito americano, anche se qui ce ne sono di buoni scultori), non credo che sarebbe stato tanto orribile: magari ci hanno provato, chissà, e forse lei ha detto: Nein!
    Certo se poi deve fare la fine della statua di Mirò a Milano, abbandonata alle minzioni e defecazioni canine o usata come deposito catenacci, è colpa delle amministrazioni che non hanno rispetto e aspettano occasioni come questa per intervenire, se lo fanno.
    Massimiliano Tonelli aiutami tu, vorrei capirlo davvero il lavoro di Vanessa Beecroft e vorrei arrivarci da chi l’apprezza (almeno mi sembra che tu ci veda del buono), perché penso sia la maniera più obiettiva. Poi mi impegno a non sproloquiare più.

  12. Anna, le tue perplessità sono di ordine estetico o di ordine concettuale rispetto al lavoro di vanessa?
    A mio avviso le opere sono ‘forti’ (non nel senso di scandalistiche ma nel senso di grande valenza e peso culturale e anche sociale, antropologico) sotto entrambi i punti di vista.
    Rispondimi alla prima domanda poi magari, con l’aiuto degli altri, andiamo avanti.

  13. Caro Massimiliano, grazie della tua disponibilità!
    Non so se sono perplessità le mie, non capisco proprio dove vuole arrivare, cosa vuole comunicare e come lo fa; però facendo questo mestiere le sue intenzioni sono proprio quelle di arrivare a dire, per questo vorrei capire, anche se sembra una cosa cervellotica da parte mia (come, non ti dice niente, e allora che vuoi?)
    Perciò sono tutti e due gli aspetti che mi mancano.
    In che modo destruttura il mondo della moda, dell’esercito?
    Cos’è la provocazione “dentro”?
    Cosa c’entra Caravaggio, per esempio.
    Quali sono i riferimenti estetici e concettuali da lei portati avanti?
    I suoi disegni cosa vogliono rappresentare?
    Fa conto che io debba fare un tema, o una tesina e debba parlare di qualcosa che non conosco proprio e chiedo aiuto a chi mi può dare dei riferimenti. ( non è vero che la devo fare, però non si sa mai, a qualcuno potrebbe servire)
    Grazie ancora e ciao a tutti.

  14. Vanessa prende delle modelle, le usa come elementi di composizione per creare un elemento installativo e performativo di valenza estetica, dunque BELLO nel senso seicentesco del termine.
    Poi ci sono le mille contrapposizioni, paradossi, contrappassi, paragoni con il parallelo mondo della moda.
    Le modelle, solitamente dei manichini che indossano dei costosissimi capi, vengono presentate nude, dunque inutili. Hanno indosso solo degli eccessori di moda, funzionali alla riuscita estetica – di cui sopra – dl lavoro.
    Durante la performance le modelle sono ferme, confinate in un posto. Se loro di solito sfilano davanti a delle persone, nelle installazioni della Beecroft sono le persone che durante la performance sfilano davanti a delle inutili modelle nude.
    I corpi statuari, resi quasi finti dalle immagini del fashon, sono costretti per ore in scarpette impossibili, obbligati in pose scomodissime e dolorose.
    L’installazione dunque si fa mobile, intaccata dalla stanchezza, dalla noia, dalla disperazione di alcune. Le ragazze iniziano a muoversi, assumere delle posizioni improbabili, formare ogni secondo una diversa composizione.
    Questa solo una veloce interpretazione su un’arte, quella di Vanessa, sulla quale tanto si è scritto e tanto si scrivera. L’arte contemporanea lascia spazio a decine di connotazioni possibili, ognuna di queste porta con se altrettante denotazioni: menomale.

  15. Merci bien, Monsieur Tonelli! Ringrazio ancora della generosità per aver risposto a questa rompiscatole, anche se nella risposta sei stato un po’ avarino. Ma immagino quant’è denso di lavoro il tuo tempo e quanto di passione, perciò vorrei chiedere a Madame Beecroft di dedicarti un’opera, perché te la meriti proprio. Spero che legga questo messaggio e che lo realizzi. Un saluto

  16. Giovanni non ho capito cos’hai detto, cos’è Campus, chi è pelata? Se “pelata” invece equivale a salasso, allora io intendevo invitare Beecroft a dedicare, come facevano ancora gli artisti ai critici o agli amici o insomma a chi reputavano lo meritasse, un dono, un regalo. Su, Madame Beecroft, non sia né genovese né londinese, per una volta!
    Scusa Massimiliano, avevo promesso di non sproloquiare più, ma questa messaggio m’ha incuriosito. Ora però taccio davvero.

  17. Cara Anna,
    Giovanni di cagliari probabilmente allude al servizio che il mensile Campus ha dedicato ad exibart. L’articolo è aperto da una mia foto che, pur evidenziando tutta la mia beltà (!), non nasconde una leggerissima e sexy calvizie!!! Ecco spiegato l’arcano: Giovanni auspica che l’eventuale opera di Vanessa (speriamo che non ci legga invece) non ‘inquadri’ la ‘pelata’…ciao.
    ps. magari compra in edicola CAMPUS cosi capsci ancor meglio.

  18. Caro Massimiliano, avrai ben capito che sono una che promette, promette, ma non mantiene.
    Solo per dire: MMM, che bel tipino! Beata Valentina!
    Comunque, ritornando a Madame Vanessa, solo per i tuoi occhi, dovrebbe proprio fare quel che ho detto. Perché speri che non legga?

  19. Incredibile ma vero: la Rai intervista Vanessa Beecroft, mostra una sua performance ispirata al lavoro di De Chirico e dedica poco più di un flash back alla splendida performance di Francesco Vezzoli alla Biennale. Tutto ciò è accaduto ieri notte, su Rai 2: nel flusso di immagini e parole dedicato a film, registi e piccole star del cinema erotico e porno. Il titolo della trasmissione? Stracult. Quasi una pubblicità subliminale per l’arte contemporanea.

  20. Ho idea che questo STRACULT diventerà presto uno dei programmi più seguiti della TV….mi sono piaciuti molto i flash sull’arte contemporanea….certo che Cattelan che alza la gonna del Papa per vedergli le mutande…di dubbio gusto…(sto parlando della nona ora of course…).

  21. Che arte è questa?
    Dove si porta e, dove accompagna la gente?
    E’ fatta per la gente o, si dimentica della gente?
    forse è fatta solo per i “grandi”,
    forse non è arte,
    forse è arte, ma chi la propone effettivamente non è artista.

  22. Dividendo, l’arte sciopera e guadagna il mercato, con la moltiplicazione delle mode e la frazione degli artisti.

  23. Riporto qui uno stralcio di un articolo trovato su un sito del G8 a Genova:

    ” Trenta modelle di colore ( ahh, la beecroft mi ha copiato!) per parlare di globalizzazione col linguaggio dell’arte… Una luce “caravaggesca” sancirà l’unione ideale tra i corpi seminudi (scarpe trasparenti, perizoma e striscia di tessuto sui seni) e lo spazio ricco di storia e suggestioni del Salone…
    Le modelle saranno dipinte di nero e avranno acconciature maschili afrikaans, per accentuare la loro appartenenza etnica.”

    Si dice inoltre che probabilmente sarà un’esibizione aperta al pubblico, anche senza aver l’invito (ma è sempre meglio verificare a Palazzo Ducale).

    In un altro articolo si accenna anche al costo della performance, ma non volgio riferirlo perché sennò sembro troppo ligure.
    Comunque resto ancora dell’opinione che Caravaggio non c’entri nulla, nonostante le autoattribuzioni dell’allestitrice…
    Eta Beta mi sei molto simpatico, ma ogni tanto sei criptico! Ti darò un pizzicotto!

  24. Anna ha posto ripetutamente questioni fondamentali, ma è molto umile, educata, e lo ha fatto velatamente.. dire “non ho capito” è sempre difficile.. Ma insomma, consideriamo bene qualche elemento grossolano della faccenda, invece di perdersi nelle tante – troppe – sottili interpretazioni: la Beecroft vuole provocare e a chi chiede il permesso? Alla marina americana, il braccio armato della superpotenza mondiale! Quale provocazione antisistema può chiedere al sistema stesso la concessione a manifestarsi?! È come se gli hackers dicessero toc-toc prima di infiltrarsi negli archivi della NATO! Ma per piacere… E viene a provocare sulla globalizzazione a Genova, con un lavoro che più “globalese” non si può, vivendo globalizzata, facendo un figlio globalizzato… Se la globalizzazione vince, la colpa è proprio di chi la sfrutta fingendo di contestarla ed essendone invece un ingranaggio consapevole.

  25. Io credo che la performance per il G8 rappresenti uno dei momenti più alti dell’arte di Vanessa. Ognuno può dire ciò che vuole: per me si tratta di una provocazione bella e buona fatta dalla parte giusta della barricata, cioé dentro il sistema. Un intervento che mi fa ricredere sulla qualità dell’artista. Non avevo capito nulla: Vanessa è un genio moderno.

  26. queste modelle di colore, nella sala del Gran Consiglio di quella che fu una grande capitale del mondo, mi fa ripensare a Genova La Superba, ai suoi traffici, ai suoi grandiosi commerci, alle sue colonie, alla sua formidabile potenza economica.

  27. il caro amico Alkuoneus ha ragione. troopo comodo. Ho visto anche i giapponesi incazzarsi alla biennale contro McDonald’s….chiedendo loro il permesso per utilizzare il marchio come protesta! modaiola sta cosa ahn?

  28. E sì, anche a me sembra troppo comodo. Penso che sia una finta protesta: alla fine verrà lautamente pagata proprio da quei grandi (addirittura grandi?!). Non credo alla protesta fatta “da dentro”; penso piuttosto a una ricerca di notorietà che la politica può darle (ulteriormente, come se ne avesse bisogno) in tutto il mondo.
    E’ sempre difficile dire che cosa sia l’arte; Argan diceva: “è arte la storia dell’arte”, ma forse tralsciava il contemporaneo – pure il suo contemporaneo.
    Gli hacker entrano e basta nelle banche dati, senza chiedere permessi; la Beecroft li ha eccome i permessi. E poi le sue performance non mi sembrano così sovversive.
    E’ dura fare i ricercatori nell’arte contemporanea. E ancora più duro è il sapersi rinnovare senza adagiarsi su cliché ormai già testati, entrati nella memoria collettiva e, oggi, più rassicuranti che mai.

  29. Per carità, le vostre sono valide argomentazioni. Vedete, a mio parere il fatto che Vanessa abbia fatto questa cosa dentro il perimetro della fantomatica linea, il fatto che sia riuscita a farsi magari anche pagare per questa performance e quant’altro, sono fattori che depongono a favore dell’artista. Ci sono vari modi per fare provocazione. Bene gli hacker e le tute bianche della non violenza, ma voi rischiate così di fare passare Vanessa come strumentalizzata dal potere. Siete proprio certi che sia così? Riguardo poi al fatto che il nome della Beecroft sia sulla bocca di tutti… mah: per me ce n’è ancora di strada da fare per far sì che l’arte contemporanea in Italia entri a far parte degli interessi comuni degli italiani. Però vi dirò pure che questa vicenda mi fa parecchio riflettere. Se ho ragione io allora Vanessa ha fallito, perché neppure gente come voi condivide la mia idea. L’alternativa è che abbiate ragione voi, e allora… abbasso Vanessa. Io spero che il tempo mi dia ragione, spero che Vanessa, con i suoi prossimi progetti, sappia far ricredere gli scettici (come mi sono ricreduto io nel caso presente)sul significato e la portata della performance per il G8, costringendoli a rivedere certe posizioni e rileggere la sua opera. Io aspetto.

  30. Veramente chi deve finire di pagare la performance (metà dell’importo è già stato versato) è il Comune di Genova,(poi non so se con finanziamenti dei superpotenti ospiti), in senso lato quindi i cittadini genovesi( e poi dicono che sono pignesecche, poverini): in teoria, allora, cade la fantomatica ed enigmatica “provocazione da dentro” decantata dal “genio” Beecroft. Ma non è solo questo il punto: come dice Silvio Saura è cosa ardua definire il concetto di arte: come ha detto la sua Direttrice l’arte potrebbe esser vista dappertutto, anche in bicchiere (in effetti ci sono certi bicchieri dei primi anni del ‘900 che sono piccoli gioielli, i bicchieri impolverati di Morandi sono un altro esempio, oppure ci può essere un artista che saprebbe rendere poetici, dare significato artistico anche ai contenitori in plastica o moplen consunti dei detersivi): le vie dell’arte sono infinite. Finiscono invece quando subentra la ripetizione e la ripetizione non sa essere gestita. E’ vero che uno scrittore scrive sempre lo stesso libro, un pittore dipinge sempre lo stesso quadro, ma l’attuazione porta a nuove sfumature, progredisce, crea un rinnovamento interno, che per forza di cose si nota nelle opere, e da lì altri vanno avanti.
    Mi sembra proprio che a forza di “destrutturare” questi grandi sistemi, se era sincera prima, la Beecroft ne abbia talmente assorbito i meccanismi, da esserne divorata, da arrivare a comportarsi lei come il sistema che dice di demolire, e il risultato è invece la destrutturazione dell’arte, che viene svuotata di significato, diventa corredo, coreografia, ben costruita come sanno fare in America. Il linguaggio artistico è globale da quando un uomo preistorico ha dipinto un bisonte sulla roccia, però ora c’è il rischio della “globalizzazione” dell’arte. Silvio Saura che ne pensa?
    un saluto

  31. la sua operazione benedice gli spazi e gli eventi e offende chi crede nel mondo di nuova eta’!!
    donne e marines perche no!”!! basta il protagonismo e il presenzialismo a dare un marchio!!
    senza paghe niente idee ma solo riciclo di mostruosita’!!!
    fate attenzione, la beecroft per il g8 non fara notizia anzi profondera nel silenzio!!
    la vera operazione e quella delle tute bianche & co.
    peccato pero’ che loro facciano notizia e non ci guadagnino niente !

  32. Infilo qui un “annuncio” di Anna Lavagnino che credo sia bene conoscere nel contesto della discussione.
    La Sfera di Renzo Piano
    La sfera, che sta lentamente prendendo forma nell’area del Porto Antico genovese, a metà di Ponte Spinola e di fronte all’Acquario, avrà un diametro di sedici metri, duecento metri quadri di superficie espositiva e sarà alta 17 metri e mezzo sul livello del mare.
    Sarà composta di trapezi ricurvi di vetro extra white dotati di “palpebre” intelligenti per proteggere felci e farfalle dalle radiazioni solari e mantenere all’interno una temperatura costante. Vi si accederà dalla banchina e vi si potranno ammirare da vicino un migliaio di farfalle che voleranno in libertà in una foresta di felci pregiate fornite dall’Orto Botanico di Genova.
    Tutto questo dopo il G8, in occasione del quale è previsto un allestimento ad hoc ancora in fase di studio.

  33. Penso che Anna abbia ragione. Che l’arte possa essere “dAPERTutto” (vedi Biennale ’99) ce lo ha insegnato Duchamp il secolo scorso. E così ha legittimato tutto quanto è venuto dopo (pure qualche castroneria).
    A mio avviso, il fatto è che oggi alcune ricerche siano più nell’ambito dell'”immagine”. Intendo dire che la comunicativa di certi lavori è raggiunta solo quando vengono pubblicati, stampati. Penso, per esempio, a Matteo Basilé: funziona sulle riviste, quando diventa, appunto, “immagine” (nel suo caso è proprio un lavoro da grafico, quale è); dal vivo (a me) restituiscono ben poco.
    Pensando alle contestazioni, torno con la mente per un attimo a Fluxus – sempre attuale viste le mostre di Plessi a Venezia, Video Arte a Ferrara, Name June Paik a Bilbao, Viola in Biennale. Il movimento contestava la comunicazione di massa – allora agli albori – con i suoi stessi simboli. E dalla consapevolezza polemica ha trovato una strada autonoma nella ricerca formale.
    L’arte (più o meno) è globale da sempre. Quella vera esce da confini territoriali e temporali. La globalizzazione, coinvolge l’umanità in toto, e l’arte di conseguenza.
    Per quanto riguarda il nostro terreno, credo ciò appiattisca e uniformi le ricerche artistiche che perdono di identità.
    Prendiamo coscienza della nostra identità solo quando ci confrontiamo col diverso; ma se questo diverso non esiste più allora ci possiamo anche trovare spaesati.

  34. Caro Silvio citazion-Saura,
    L’arte è dappertutto?….. mmmmmmm… questa l’ho già sentita….
    Ah, già. Ora ricordo.
    Certe cose non si dimenticano.
    Che l’arte sia globalizzazione da sempre, invece, mi è nuova. E anche io conosco Duchamp.
    Egli intendeva un’altra cosa, per chi lo capisce, ovviamente.
    Ciao, Biz.

  35. Caro Biz,
    questa volta è colpa mia, non di Saura, che ha ripetuto una mia espressione,: quel “globale” riferito all’arte, vuol dire universale, immediata, leggibile proprio perché “Langue”, desaussurianamente intesa, al di sopra della parola, dello spazio e del tempo. Saura voleva forse farsi capire da me, che ponevo la differenza tra globale e globalizzato, riferito al contesto attuale. Perdono. Spero adesso di non aver ulteriormente confuso le acque, per la mia mancanza di chiarezza.
    E.A.Po dice giusto quanto alla strada che ancora c’è da fare perché il mondo dell’arte sia conosciuto da tutti (e non so se sia il suo vero scopo). Vanessa Beecroft e altri hanno il merito di tentare questa strada, facendo anche parlare di sé: bisogna appunto vedere che tipo di “arte” conduce, qual è quella che passerà e quella che verrà soffocata, annullata: in questo senso parlavo di globalizzazione dell’arte. E’ una mia piccola paura.

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