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Whatsapp lo usate un po’ tutti. Per la verità il suo ruolo è marginale in questa storia, alias nuova personale di Tomàs Saraceno (San Miguel de Tucumàn, 1973), ma sintomo di come certi comportamenti apparentemente banali – e “messaggiarsi” è sicuramente uno di questi – siano in realtà frutto di intuizioni tutt’altro che insignificanti, nel loro piccolo capaci di determinare opportunità oggettive, cambiando il corso degli eventi con la sequenzialità di un tipico effetto farfalla. «Un giorno Tomàs mi scrive su whatsapp e mi chiede “sai niente di Sant’Ilario, della Stazione Solare?”» ci racconta Antonella Berruti. Colta un po’ di sorpresa la co-comandante di Pinksummer, assieme all’inseparabile metà Francesca Pennone, è voluta andare a fondo della questione visitando quel che resta di quella Stazione, sito-rudere in cui un tempo si sperimentava con profitto la produzione di energia elettrica basata sul calore della luce solare.
Com’è andata a finire è scritto in Albedo, una personale indiscutibilmente alla Saraceno, dove l’artista argentino agisce registrando ed intrecciando tre polarità diverse: riflessione formale contemporanea, trattazione di un tema attuale come quello delle energie rinnovabili e passato storico di una Genova che, tra gli anni Sessanta e Settanta, era ben predisposta a far da scenario per una storia di pionierismo all’italiana. Per correttezza va aggiunto che anche l’epilogo è piuttosto all’italiana, con quel fiore all’occhiello pressoché caduto nel dimenticatoio – salvo sporadiche riapparizioni ufficiali, vedi Festival della Scienza – assieme alla memoria di Giovanni Francia, l’uomo che l’ha reso possibile, un emigrato post mortem se si pensa che «Il suo sistema, ovviamente aggiornato, è ancora utilizzato in America» come afferma Berruti. Ma l’Italia s’è fin troppo abituata all’essere terra del “nemo propheta in patria”.
Tomàs Saraceno – Albedo – installation view – courtesy Pinksummer – photo Alice Moschin
A riportare alla luce la vicenda ci voleva il “meta-artista” Saraceno, abituato a percorrere i sentieri dell’arte contemporanea seguendo le vie traverse della ricerca scientifica e della visionarietà. Come in questo caso, con Berruti che descrive la personale come “Un dialogo di Saraceno con Francia, un matematico”, e con la galleria trasformata in uno spazio dove l’azione dell’artista è consapevole propaggine dell’epopea di Francia, di un italian dream dell’energia pulita sintetizzato in mostra da articoli, immagini e documenti che includono lo studio urbanistico per una vera e propria “città solare”. «Saraceno ha portato attenzione su qualcosa che ha reso unica l’Italia» afferma Berruti, che per l’inserimento in mostra degli studi prospettici originali relativi alla Stazione Solare – provenienti dal Fondo Francia – si è fatta assolutamente trasportare dal criterio dell’ambiguità tra progettazione ed astrazione. «Li abbiamo scelti perché sono come dei lavori astratti» racconta davanti al disegno ritmico-circolare di uno schema di tubi in pirex, o guardando la pianta esagonale del campo di specchi Fresnel utilizzati da Francia per accumulare energia, paro paro riportata alla realtà – inzuppata di vintage – nelle foto d’epoca in bacheca.
Intersezioni a go go rendono Albedo un transito continuo, una staffetta percorsa dalla documentazione archivistica, al disegno progettuale, all’astrazione che collega quest’ultimo direttamente alle sculture con cui Saraceno ha ricreato il proprio ambiente sperimentale, fluttuanti come un Mobil di Calder, ed inservibili nel loro restare al chiuso come una Macchina Inutile di Munari. Suggestioni contemporaneo-passé che mentre le tiriamo in ballo ci appaiono quasi spurie per un Saraceno pienamente in sé nel prendersi la sala e costituirla come proprio spazio di interazione, dove se l’intervento dell’aria è fuori controllo quello delle luci artificiali assolutamente no, direzionate a dar valore ai riflessi, fondamentali per il lavoro di Francia, quanto alle ombre, controparte non meno fondamentale per l’artista.
Saraceno d’aprés Francia in un microcosmo che risponde alla domanda “come è fatto?” senza troppi fronzoli, intersecando materiali nobili e decisamente non a buon mercato – tipo la fibra di carbonio – alla struttura di un ombrello, su cui l’artista ha basato una specie di parabola cattura-energia solare. D’aprés Francia e molto MacGayver del nuovo millennio, dedicato a tutti gli Eighties lovers d’Italia.
Andrea Rossetti
mostra visitata il 18 luglio 2018
Dal 6 luglio al 5 ottobre 2018
Tomàs Saraceno – Albedo
Pinksummer contemporary art
Palazzo Ducale – Cortile Maggiore 28r
Piazza Matteotti 9 – 16123 Genova
Orari: da martedì a sabato, ore 15.00 / 19.30
Info: tel. +39 0102543762; info@pinksummer.it; www.pinksummer.com