27 luglio 2005

19 musei per un padiglione

 
Ancora Biennale. E ancora polemiche sulle sorti del Belpaese nell’arena artistica internazionale. Nell’ultimo numero di I love Museums, organo ufficiale dell’Associazione dei musei nostrani, direttori e curatori giocano al gioco del “se fosse”, lanciando proposte per ben 19 padiglioni italia mancati. Ma più delle dichiarazioni di principio, sono sottintesi e astensioni gli elementi rivelatori...

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Credevate che con l’estate e l’arsura le polemiche si fossero placate? Macché, sotto l’ombrellone arriva l’ultima, provocatoria iniziativa per rivendicare il caro e vecchio Padiglione Italia alla Biennale. Protagonisti quelli dell’AMACI, cioè i Direttori dei Musei che aderiscono all’Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani.
Il terzo numero del magazine I Love Museums, bollettino ufficiale dell’Associazione, è infatti interamente dedicato a questo tema, con un taglio per la verità anche originale.
Ecco dunque i desiderata dei direttori che, vestendo i panni (ambìti) dei curatori del grande evento lagunare, hanno provato ad immaginare la loro personalissima selezione nazionale. Al grido di “io avrei fatto così”, qualcuno ha addirittura chiesto agli artisti di spingersi più in là, con veri e propri progetti inediti che forse non saranno mai realizzati. Una sfilata di “occasioni perdute”.
L’iniziativa è spiegata e illustrata nell’introduzione, con una sorta di editoriale a 6 mani a cura del Direttore del magazine, del Presidente e vice dell’AMACI. Giacinto Di Pietrantonio la definisce non polemica e ironica, salvo poi affondare il colpo nei confronti di “alcuni direttori” che, a partire da Szeemann, hanno finito per erodere la posizione dell’Italia. Gabriella Belli si affretta a gettare acqua sul fuoco, negando ogni intenzione politica del progetto, rivendicando il made in Italy e il ruolo del proprio lavoro. Infine Ludovico Pratesi si disimpegna senza entrare nel merito, invitando il pubblico a visitare i musei gratuitamente il 15 ottobre, in occasione della Giornata del Contemporaneo.
Ma andiamo ai padiglioni virtuali dei direttori e vediamo cosa ci siamo persi:

CAMeC – Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia
Bruno Corà (direttore): Enrico Castellani, Renato Ranaldi e Bizhan Bassiri

Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea di Torino
Marcella Beccarla (curatrice): Vanessa Beecroft

Castel Sant’Elmo – Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoleatano
Angela Tecce (direttrice): Mimmo Paladino

Centro Arti Visive di Peschiera (PS)
Ludovico Pratesi (direttore): Gianni Caravaggio e Francesco Gennari

Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato
Daniele Soutif (direttore): Luciano Fabro

CeSAC – Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee Convento dei Cappuccini di Caraglio (Cn)
Luigi Fassi (critico): Andrea Caretto/Raffaella Spagna e Luca Rento

Galleria Civica d’Arte Contemporanea Montevergini di Siracusa
Salvatore Lacagnina (direttore): Elisabetta Benassi e Gabriele Picco

Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento
Marco Tomasini (curatore): Nicola De Maria

Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone
Andrea Bruciati (direttore): Christian Frosi, Robert Vincent e Nico Vascellari

GAM – Galleria d’Arte Moderna di Bologna
Dede Auregli (curatrice): Alessandra Tesi

GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
Alessandro Rabottini (curatore): Simone Berti

GNAM – Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma
Angela Rorro (curatore) e Simona Brunetti (critica): Laura Chiari e Luigi Ontani

MAN – Museo d’Arte della Provincia di Nuoro
Cristiana Collu (direttore): Massimo Bartolini e Sabrina Mezzaqui

Mart – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto
Giorgio Verzotti (curatore): Giulio Paolini e Luca Vitone

MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma
Paolo Colombo e Monica Pignatti Morano (curatori): Loris Cecchini, Manfredi Bennati, Carolina Antich, Lara Favaretto

Merano Arte
Valerio Dehò (curatore): Sissi e Hannes Gamper

Museo del Novecento di Milano
Marina Pugliese (conservatrice): Flavio Favelli, Norma Jeane, Giuseppe Gabellone e Diego Perrone

MUSEION – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Bolzano
Letizia Ragaglia (curatrice): Mario Airò, Marcello Maloberti e Stalker

PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano
Lucia Matino (direttrice): Chiara Dynys, Salvatore Scarpetta, Francesco Simeti

D’obbligo il commento finale.
Innanzitutto promuoviamo il giochino del “se fosse” nel magazine dell’AMACI, perché qualcosa di concreto sugli orientamenti dei musei d’arte contemporanea italiana lo dice. Ma le cose più interessanti, come spesso accade, sono quelle non dette. Insomma i musei italiani sono veramente uniti e coesi, una voce sola in difesa della benedetta ribalta nazionale alla Biennale? Macché, in realtà proprio no. Perché più che le adesioni al progetto del padiglione virtuale ad incuriosire sono le astensioni. In quattro hanno infatti voltato le spalle: GAM – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea della Fondazione Torino Musei, Galleria Civica di Modena, MACRO – Museo d’Arte Contemporanea di Roma, Palazzo delle Papesse di Siena. Come mai? Il primo appunto va dunque a questo silenzio: conoscere le ragioni e motivazioni di questa scelta sarebbe stato non solo utile ma anche giusto.
Non sarà forse, dott. Di Pietrantonio, che la perdita di posizione dell’Italia sta forse anche in questa frammentazione, in queste divisioni che impediscono al movimento di remare nella stessa direzione? Non sarà che stiamo pagando una scarsa attitudine relazionale, dentro e fuori, dovuta ad un sistema ormai logoro, che non sa offrire spunti di criticità e dibattito intellettuale, che si aggrappa strenuamente a certe logiche di potere che ci condannano alla marginalità internazionale? E che questa marginalità in realtà giova ad alcuni, perché ne preserva la leadership, impedendo l’emersione e lo sviluppo di dialettiche e alternative concrete? Leoni in casa e agnelli fuori, questa sembra la regola.
Quanto all’acqua sul fuoco gettata dalla dott.ssa Belli, il fatto è questo: la Biennale è, in fondo, un episodio perfino trascurabile. Ma che i direttori dei musei riuscissero veramente a schierarsi compatti in nome di alcuni, chiari obiettivi sarebbe semmai da auspicare e non da scongiurare. Quanto all’arena politica, che c’è di male a far politica? A chi dobbiamo chiedere di battersi per nuove politiche culturali se non ai direttori dei musei italiani che costituiscono il logico anello di congiunzione tra pubblico e privato? Da chi devono provenire idee, proposte e progetti concreti se non da loro? Forse che tali cose possono essere sviluppate con efficacia senza instaurare un dialogo fattivo con le istituzioni?
Un ruolo scomodo quello del direttore, nessuno lo nega, ma anche strategicamente in potere di negoziare tra le parti. Vero dott. Pratesi? Di cosa stavamo parlando? Qui pianeta terra chiama base luna. Ma quelle quattro righe in croce non si potevano usare per esprimere un’opinione nel merito piuttosto che per lanciare un’iniziativa da tenersi tra 4 mesi come la Giornata del Contemporaneo?

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alfredo sigolo


“I love Museums” magazine AMACI – n. 3 giugno 2005
Silvana Editoriale – € 4,50


[exibart]

4 Commenti

  1. Sul silenzio della GAM di Torino è presto detto : di fatto non esistono nè un direttore artistico nè un curatore ma dei passacarte ben pagati che avvallano decisioni o, per meglio dire, “non decisioni” prese altrove.

  2. da quello che scrivi si capisce benissimo che della Gam di torino non sai nulla di nulla.
    Sei per caso uno dei tanti artisti falliti che affollano questo sito?

  3. Io della GAM di Torino nonchè della scena della città so davvero molto, caro “caro anonimo”, non sono un artista e tantomeno un fallito.
    L’anonimato, se non si superano determinati limiti, specie per chi come me si è esposto anche troppo nella vita professionale è del tutto lecito.
    Tu invece scrivi cose al limite dell’insulto nei confronti di chi non conosci senza svelare la tua identità. Io ho commentato, certo con toni polemici, vicende che sono pubbliche e su cui si può esprimere un parere. Poi visto che dici di sapere tutto della GAM rendimi/ci edotto/i…

  4. visti i nomi che in questa ipotetica biennale made in italy sono usciti, beh, che dire.. concordo pienamente con la scelta delle spagnole di escluderli.
    continuate pure a guardarvi l’ombelico e pensare di essere il centro del mondo: ognuno si consola come può.
    siamo provinciali, abbiamo una scena artistica che opera con canoni di 15 anni fa: siamo in perenne ritardo.
    aprite gli occhi il re è nudo!!
    siamo (aimè) nudi!

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