23 maggio 2018

Bacon e Brando, il “nuovo” Ultimo Tango

 
Va in scena per una manciata di giorni la versione restaurata del capolavoro di Bertolucci. L’abbiamo rivisto, insieme al regista, alla Fondazione Prada di Milano

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Rivedere Bertolucci con Bertolucci, un applauso lungo un giorno, per l’artista che arriva in sedia a rotelle, sguardo inquieto e mano veloce sul telecomando. Fermo al centro del palco con un paio di “grazie” ferma gli applausi scroscianti. È l’artefice dell’immaginario di più di una generazione. Di Ultimo Tango ci dice che l’ha girato nel ’72, sull’onda lunga del ’68, quando il diktat era trasgredire e lui obbedisce pedissequamente. Gli costerà il sequestro del film, vari processi e la bagarre che tutti conosciamo.
Francis Bacon. Per lui è stato il punto di partenza di questo film, visivamente. Ha portato tutta la troupe e Marlon Brando a vedere la grande mostra di Bacon al Grand Palais. Ora sappiamo l’origine di quei volumi vuoti, di quei corpi strapazzati, dei sentimenti invadenti e ossessivi. Francis Bacon. Brando non lo conosceva.
Poi ci racconta che quando ha girato il film lui aveva 31 anni e Brando 50 e gli pareva vecchissimo. Ora, rivedendolo, Brando gli è parso giovane e bellissimo. E lo è, confermo.
Lui e la sua disperazione sono al centro del film
L’appartamento vuoto, quasi fatiscente, il materasso, la gioventù impertinente di Maria Schneider, due seni che non dimenticheremo più, il sesso rampante. Gli stivali, il cappello, il cappotto che pare una vestaglia. La luce e i corpi. È un film fatto dei toni sporchi della passione, ombrosi, oscuri. È teatro. Si susseguono primi piani, sono i dettagli di un corpo a riempire lo schermo, sono emozioni sgualcite che spingono l’azione da un’inquadratura all’altra.
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Ultimo Tango a Parigi
Jeanne la conosciamo come tale solo quando il suo fidanzato, la macchietta di un giovane regista, un fantastico Jean Pierre Leaud, gira il ritratto della sua musa. Jeanne ritrosa e capricciosa, divertente e divertita, ci racconta la sua vita, i suoi vent’anni, l’infanzia in campagna, nella villa la seguiamo davvero, apre le scatole dei ricordi, ci parla del padre colonnello in Algeria.
Altrimenti lei è una giovane ninfa che incontra Zeus nell’Ade e si lascia condurre per sentieri nuovi e nascosti, i loro corpi si intrecciano, si masticano, si completano in forme nuove e soprattutto giocano. Perché lui è divertente, inusitato, virile, allegro. Di nomi e dettagli non ne vuol sapere. Gli fan venire le emorroidi, rifiuta ogni informazione, il mondo è tutto lì, nell’appartamento di Passy.
Fuori, torna all’alberghetto dove la moglie, che lo tradiva con un ospite – stessa taglia stessa vestaglia – si è tagliata le vene, sangue dappertutto. Rosa, costretta a un funerale cattolico dalla madre di provincia che arriva e la trasforma in una giovane sposa tra ortensie aulenti, truccatissima. Paul, Brando che fuori dall’appartamento ha un nome, è disperato. Non sa perché sua moglie si è uccisa e piange e urla se la suocera becera si avvicina.
Paul è solo.
E questa solitudine, questa rottura col mondo la riporta nell’appartamento dove due sconosciuti fanno sesso, ridono, giocano, si lavano, vivono tutto tranne che una vita reale. Ogni volta che lei ne accenna lui si ribella, si ritrae nel guscio e poi ricomincia a giocare.
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Ultimo Tango a Parigi
Nella scena del burro, rivedendola, più che la sodomia il problema è l’inno che lui la costringe a ripetere, contro la famiglia, contro la chiesa cattolica, contro i benpensanti. Quando viene urla Dio! Gesù! tra le lacrime della ragazza, che sicuramente sta soffrendo.
Lui la sfonda emotivamente e lei ogni volta si apre e cresce. Fino a rivelargli di essere innamorata di un uomo. Lui la sfotte, lei gli spiega che si tratta di lui, che non ne vuol sapere. Lei gli rivela che si sposerà, tra una settimana.
Noi sappiamo che sarà col regista, che l’ultimo giorno di riprese le ha chiesto di sposarla e lei ha detto sì. È la fine.
Lei torna nell’appartamento ma è vuoto. I mobili spariti, la portinaia non sa nulla.
Lo vuole affittare lei allora, ma il fidanzato dice che puzza di muffa e ne cerca un altro.
L’ultima passeggiata sul ponte di Passy. Brando compare e la segue, si fa avanti, le propone di ricominciare insieme: sono un vedovo di 45 anni e possiedo un piccolo hotel, quasi un bordello. Sposiamoci, viviamo insieme. Lei continua a dirgli che è finita ma lo segue per la città, entrano in una balera, bevono troppo e si infilano in una gara di tango: li buttano fuori.
È finita, è finita, insiste lei. Lui non ci vuole credere e la rincorre. La rincorre anche per le scale del suo appartamento, dove lei fa solo in tempo a tirar fuori da un cassetto la rivoltella carica del colonnello e a ficcargliela nel costato. Sapere il nome di lei gli costerà la morte. Jeanne spara. Io non lo conosco, mi ha seguito, ha tentato di violentarmi. Lo ripete meccanicamente al vuoto. Sul terrazzo cade uno dei corpi di Bacon, strapazzato, avvolto in un cencio che una volta era un cappotto e ora non gli fa nemmeno da sudario.
Non perdetevelo, in questi giorni in 120 cinema.
Marcella Vanzo

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