30 giugno 2010

MAKING MUSEUM

 
Il gruppo di curatori a.titolo inizia a fare sul serio nella direzione del Filatoio. A poco più di sei mesi dalla nomina, alla vigilia della nuova stagione, parla Francesca Comisso, critica militante di a.titolo e componente del nuovo board direttivo del CeSAC di Caraglio. Tra mostre e workshop, si riparte dal Filatoio, la più antica fabbrica da seta d’Europa. Che è ancora laboratorio, di nome e di fatto. Nella prospettiva di Fare museo...

di

Com’è arrivata la vostra nomina?
La direzione triennale ci è stata affidata
direttamente dall’associazione Marcovaldo di Caraglio che, dal 1990, si è
occupata della valorizzazione e promozione del patrimonio storico del
territorio e, oltre alla gestione del Convento dei Cappuccini e di altri beni
artistici e architettonici, ha creato nel 2000 il CeSAC – Centro Sperimentale
per le Arti Contemporanee. È significativo che un centro che si definisce
“sperimentale” accetti la sfida di una direzione collettiva.

Cosa ereditate dalla precedente direzione di Andrea
Busto?

Il CeSAC è nato con lui, e la sua programmazione ricca
di presenze e progetti importanti gli è valsa la presenza nella rete Amaci,
l’Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani che riunisce le principali
istituzioni nazionali che si occupano del contemporaneo. Ereditiamo quindi un
luogo che ha saputo dialogare con la scena nazionale ed europea, alla quale
intendiamo continuare a rivolgerci, per fare al tempo stesso un lavoro puntuale
sul territorio.

Meschac Gaba - serie Perruques-Architecture - 2007 - Metlife Center - South AfricaCome critiche militanti che da molti anni lavorano
sul e con il territorio, cosa significa dirigere uno spazio al di fuori della
geografia dell’arte contemporanea torinese?

Sin dagli inizi a.titolo ha indagato le relazioni
dell’arte con la sfera sociale e politica dello spazio pubblico, producendo
opere realizzate dagli artisti in dialogo con gruppi di cittadini, sia in aree
urbane che in piccoli centri. Pur nel cambiamento di scala e nella specificità
di ciascun progetto, non possiamo dire che la situazione fosse radicalmente
diversa. I modi in cui declinare il rapporto fra arte e contesto, e quindi il
ruolo di un pubblico inteso al plurale, sono sempre stati fondamentali nella
nostra riflessione sulla pratica curatoriale e intendiamo mettere a punto anche
qui progetti, sia nello spazio espositivo che fuori, che si offrano come
occasioni di dialogo, confronto e collaborazione tra la realtà locale e i
linguaggi della contemporaneità. Al tempo stesso vogliamo rendere questo luogo
una piattaforma aperta e in dialogo con tutto il sistema artistico piemontese,
quindi anche con Torino.

Quali sono i vostri contatti e quali le politiche
culturali nel cuneese?

Conosciamo da anni realtà molto attive come
l’associazione Art.ur e il progetto ZOOart, e intendiamo certamente ampliare le
nostre relazioni a una rete più vasta. Una presenza importante è La Gaia di
Busca, la straordinaria collezione d’arte contemporanea raccolta da Bruna
Girodengo e Matteo Viglietta, già protagonista di alcune mostre curate da Busto.
È una vicinanza preziosa, con la quale intendiamo creare sinergie e progetti di
collaborazione, già attivi in questa anteprima della nostra programmazione, con
l’allestimento dell’opera Poetic Justice
di Tania Bruguera, che fa parte della loro collezione e torna da un
lungo tour espositivo in tutto il mondo.

Tania Bruguera - Poetic Justice - 2002-03 - veduta dell’installazioneLa nuova stagione 2010 sotto la direzione a.titolo
inizia nell’ambito della rassegna Giorgiopergiorno-Contemporary Art
, coordinata da Artissima e promossa dalla
Fondazione per l’Arte CRT. E si parte con una
selezione delle Perruques-architecture

di Meschac Gaba e una grande installazione di Tania Bruguera. Perché la scelta
di lavorare su temi che affrontano l’eredità postcoloniale?

In entrambi i lavori questa prospettiva
apre interrogativi sul tema dell’identità e sui concetti di tradizione e
traduzione, questioni cruciali, specie se osservate entro una dimensione
“locale”. Gli interventi di Gaba e Bruguera, ciascuno in modo diverso,
mettono in crisi stereotipi e cliché culturali, ci
mostrano la migrazione dei segni e dei loro significati nel tempo e nello
spazio, con opere di forte impatto estetico che abbiamo scelto anche per la
loro capacità di dialogare, toccando i temi del lavoro e della cultura
materiale, con il genius loci del Filatoio e con la sua storia di luogo di
produzione.

Cosa riservate per il futuro?
A ottobre, oltre alle installazioni ancora visibili di
Gaba e Bruguera, presentiamo un progetto site specific di Cesare Viel, alcuni
lavori di un giovane artista francese, Olivier Grossetete, che ha appena
concluso una residenza promossa dalle regioni Piemonte e Rhône Alpes e che
terrà un workshop con adulti e bambini destinato alla realizzazione di
un’installazione durante l’inaugurazione. Queste e altre iniziative in
programma andranno a tracciare una linea progettuale e di start up che abbiamo
intitolato “fare museo
” e che
presenteremo in forma espositiva con un tavolo di riflessione per la
committenza di una mostra, un archivio in progress e altri interventi
accompagnati ovviamente da alcuni progetti d’artista.

Il Filatoio di Caraglio
E in quest’epoca di tagli alla cultura (e non
solo), quali le sono le risorse del CeSAC?

Sono limitate. Tuttavia, come realtà non profit, noi
siamo abituate a lavorare a partire dalla sostenibilità dei progetti.

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Il
gruppo a.titolo in costellation non-profit

Tania
Bruguera da Soffiantino

Gaba
dai Continua

a
cura di claudio
cravero


dal 27 giugno
al 10 ottobre 2010

Tania Bruguera / Meshac Gaba
a
cura di a.titolo
CeSAC
– Centro Sperimentale per l’Arte Contemporanea
Via
Matteotti, 40 – 12023 Caraglio (CN)

Orario: da martedì a sabato ore
14.30-19; domenica ore 10-19

Ingresso: intero € 5; ridotto € 3
Info: tel. +39 0171618260; fax +39
0171610735; cesac@marcovaldo.it;
www.cesac-caraglio.com

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8 Commenti

  1. il trionfo del niente. ma a forza si sgomitare e fare scarpe qua e là prima o poi qualcosa si porta a casa. meditate gente meditate.

  2. veramente, che tristezza… sempre i soliti nomi legati ai soliti giri di potere culturale, gente che vuole cambiare la società con l’arte, ma non riesce nemmeno a cambiare il proprio cortile. Ditemi voi quando le a.titolo hanno fatto arte politica…

  3. Non capisco come mai tutti questi giudizi negativi, mi pare che una coerenza che da oltre 10 anni ha portato nella città di Torino, e non solo, forme nuove e ampi di fare arte non sia poi così da buttare. Tanto più quando il lavoro è sempre stato fatto con un certo rigore e una certa serenità, che da altre parti nemmeno si vede con un binocolo, si può sempre migliorare ma mi pare un buon traguardo e speriamo in altri nuovi futuri.

  4. critiche specialemnte nei confronti dei loro colleghi. sempre pronte a mettere bastoni tra le ruote là dove sia possibile. ma sempre a corte di questo o di quello che possa essere utile. la scusa di laboratori pretestuosi per fare finte mostre. concorsi che non servono a nulla se non a mettere in evidenza i loro nomi. e ora il filatoio.
    si stava meglio quando si stava peggio.

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