30 luglio 2015

FOTOGRAFIA

 
Ritratto della Cina come un parco giochi
E dell’assenza
Manuela de Leonardis

di

Un razzo pronto a lanciarsi in uno spazio delimitato dai grattaceli; un finto anfiteatro romano che dà il benvenuto alla scritta “Merry Christmas”; due dragoni dorati che giocano a palla; un orologio digitale che svetta su un alto palo segnando le 4:49, circondato dalla sabbia chiarissima della spiaggia incontaminata. 
Quanto agli zampilli delle fontane sono quasi sempre spenti e se c’è acqua è quella piovana, ristagnante sul pavimento lastricato, come in Little China a Shenzhen dove due pupazzi-sculture vestiti di rosso (colore della fortuna e della ricchezza) chiudono gli occhi e stanno lì lì per baciarsi, proprio come sulle torte nuziali. 
L’aspirazione alla felicità appartiene a tutti, ma la ricerca di un divertimento artificiale diventa quasi ossessiva in Cina, come in qualunque altra società dominata dai meccanismi del consumismo. Stefano Cerio (Roma 1962, vive e lavora tra Roma e Parigi) proseguendo una ricerca decennale che l’ha visto fotografare di notte le piste di sci (Night ski), i parchi acquatici senza la gente (Aquapark) e le navi da crociera-fantasma, in realtà popolate da oltre cinquemila passeggeri (Cruise ships), focalizza ora la sua attenzione sulle contraddittorie architetture del divertimento in Cina. 
Da Shanghai a Dongguau, da Macao a Quingdao, da Pechino a Guanzhou, da Hong Kong a Chongli, attraversa il paese. Il libro Chinese Fun (Hatje Cantz 2015) nasce da tre mesi di shooting con il banco ottico, diluiti in due viaggi invernali (febbraio 2013 e dicembre 2014/fine gennaio 2015).
«Non si tratta di luoghi abbandonati – puntualizza il fotografo – ma di un momento dell’assenza. Sono ritratti delle persone che non sono lì». I nomi stessi dei luoghi definiscono la loro aspirazione: “Amazing World”, Donggun; “Wonderland Amusement Park”, Nankou; “Happy Valley”, Hong Kong…
Stefano Cerio, Polar Ocean Park, Quingdao
Manca la massa della gente in questi ritratti della collettività: quella presenza di pieno che vivacizza la quotidianità urbana nelle piazze, nella metropolitana, come – in altri orari – in questi stessi luoghi di divertimento. 
L’approccio di Cerio è frontale: nella sua visione asciutta lascia trapelare una vena quasi impercettibile d’ironia, sempre modulata dall’elemento surreale della sospensione, ricercato attraverso l’uso di una luce volutamente piatta, bianco-grigia, densa di umidità e smog. «Trovo che sia straordinaria l’assoluta incoerenza della Cina, rispetto ad una logica architettonica occidentale». 
C’è anche molta “natura addomesticata” in queste sue fotografie a colori, come quella di Huairou dove un pianoforte bianco a coda giace desolato nella rada brulla, oppure a poca distanza da Pechino, il verde che circonda la pista per toboga che permette di scendere direttamente dalla Grande Muraglia. 
“La felicità non si trova cercandola, ma lasciando che ti trovi”, recita il proverbio cinese citato da Nadine Barth all’inizio del suo testo, che con quello di Walter Guadagnini, accompagna il volume Chinese Fun. «Pieno e vuoto. Presenza e assenza. Risate e morte», scrive ancora la curatrice tedesca.
Manuela De Leonardis
Stefano Cerio. Chinese Fun
Hatje Cantz, 2015
Tedesco, Inglese, Italiano
Pagg. 128, € 35,00 (copertina rigida)
ISBN 9783775739696
www.hatjecantz.de

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