19 maggio 2016

Se la politica usa l’arte

 

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Per capire chi sono veramente i politici, basta guardare i dipinti appesi alle loro spalle durante le conferenze stampa, le interviste o negli incontri ufficiali. Le opere d’arte quando appaiono dietro David Cameron o Vladimir Putin sono infatti tutt’altro che casuali. 
Per esempio vedere Angela Merkel davanti a “Girls in the Field”, un piccolo dipinto creato nel 1943 da Nelly Toll all’età di 8 anni in un ghetto ebraico in Polonia, è più eloquente di qualsiasi discorso contro l’antisemitismo.
Ogni leader è cosciente dell’importanza dei segnali visivi che lo circondano quando è in pubblico, una serie di messaggi subliminali che vengono trasmessi al subconscio di chi li sta guardando. Non c’è da stupirsi se nel recente viaggio a Cuba Obama abbia deciso di incontrare un gruppo di dissidenti politici all’ombra del quadro dell’artista contemporaneo Michel Mirabal “My new friend”. L’opera mescola i colori delle bandiere statunitense e cubana, un simbolo che parla delle difficoltà dei dissidenti oppressi dal governo e, allo stesso tempo, della nuova amicizia sancita tra le due nazioni. Quando invece ha annunciato l’intenzione di chiudere la struttura detentiva di massima sicurezza Guantánamo, nel tentativo di non trasmettere un segnale di debolezza, ha deciso di tenere il discorso davanti a un quadro rappresentante un eroico e galoppante Theodore Roosvelt.
L’intensa relazione tra arte e politica è destinata a continuare, soprattutto ora che gli Stati Uniti sono in pieno clima elettorale. Se Donald Trump dovesse vincere le elezioni cosa succederebbe? Il suo piano di costruire un muro lungo 1,5 chilometri al confine con il Messico sarebbe per molti street artist un sogno che si avvera. Ma noi, senza dubbio, ne facciamo volentieri a meno. (Giulia Testa)
Fonte: BBC

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