21 agosto 2017

Paradoxa. Arte dalla Cina attuale

 
A Casa Cavazzini di Udine è con la Cina il secondo appuntamento dell’indagine delle espressioni d’arte contemporanea dell’Estremo Oriente, oltre il luogo comune dell’esotismo e della sua occidentalizzazione

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Parafrasando (molto liberamente) il titolo di una pellicola di Marco Bellocchio, la Cina è vicina? È questo l’interrogativo che scaturisce visitando Paradoxa, arte dalla Cina attuale, mostra in corso fino al 27 agosto a Casa Cavazzini, sede del nuovo Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Udine. Secondo appuntamento – il primo nel 2016, era dedicato al Giappone – di un progetto triennale che mira a indagare le espressioni d’arte contemporanea dell’Estremo Oriente, tra identità culturale e sincretismo, alla scoperta di commistioni e contaminazioni, oltre il luogo comune dell’Oriente esotico e della sua occidentalizzazione.
Inaugurata in occasione del 19°Far East Film Festival, la mostra vede protagonisti tre artisti – il pittore Xie Nanxing, il fotografo Chen Wei e il video artista Chen Rang – appartenenti alla generazione “post-’70”, nati dopo la Rivoluzione Culturale e cresciuti artisticamente quando l’apertura verso l’Occidente era già avviata.
Le opere di Xie Nanxing si caratterizzano per la peculiare “latenza iconica”, una non piena intelligibilità dell’immagine che mette alla prova lo sguardo dell’osservatore, chiamato a inferire e decifrare un qualcosa che rimane però indefinibile. Queste grandi tele astratte scaturiscono da un dato figurale che subisce manipolazioni e rimediazioni, passando letteralmente attraverso diversi media – fotografia e video in primis – per poi diventare pittura.
Nei lavori fotografici di Chen Wei (nella foto in alto), realtà e finzione convivono in una dialettica inversa tra procedimento ed esiti. L’artista compone in studio scene d’interni in cui la figura umana latita o vere e proprie still life, operando una costruzione quasi pittorica della luce. La fotografia interviene come mezzo finale per immortalare oggetti e spazi, conferendo al tutto un senso di straniante casualità estemporanea. Anche la produzione video di Chen Rang – densa di citazioni cinefile, da Hitchcock a David Wark Griffith – è giocata sull’ambiguità percettiva e sullo spiazzamento visivo cui lo spettatore è sottoposto.
Il minimo comun denominatore tra le opere in mostra è la dialettica tra luce e oscurità, dinamica antinomica che inevitabilmente prende a riferimento il binomio taoista yin/yang, ma per rilevarne il sovvertimento, il disequilibrio.
L’allestimento (veduta nella foto in homepage) – affidato all’artista pordenonese Ludovico Bomben – riverbera e accentua questa polarità luce/oscurità. L’esposizione si disvela poco alla volta all’occhio del visitatore grazie a un gioco di drappi neri – ispirati ai sipari teatrali o alle tende fonoassorbenti delle sale cinematografiche – che rimodulano e ridefiniscono lo spazio museale di Casa Cavazzini.
Non mancano, nelle opere esposte, più o meno implicite allusioni e riferimenti all’attualità della società cinese e delle sue contraddizioni – sperequazioni economica, industrializzazione forzosa, disuguaglianze sociali, globalizzazione imperante – offrendoci uno sguardo sulle traiettorie della ricerca artistica contemporanea cinese nel suo divenire.
Appuntamento nel 2018 per la terza edizione. Destinazione, questa volta, Corea del Sud. (Giada Centazzo)

 

In alto: Chen Wei, Oggetti smarriti, 2009 (Courtesy l’artista e Galerie Rüdiger Schöttle, Monaco © Chen Wei)

In homepage: Paradoxa, 2017, veduta dell’allestimento (foto credits © Alessandro Ruzzier)

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