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Dopo dieci anni gli USA tornano alla guida della Biennale di Venezia. Nel 2007 era toccato a Robert Storr, con la sua “Pensa con i sensi/Senti con la mente”: una mostra di stampo museale, con opere di artisti come Sigmar Polke, Robert Ryman o Jason Rhoades, che rispecchiavano il ruolo di Storr come curatore al Moma. Oggi il prescelto è Ralph Rugoff, un americano che lavora a Londra come direttore della Hayward Gallery dal 2006 , dove ha curato mostre di grande livello, sia collettive che personali, come la retrospettiva di Jeremy Deller (2012) o di George Condo (2011). Non gli manca neppure un’esperienza di grandi mostre internazionali, perché ha curato un’edizione della Biennale di Lione nel 2015, intitolata La Vie Moderne. Un nome fuori dal cappello, rispetto al totonomi che vedeva in pole position curatori come il brasiliano Adriano Pedrosa, l’americano Jens Hoffman (ora coinvolto in uno scandalo sessuale, quindi fuori gioco), l’inglese Iwona Blazwick o l’immancabile Hans Ulrich Obrist. Cosa possiamo aspettarci? Sicuramente grande professionalità nel concept curatoriale, grande cura per gli allestimenti e forse un certo occhio di riguardo per l’arte USA, che sembra aver di nuovo polarizzato le attenzioni del mercato internazionale, forse come conseguenza dell’arrivo di Trump. Sarà una Biennale di livello, probabilmente più strutturata e meno letteraria dell’Arte Viva di Macel, dove l’impegno degli artisti sarà probabilmente più significativo. Ci auguriamo soltanto che Rugoff possa prendere un po’ di tempo per informarsi sulla scena italiana delle ultime generazioni prima di fare gli inviti agli artisti.
Ludovico Pratesi