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Salvador Dalí, artista controverso e famoso nella vita, lo è diventato ancor più nell’aldilà.
Lui – o meglio lo stato spagnolo, il suo unico erede – è stato anche recentemente coinvolto in un caso durato anni in cui una donna sosteneva di essere sua figlia, andato a finire l’esumazione del corpo del pittore (i cui baffi erano rimasti misteriosamente intatti) per un test di paternità non andato a buon fine.
Ma ora c’è di più: un’altra controversia sui diritti del suo nome e delle sue immagini.
Dalí17, un museo di Monterey, in California, che ospita una collezione di 500 pezzi di Dalí dell’immobiliarista Dmitry Piterman, è stato citato in giudizio dalla Fundació Gala-Salvador Dalí, che controlla i diritti di proprietà intellettuale dell’artista per la Spagna.
La fondazione di Figueres si oppone al logo di Dalí17, uno schizzo del volto del surrealista con i baffi ritorti alla firma, e l’uso del suo nome sul sito web, sui social media e sul merchandising.
“La reputazione della Fondazione viene irreparabilmente danneggiata”, affermano da Figueres.
Tra i suoi pezzi, Dalí17 presenta incisioni, litografie e sculture di Dalí come l’iconico divano-labbro di Mae West, e documenta il tempo trascorso da lui e da sua moglie Gala nella città durante la seconda guerra mondiale.
Aperto a luglio 2016, con 50mila visitatori nel primo anno, Dalí17 secondo la Fundació Gala-Dalí non avrebbe l’autorizzazione per usare il nome dell’artista.
Per farla breve, le richieste? Che Dalí17 distrugga qualsiasi merce o materiale promozionale recante il nome o l’immagine di Dalí. E poi anche i danni, i profitti realizzati con queste vendite, e le spese di giudizio. E dali17.com, il dominio web del museo, che ovviamente andrebbe cancellato dalla rete.
E il grande surrealista continua a godersi la sua fama anche da morto! Aggiornamenti in corso, ne siamo certi.
Fonte: Dazeddigital