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I funzionari russi hanno chiuso un museo regionale sulla storia dei Gulag, nel tentativo di “imbiancare” i crimini della polizia segreta sovietica, ha riportato il fondatore – Nikolay Arakcheev – della raccolta ospitata nell’ex quartier generale e nella camera di tortura dell’OGPU (ente precursore del KGB) a Yoshkar-Ola.
La città (nell’area orientale russa), ha affittato l’edificio per il museo (gestito da volontari) dieci anni fa, ma dallo scorso mese 5mila oggetti e documenti sono tornati ai loro donatori, molti ex prigionieri, o depositati in luoghi temporanei.
“Per dieci anni nessuno ci ha toccato – dice Arakcheev – è stato difficile, ma abbiamo educato il pubblico alla non violenza, che la libertà di parola deve essere protetta, che è sbagliato violare i diritti umani. Ora c’è un nuovo governatore e il pensiero è cambiato”.
Arakcheev afferma che il museo è diventato un’attrazione turistica sotto Leonid Markelov, che però è attualmente in attesa di processo per accuse di corruzione ed è stato sostituito da Alexander Yevstifeyev, tecnocrate nominato dal Cremlino.
Vedremo come andrà a finire, anche se un “macchina del fango” pare essersi già attivata: in un rapporto sul sito web dell’amministrazione della regione, il museo è stato deriso come “un magazzino” pieno di oggetti, mentre Irina Velikanova, direttrice del Museo statale di storia contemporanea di Mosca, ha paragonato il museo Yoshkar-Ola ha affermato che l’edificio ha un serio bisogno di ricostruzione.
Dalla regione di Yoshkar-Ola invece arriva questa voce: “Dopo il restauro e la ricostruzione, l’edificio sarà usato per scopi sociali, e sarà accessibile a vari tipi di gruppi”.
Fonte: Theartnewspaper