15 luglio 2019

CONTROPELO

 
Ultima fermata MACRO. Intervista a briglie sciolte con il direttore “uscente” Giorgio de Finis
di Matteo Bergamini

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Diventato direttore del MACRO tra polemiche e plauso istituzionale a Natale 2017 (ufficialmente le attività sono iniziate a ottobre 2018) il contratto di Giorgio de Finis per il museo romano, sotto la tutela di PalaExpo, non è stato rinnovato e anzi è stato indetto un bando per la ricerca di un nuovo direttore. Ecco le sue parole sull’ultimo atto della vicenda.
Non c’è stata riconferma della sua nomina a “direttore” del MACRO, o meglio del progetto “MACRO Asilo” per il quale lei aveva dichiarato di essere stato incaricato da Luca Bergamo. Deluso? 
«Dispiaciuto. MACRO Asilo è oggi un pezzo di città. Unico nel suo genere anche per la capacità dimostrata di mettere a proprio agio la Farnesina e i centri sociali. Presuntuosamente mi viene da dire che è un “modello di città” (e non solo un esperimento museale). Una città aperta, ospitale e plurale. La città di tutti. Ma forse è qui che nasce un problema. Che il “virus” del MACRO Asilo possa fuggire dal laboratorio? Cosa che personalmente mi auguro e che forse è già successa».
Il problema è con l’Assessore o con i vertici di Palaexpo? Chi non ha capito il suo operato?
«Penso che sia Luca Bergamo che Cesare Pietroiusti abbiano capito benissimo. Il primo, che ha fortemente voluto il progetto e che è venuto a stanarmi nell’estrema periferia est della città, ha, a mio avviso, sottovalutato la scomodità che si nasconde dietro le parole “apertura”, “inclusività”, “partecipazione”, “autocandidatura”, parole che suonano bene quando le si pronuncia, ma poi vanno sostenute con coraggio. Cesare Pietroiusti paragonò la rivoluzione del MACRO Asilo alla riforma Basaglia (un “complimento” che io, con decisione, in quella stessa sede, rifiutai, ricordando che l’autocandidatura non apriva la porta ai “matti”, ma al contrario invitava tutte quelle eccezionalità che, con una identità piena, autolegittimandosi, partecipavano con il loro operare, all’ecosistema – piuttosto che al sistema – dell’arte). Non è curioso che oggi l’antipsichiatra Pietroiusti parli del MACRO Asilo (e del sottoscritto) come di una “eccezionalità da normalizzare”, vestendo i panni della caposala di Qualcuno volò sul nido del cuculo!? Bergamo e Pietroiusti, in fondo, non credono che la libertà possa esprimersi pienamente senza che si corra il rischio di cadere nel disordine e forse nella follia. E la cosa che sconcerta, proprio perché confuta questa convinzione a dir poco millenaria, è che l’assenza di tutori ha visto la riuscita di uno spazio di incontro a scala urbana (vero e non solo “rappresentato”, come capita a tanta arte relazionale) capace di autodeterminarsi, che funziona, anche con gli inevitabili conflitti che l’incontro di paradigmi, immagini, esseri umani, comporta».
Dopo aver sbeffeggiato un po’ tutta la categoria di giornalisti dell’arte, critici, curatori e addetti ai lavori che si erano scagliati contro il “MACRO Asilo” avete realizzato un catalogo con tutti i testi scritti pro e contro di voi. Anche questo faceva parte delle pratiche di “condivisione” e “inclusive” del progetto?
«In che senso considerate uno sbeffeggio l’aver ripubblicato quello che avete scritto e firmato? Gli articoli sono stati restituiti tutti (nessuno escluso) e senza alcun commento, i favorevoli vicini agli sfavorevoli, in ordine rigorosamente cronologico. Di fatto è una semplice rassegna stampa. Materiale di studio da mettere sul tavolo. Che richiederebbe di essere aggiornata, visto che da allora sono usciti 144 ulteriori pezzi cartacei e 424 online. Se poi i toni rabbiosi di certe dichiarazioni classiste e gli attacchi scomposti indirizzati alla mia persona sono tornate indietro al mittente come un boomerang, questa è un’altra faccenda».
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Rebirth Forum Roma, Tavoli di lavoro (foto Monkeys VideoLab)
Che idea si è fatto del mondo dell’arte che non l’ha sostenuta? Ne ha capito le ragioni?
«Il mio progetto si è rivolto a tutti, inclusi ed esclusi, sistema e antisistema. Voleva essere letteralmente una radiografia dello stato dell’arte. Ma ovviamente creare le condizioni affinché l’alto e il basso, il giovane e il senior, il famoso e il meno famoso, l’arte e le altre discipline… potessero convivere voleva dire cambiare drasticamente le regole del gioco. E qualcuno, ovviamente, non ha apprezzato. Molti artisti mi hanno riferito di essere stati minacciati dalle loro gallerie».
Sempre nella stessa intervista diceva che al MAAM aveva portato il museo nelle case, e al MACRO avrebbe portato “le case nel museo”. Anche in questo caso ci pare che le cose non abbiano ben funzionato, visto che il museo dopo gli entusiasmi iniziali è stato ridotto a un deserto. Sbagliamo? 
«Direi che sbagliate di grosso! E, a proposito di giornalismo specializzato, mi dispiace verificare che non vi prendiate la briga nemmeno di verificare i dati raccolti quotidianamente dal personale all’ingresso e pubblicati ogni mese dall’Azienda Speciale Palaexpo. Dal 1 ottobre 2018 al 30 giugno 2019 i visitatori sono stati 180.325! (e sono dati in crescita, nell’ultimo mese 28.614). Gli eventi realizzati 3168, gli artisti coinvolti 701 (di cui il 42% sono artiste), gli ospiti internazionali 205, le lectio magistralis 112, i convegni 89, gli incontri/Dibattiti/Talk/Tavole rotonde 279 + 144 relativi al Dizionario del Contemporaneo, le performance 292, gli atelier 149, le project room 24, le installazioni/opere live 102, i laboratori e i workshop 157, le proiezioni di videoarte, film e documentari 411. Aggiungerei i 220 video prodotti, le 448 registrazioni audio archiviate sul sito, i 38 speciali di Rai Radio Live dedicati al Macro Asilo sino ad ora. A lei sembra un deserto? A me sembra la densità abitativa di Hong Kong!».
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L’ambiente di Ria Lussi “Io sono Giordano Bruno” (foto Anna di Paola)
Gli 800mila euro che erano allocati per il “MACRO Asilo” sono tutti finiti nelle spese di gestione del museo? 
«Il budget stanziato per il Macro Asilo è lo stesso ricevuto per le gestioni precedenti. Corrisponde grosso modo alle risorse che ha a disposizione il MAXXI per tre settimane di attività! Quattrocentomila euro all’anno, sono poco più di 30mila euro al mese, denari con i quali paghiamo i compensi di tutto lo staff di direzione e programmazione, me compreso, le spese di viaggio e i gettoni degli ospiti internazionali. A dirla tutta, mi è stato riferito da fonte informata che il Macro Asilo avrebbe ricevuto per il 2019 una considerevole cura ricostituente, ma è strano che di questo generoso e gradito regalo io non sia stato informato ufficialmente, né dall’Amministrazione, né dall’Azienda Speciale Palaexpo».
È vero che parteciperà al bando per la nuova direzione? Con che progetto?
«Il mio incarico prevedeva una durata 2 anni + 2. Come da accordi contrattuali ho presentato alcuni mesi fa al C.d.A. di Palaexpo la mia proposta progettuale per il biennio 2020-2021. Una versione avanzata del MACRO Asilo, che reintroduceva le mostre (da qui il sottotitolo EXPOSITION), in un modo a mio avviso originale e in grado di far risaltare la cornice paradigmatica di ciascun progetto espositivo. Non ho mai ricevuto una risposta ufficiale. Il bando, nonostante ipocritamente si spertichi in elogi al MACRO Asilo, e inviti i partecipanti a proseguire sulla linea inaugurata da questa proposta “radicale e coraggiosa”, è di fatto una bocciatura». 
Matteo Bergamini
Foto in alto credit Giorgia Re

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