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Mircea Cantor – Born to be burnt
La mostra personale alla GAMeC è composta da tre opere inedite che coinvolgono il pubblico e modificano sottilmente la sua percezione dello spazio museale, giocando con le sue aspettative e con le abitudini consolidate del consumo culturale
Comunicato stampa
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È possibile trasformare la realtà anche attraverso gesti minimi e azioni ai limiti della visibilità? Qual’è lo spazio della partecipazione individuale in una realtà complessa come la nostra? Quali sono le attuali possibilità dell’arte e i limiti della rappresentazione e della poesia?
Questi sono alcuni degli interrogativi che solleva il lavoro di Mircea Cantor (Romania, 1977; vive e lavora a Parigi) di cui la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo è orgogliosa di presentare la prima mostra personale che un’istituzione museale italiana dedica all’artista. La mostra è parte della programmazione di Eldorado, la project room rivolta agli esponenti più interessanti delle giovani generazioni internazionali.
Attraverso un linguaggio eterogeneo dal punto di vista delle tecniche e delle tematiche, Cantor tenta un confronto diretto con lo spettatore pur utilizzando spesso strategie elusive e una certa “modestia visiva”. Molte delle sue opere, infatti – che con disinvoltura presentano l’uso di video, fotografia, installazione e scultura fino all’azione collettiva e alla pubblicistica – sono caratterizzate da una forte economia dei mezzi espressivi ma da un’altrettanto profonda efficacia comunicativa.
Il suo approccio potrebbe essere ricondotto all’ambito del “concettualismo romantico”: la sua analisi del contesto in cui l’arte viene prodotta e distribuita e la consapevolezza della realtà mediatica, politica ed economica in cui essa viene percepita, sono condotte con un rigore formale che non esclude l’emozione, e con una precisione che si accompagna ad un quasi paradossale respiro lirico. La sua è una forma di poesia distillata con parsimonia e che, nonostante a un primo sguardo appaia refrattaria a qualsiasi narrazione, nondimeno si rivela, nella sua semplicità, efficace.
La mostra personale alla GAMeC è composta da tre opere inedite che coinvolgono il pubblico e modificano sottilmente la sua percezione dello spazio museale, giocando con le sue aspettative e con le abitudini consolidate del consumo culturale.
All’ingresso della galleria lo spettatore è accolto da The Neworker (2006) un’opera che suggerisce come il concetto di lavoro evochi infinite possibilità e potenzialità di azione per l’uomo ma anche come, allo stesso tempo, esso sia diventato a tal punto centrale per lo sviluppo e l’affermazione del singolo da trasformarsi nello spazio di una nuova forma di religione e di “devozione collettiva”. Nel citare implicitamente la famosa rivista The New Yorker, Cantor crea un oggetto che gli spettatori possono prendere e portare con sé come fosse un ambiguo vademecum, e che mette in discussione la retorica sul lavoro come nuova religione laica.
L’intera architettura del museo è invece letteralmente invasa da Born to be burnt (2006), l’opera che dà anche il titolo alla mostra e che affronta la possibilità di percepire lo spazio attraverso altri sensi che non siano quello visivo. Anche questo lavoro – che l’artista definisce un suo autoritratto – riflette su come oggi i concetti di spiritualità e religiosità siano confluiti in più ambiti dell’esperienza quotidiana, dal commercio al consumo culturale, e su come il museo stesso sia diventato lo spazio di un’esperienza estetica sospesa tra ritualità e intrattenimento.
Energia (2006) è il terzo lavoro in mostra: un’installazione composta da 33 bottiglie di altrettante marche italiane famose nel mondo, dalle acque minerali ai liquori e ai vini, riempite di latte. Nel sostituire il contenuto di tutte le bottiglie con il primo elemento di nutrizione con cui gli esseri umani vengono a contatto alla nascita, l’artista suggerisce come sia necessario fare ricorso alla dimensione più intima e interiore di ciascuno per trovare la forza di trasformare la realtà e agire nel più vasto contesto economico e politico di forze globali, oltre che per rinnovare costantemente l’idea stessa di produzione e mantenimento delle forme di energia.
Tutti i lavori in mostra mettono in gioco, con la massima economia dei mezzi espressivi, il concetto stesso di display museale e suggeriscono una via poetica a un possibile rinnovamento etico: se The Neworker ha a che fare con il dono di sé e con la dispersione dell’oggetto attraverso la sua circolazione come dono gratuito, Born to be burnt e Energia ci ricordano la necessità costante di gesti minimi con cui prendersi cura della realtà, nutrirla e arricchirne lo stato di condivisione.
Mircea Cantor ha esposto alla 4° edizione della Biennale di Berlino, al Palais de Tokyo e al Grand Palais di Parigi (tutte nel 2006), al Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig di Vienna, alla Kunsthaus di Basilea, al Museum of Contemporary Art di Chicago e al CCA Wattis di San Francisco (2005), alla Tate Modern di Londra (2004), alla 50° edizione della Biennale di Venezia e all’ Ucla Hammer Museum di Los Angeles (2003) e all’ARC Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (2001).
Nel 2004, in qualità di vincitore del Paul Ricard Prize ha esposto in una personale presso il Centre George Pompidou di Parigi. Mircea Cantor è inoltre co-editor della rivista VERSION magazine (versionmagazine.com).
Questi sono alcuni degli interrogativi che solleva il lavoro di Mircea Cantor (Romania, 1977; vive e lavora a Parigi) di cui la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo è orgogliosa di presentare la prima mostra personale che un’istituzione museale italiana dedica all’artista. La mostra è parte della programmazione di Eldorado, la project room rivolta agli esponenti più interessanti delle giovani generazioni internazionali.
Attraverso un linguaggio eterogeneo dal punto di vista delle tecniche e delle tematiche, Cantor tenta un confronto diretto con lo spettatore pur utilizzando spesso strategie elusive e una certa “modestia visiva”. Molte delle sue opere, infatti – che con disinvoltura presentano l’uso di video, fotografia, installazione e scultura fino all’azione collettiva e alla pubblicistica – sono caratterizzate da una forte economia dei mezzi espressivi ma da un’altrettanto profonda efficacia comunicativa.
Il suo approccio potrebbe essere ricondotto all’ambito del “concettualismo romantico”: la sua analisi del contesto in cui l’arte viene prodotta e distribuita e la consapevolezza della realtà mediatica, politica ed economica in cui essa viene percepita, sono condotte con un rigore formale che non esclude l’emozione, e con una precisione che si accompagna ad un quasi paradossale respiro lirico. La sua è una forma di poesia distillata con parsimonia e che, nonostante a un primo sguardo appaia refrattaria a qualsiasi narrazione, nondimeno si rivela, nella sua semplicità, efficace.
La mostra personale alla GAMeC è composta da tre opere inedite che coinvolgono il pubblico e modificano sottilmente la sua percezione dello spazio museale, giocando con le sue aspettative e con le abitudini consolidate del consumo culturale.
All’ingresso della galleria lo spettatore è accolto da The Neworker (2006) un’opera che suggerisce come il concetto di lavoro evochi infinite possibilità e potenzialità di azione per l’uomo ma anche come, allo stesso tempo, esso sia diventato a tal punto centrale per lo sviluppo e l’affermazione del singolo da trasformarsi nello spazio di una nuova forma di religione e di “devozione collettiva”. Nel citare implicitamente la famosa rivista The New Yorker, Cantor crea un oggetto che gli spettatori possono prendere e portare con sé come fosse un ambiguo vademecum, e che mette in discussione la retorica sul lavoro come nuova religione laica.
L’intera architettura del museo è invece letteralmente invasa da Born to be burnt (2006), l’opera che dà anche il titolo alla mostra e che affronta la possibilità di percepire lo spazio attraverso altri sensi che non siano quello visivo. Anche questo lavoro – che l’artista definisce un suo autoritratto – riflette su come oggi i concetti di spiritualità e religiosità siano confluiti in più ambiti dell’esperienza quotidiana, dal commercio al consumo culturale, e su come il museo stesso sia diventato lo spazio di un’esperienza estetica sospesa tra ritualità e intrattenimento.
Energia (2006) è il terzo lavoro in mostra: un’installazione composta da 33 bottiglie di altrettante marche italiane famose nel mondo, dalle acque minerali ai liquori e ai vini, riempite di latte. Nel sostituire il contenuto di tutte le bottiglie con il primo elemento di nutrizione con cui gli esseri umani vengono a contatto alla nascita, l’artista suggerisce come sia necessario fare ricorso alla dimensione più intima e interiore di ciascuno per trovare la forza di trasformare la realtà e agire nel più vasto contesto economico e politico di forze globali, oltre che per rinnovare costantemente l’idea stessa di produzione e mantenimento delle forme di energia.
Tutti i lavori in mostra mettono in gioco, con la massima economia dei mezzi espressivi, il concetto stesso di display museale e suggeriscono una via poetica a un possibile rinnovamento etico: se The Neworker ha a che fare con il dono di sé e con la dispersione dell’oggetto attraverso la sua circolazione come dono gratuito, Born to be burnt e Energia ci ricordano la necessità costante di gesti minimi con cui prendersi cura della realtà, nutrirla e arricchirne lo stato di condivisione.
Mircea Cantor ha esposto alla 4° edizione della Biennale di Berlino, al Palais de Tokyo e al Grand Palais di Parigi (tutte nel 2006), al Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig di Vienna, alla Kunsthaus di Basilea, al Museum of Contemporary Art di Chicago e al CCA Wattis di San Francisco (2005), alla Tate Modern di Londra (2004), alla 50° edizione della Biennale di Venezia e all’ Ucla Hammer Museum di Los Angeles (2003) e all’ARC Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (2001).
Nel 2004, in qualità di vincitore del Paul Ricard Prize ha esposto in una personale presso il Centre George Pompidou di Parigi. Mircea Cantor è inoltre co-editor della rivista VERSION magazine (versionmagazine.com).
25
maggio 2006
Mircea Cantor – Born to be burnt
Dal 25 maggio al 16 luglio 2006
arte contemporanea
Location
GAMEC – GALLERIA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Bergamo, Via San Tomaso, 53, (Bergamo)
Bergamo, Via San Tomaso, 53, (Bergamo)
Orario di apertura
martedì - domenica: 10 – 19; giovedì: 10 – 22. Chiuso lunedì
Vernissage
25 Maggio 2006, ore 18.30
Ufficio stampa
CLP
Autore
Curatore