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Una barena intera e portatile: la mostra di Matteo de Mayda da Panorama
Mostre
Il 9 maggio 2025, in concomitanza all’inaugurazione della Biennale Architettura, lo spazio Panorama di Venezia ha presentato la mostra Una barena intera, organizzata e sviluppata come parte del ciclo Surroundings. Coinvolgendo il progetto artistico del fotografo trevigiano Matteo de Mayda, l’esposizione mira a sensibilizzare il pubblico internazionale sul delicato tema delle barene, molto sentito dalla cittadinanza in quanto esemplificazione dei danni irreparabili che ha il turismo di massa sta avendo sull’ecosistema (e non solo) dell’isola.
Questo richiamo all’attenzione si inserisce in un contesto di ideazione più ampio, che ha coinvolto oltre all’artista l’OTS We Are Here Venice e la Fondazione Alinari per la Fotografia (FAF Toscana), con il contributo dell’ornitologo Alessandro Sartori. La mostra, già presentata nell’ottobre 2023 presso CAMERA, il Centro Italiano per la Fotografia situato a Torino, è stata traslata entro gli spazi di Panorama come un frammento felicemente indipendente dell’esposizione originale, costituita da molteplici mosaici zenitali distribuiti in più sale espositive.

Il ragionamento di de Mayda si basa sulle similitudini riscontrate tra i paesaggi artificiali costruiti dal fotografo F. Coubun, assemblati in occasione dei suoi scatti in studio (datati circa 1890) raffiguranti una parte dell’avifauna inglese, e le forme dell’habitat lagunare nel quale queste stesse specie prosperano. Migrando come un uccello verso i suoi luoghi natii, l’artista ha utilizzato dunque l’ispirazione derivata dagli scatti di Coubun per identificare e immortalare le porzioni di barena entro cui i volatili e le molte altre creature si muovono, aiutato dalla preziosa consulenza del sopracitato Sartori. Questo slancio, simile a un vero e proprio impulso da detective, l’ha portato a immergersi -non solo figurativamente- in un equilibrio complesso che, senza un’adeguata tutela, potrebbe presto venire a mancare.
La mostra si struttura principalmente su due dimensioni: a parete sono presenti le fotografie di Coubun, vivificate dalla brillantezza e contemporaneità del materiale di stampa, mentre a terra si espande realisticamente l’opera di de Mayda. Se le prime sono esposte per chiarificare i soggetti della ricerca, la seconda spinge e sonda delicatamente i margini di dell’analisi, simulando le peculiarità del microclima che ospita queste diverse tipologie di uccelli tramite un collage di fotografie zenitali.
Questa tecnica, utilizzata spesso in ambito archeologico e architettonico, prevede che l’asse ottico sia perfettamente verticale rispetto al soggetto che si intende riprendere; la specificità del caso, tuttavia, ha fatto sì che fosse impossibile per de Mayda ottenere un’immagine precisa della barena e dei suoi confini, in quanto soggetti per natura a mutamenti costanti. Il verosimile mosaico che ne risulta, accarezzato addirittura dalla marea crescente, concorre a evidenziare le particolarità di questo luogo – non luogo che, seppur sfumato e spesso inaccessibile, rappresenta una parte fondamentale della vita di Venezia e le sue isole. Lo spessore, inoltre, dei blocchi di legno rettangolari su cui le singole immagini sono state poste, contribuisce nel complesso a restituire una visione schematizzata di uno spazio selvatico, razionalizzato e offerto al pubblico come una testimonianza ottico-scientifica.















