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Alessandro Pongan: oggetti mistici alla Casa degli Artisti di Milano
Mostre
Il pluralismo pressoché illimitato che caratterizza l’arte contemporanea include anche autori con visioni ad ampio spettro sul “fare”. È il caso di Alessandro Pongan, che da anni sviluppa una ricerca trasversale rispetto a modalità espressive assai diversificate. La matrice ibrida del suo mondo estetico deriva certamente da un percorso professionale del tutto “particolare”: questo aggettivo virgolettato indica un’attività ai confini più estremi della progettazione, costituito da scenografie, esperienze multimediali e grafica. Insomma, situazioni che gli hanno consentito di distillare una visione acida e sperimentale del design, fondata sulla temporaneità, su codici espressivi altamente visionari e sulla valenza emozionale degli ambienti artificiali.

In questa esplorazione sensoriale e cerebrale rientrano anche le sue intense riflessioni, in campo artistico, sulla condizione del soggetto nella civiltà contemporanea. Ce ne riferisce attraverso la mostra “Totem (Ex voto)”, in scena alla casa degli Artisti di Milano dal 1 al 19 settembre. Il progetto espositivo permette di cogliere, pur nella differenza dei linguaggi e delle singole soluzioni costruttive, una prospettiva altamente mistica e investigativa della condizione umana, che ha spinto l’artista a elaborare un registro iconografico dal carattere quasi religioso, però del tutto personale. Tra dimensione digitale e stato fisico, Pongan delinea una ricerca soprattutto spirituale in base a temi precisi, forte di una capacità narrativa polimaterica e comunque ad elevato gradiente tecnico. Accanto alle sculture integrate da proiezioni o in versione grafico-pittorica (gruppo Brain drain) e agli arazzi tessili (Human fabric), trova particolare risalto la serie Prono, che sembra sintetizzare in modo ancor più efficace, grazie anche alla forma archetipica delle figure, il punto di vista dell’artista sul ruolo dell’essere umano nel mondo. Un corpo asessuato, stilizzato mediante una rigida geometrizzazione, codifica uno status pervasivo e universale, in una postura che esprime l’inconscio in chiave esistenziale. Esso si apre a una lettura duplice: da un lato, un senso di oppressione e di rinuncia, che ci ricorda tanta scultura romanica; dall’altro, un dare spazio all’universo interiore, compresi demoni e fantasmi. Ma quella posizione introversa può anche rispecchiare un accumulo di energia e di resistenza, in preparazione a un momento di riscatto.

Tutte le opere, e in particolare i Proni, si presentano come totem, figure votive, altari, dal sentore postmoderno, ovvero le soluzioni figurative più idonee a comunicare un ripiegamento verso l’io. Esse irradiano un’energia spirituale tangibile, un senso di mistero e di interrogativo sul senso dell’esistenza.

I Proni costituiscono il tema dominante sia della mostra (promossa da Sinergia Venture) sia della recente produzione di Pongan. E non a caso viene declinato secondo varie soluzioni materiche, lessicali e soprattutto simboliche, tanto da diventare anche bidimensionale: non solo diventa soggetto assonometrico di quadri a tinte brillantissime (Spectrum), ma anche di pattern che, grazie alla ripetizione tendenzialmente infinita del modulo, ne ribadisce il riferimento sociale e universale.















