07 settembre 2025

Eksperimentalna, svobodna in vznemirljiva, così è la 36^ grafični bienale Ljubljana

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“The Oracle: On Fantasy and Freedom” è il titolo della 36^ grafični bienale Ljubljana, sperimentale libera ed emozionante, diffusa in sei sedi e in programma fino al prossimo 12 ottobre

Kathirn Siegrist, A Shade We Share I, 2025. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC

C’è chi programma ogni spostamento, c’è chi invece va alla cieca e solo all’ultimo, in extremis, arrivando in una città mai vista prima consulta il web e gli fa la fatidica domanda: “cosa posso vedere in 24 ore?”. Per Ljubljana suggeriscono il castello, la cattedrale, i ponti, un parco. Ma, ormai lo so, la vita ha sempre più fantasia di noi. E arrivando a Ljubljana, lungo la strada, quella fantasia prende la forma di un grande tessuto che sembra completare l’architettura e fungere da tettoia della Moderna galerija. Macchina al parcheggio, valigie in hotel e via verso quella che poi si rivela A Shade We Share II, un’opera di Kathirn Siegrist che dà il via alla (nostra) scoperta della 36^ grafični bienale Ljubljana. 

The Oracle: On Fantasy and Freedom è il titolo scelto per questa edizione, curata da Chuz Martinez, che ci porta a interrogarci, in tempi di crescente insicurezza, circa il bisogno esistenziale di un punto minuscolo, ma significativo, in cui essere liberi, sognare e rivendicare la libertà e la pace. Questo “minuscolo” punto, che nella visual identity disegnata da Mina Fina e Ivian Kan Mujezinovič (Grupa Ee), si espande, perfetto, senza inizio né fine, assume attraverso le scelte curatoriali la dimensione di una successione continua di istanti, infinita, rinnovabile e universale, finanche metafora esistenziale, che mette in gioco lo spazio, lo spirito e l’intelletto. 

Ajša Pengov, Žogica Marogica, 1951. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC

Diffusa in sei sedi – con un biglietto integrato che permette di vedere anche una serie di mostre collaterali – alla Moderna galerija la grafični bienale Ljubljana entra nel vivo con Žogica Marogica, un burattino colorato creato dall’artista Ajša Pengov per uno spettacolo teatrale tratto da un racconto scritto da Jan Malik che narra la storia di una pallina con tutte le caratteristiche di un bambino, accolta da una coppia di anziani senza figli, e messo in scena per la prima volta nell’odierno Teatro dei Burattini di Lubiana nel 1951. I burattini sono qui per esplorare un mondo che abbiamo troppa paura di affrontare? Assolutamente sì! Ce lo suggerisce la simpatica pallina che tutti gli sloveni conoscono, ce lo ribadisce – ancora Ajša Pengov – con Zlata Ribica, e ce lo conferma Silvan Omerzu, che in questa sede – le sue installazioni  a metà strada tra il teatrale e lo scultoreo, congelate nel movimento o lasciate ai loro movimenti automatizzati, ci accolgono in ogni location espositiva – presenta diversi poeti-burattini impegnati nella scrittura senza sosta di poesie che si diffondono nella stanza come uccelli capaci di coprire grandi distanze con grazia e delicatezza. 

Silvan Omerzu, Miza za pesnika, 2025. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC
Juan Pérez Aggiergoikoia, Who keeps the zoo?, 2025. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC

Sono guidati dalla pura ispirazione o, in quanto burattini, sono anche manipolati dall’esterno? Questo dubbio non ha a che fare solo con l’opera, ci tocca da vicino, proietta la nostra vita intera nel vortice della Biennale: in che misura noi, in ogni gesto e in ogni sguardo siamo influenzati da fattori esterni? Quali che siano questi fattori ce li troviamo nella forma di quattro diagrammi di Venn che Juan Pérez Aggiergoikoia utilizza per la realizzazione di Who keeps the zoo?, un’opera murale, divisa in quattro parti, che affronta tematiche come il monoteismo, l’uomo bianco, la violenza e l’arte per cercare di comprendere come percepiamo il mondo: come multiplo o come uno? L’opera corre lungo il percorso stanza dopo stanza, dove incontriamo anche i lavori di Noor Abed (A Night We Held Between, ispirato alle tradizionali danze palestinesi); di Yarema Malashchuk e Roman Khimei (Open world, un video in cui seguiamo la storia del ritorno in Ucraina dopo l’invasione russa di un ragazzo nella forma di un cane robotico che incontra parenti, amici e cani randagi che hanno scelto di rimanere in un Paese in guerra); di Jane Jin Kaisen (November, una meditazione audiovisiva sulla fine dei tempi, a doppio canale – uno schermo mostra l’immagine di una luna piena che attraversa un cielo nuvoloso, mentre l’altro offre immagini evocative del mondo naturale in metamorfosi), che condivide la sala con Nohemí Perez (Guardians, una serie di disegni di alberi, giganti, antichi e guardiani appunto, che simboleggiano forza, unità e vita); e di Derek Tumala (Island in the Sun, un’installazione composta da un video e da una serie di sculture realizzate con carta fatta a mano dalla pianta di abaca, che ha i contorni di un sogno febbrile, di uno stato mentale, risultato el delirio, del caldo estremo e della perdita di significato dovuta alla crisi climatica). 

Derek Tumala, Island in the Sun, 2025. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC
Juan Pérez Aggiergoikoia e Mladen Stropnik, installation view Moderna galerija. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC

La Moderna galerija offre l’occasione di avvicinarsi anche ai lavori di Ali Vint, Mladen Stropnik – che presenta un’ampia selezione di “oggetti” come dipinti, specchi e sculture, in azione – Eduardo Navarro, Manuela Morales Délano, Ema Kruger con Infinite Repetitions, un collage cinematografico accuratamente coreografato e non ancorato a uno spazio né un tempo particolari, che combina le sequenze iniziali di Homo Erectus e Echoes of Time – il primo è una danza macabra, un confronto con la mortalità; il secondo racchiude il dolore e la devastazione provocati dai conflitti violenti e dagli sfollamenti, dalla devozione cieca e dal fanatismo – e Maria Arnal, una presenza canora, che si sposta da una sede all’altra e che, con la sua voce, ci accompagna verso Grad Tivoli, il polmone verde della capitale slovena, dove siamo accolti dalla lunga processione di stampe di disegni di Sinzo Aanza (The Irregular Line) che esplora l’invenzione dell’arte coloniale in Congo e dove ritroviamo Kathirn Siegrist, in un’area accanto all’auditorium, con una grande installazione pensata come un elemento scenografico che si è staccato dal palcoscenico e ha assunto una vita propria che cambia infinite forme con il vento e con la luce del sole (A Shade We Share I). 

36^ grafični bienale Ljubljana. Grad Tivoli. Ph. Urška Boljkovac. Archiv. MGLC
Gabi Dao, Sweet Blood in Stagnant Waters, 2025. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC

Dentro al parco la scoperta dei protagonisti della 36^ grafični bienale Ljubljana è articolata e affascinate. La prima sosta è Grad Tivoli, un connubio di magia ed emozioni che scaturiscono dal potere degli artisti di creare nuove narrazioni, nuovo folklore. È il caso di Gabi Dao, vincitrice di questa edizione della Biennale, che costruisce una narrazione fittizia nel tentativo di ampliare le possibilità di comprensione dei modi non normativi di creare legami tra esseri umani e non umani attingendo sia alla fantascienza che al ciclo vitale della zanzara (Sweet Blood in Stagnant Waters); come anche di CANAN, che interviene in quattro stanze del piano espositivo progettando un percorso di costruzione della propria autostima a cui dà la forma di un giardino mistico (Kıymeti Zatiyye).

CANAN, Sweet Blood in Stagnant Waters, 2025. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC
Silvan Omerzu, Mr Captain, 2025. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC
Gabriel Abrantes, Barbo Loops, 2024. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC

Sullo stesso piano ritroviamo Manuela Morales Délano, che qui sottolinea il paradosso dei limiti imposti agli uccelli – non così diversi dalle tattiche repressive che gli Stati nazionali usano contro i migranti – con due sculture due spaventapasseri, ciascuno composto da una pietra e da punte metalliche utilizzate nelle città per allontanare i piccioni, e Silvan Omerzu, questa volta con un’installazione antimilitarista che mette in guardia il futuro circa la minaccia, sempre più reale, della crudeltà della macchina da guerra. 

Il culmine emozionale di questa tappa porta il nome di Gabriel Abrantes. Sua è Bardo Loops, un’installazione video a quattro canali che ci trattiene, immobili, di fronte e dentro il turbinio di stati d’animo di quei fantasmi che Abrantes ha sempre dipinto e che con l’installazione anima. Finiamo con l’essere partecipi delle loro emozioni, delle loro crisi profonde e travolgenti, quella ecologica, quella di essere sopraffatti dai social media e dall’intelligenza artificiale, quella di non sapere più come conciliare le nostre paure personali con l’ansia globale: non sono poi così diverse dalle nostre.

Gabriel Abrantes, Barbo Loops, 2024. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC
Vesna Petrešin con Prof Dr Eugen Petrešin, Autonomous Energy Machine, 2025. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC
Joan Jonas, To Touch Sound, 2024. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC

Al parco, la seconda tappa prevede una visita nella Švicarija, un’ex pensione, prima del terremoto che distrusse Lubiana nel 1895, poi un hotel che in breve divenne il punto di incontro per artisti e intellettuali, successivamente casa di molte persone bisognose. Qui, insieme a Silvan Omerzu – questa volta l’installazione è ispirata a Ivan Cankar, uno dei più importanti scrittori, poeti e drammaturghi sloveni, nonché ex abitante di Švicarija, e racconta la storia di ragazze malate e maltrattate intrappolate in un ospizio, dove attendono la morte al riparo dal mondo violento – incontriamo anche una selezione di disegni di Miles Howard-Wilks, due lavori di Joan Jonas (tra cui il video To Touch Sound che documenta la nascita di un capodoglio) e un’installazione di Vesna Petrešin in collaborazione con Prof Dr Eugen Petrešin (Autonomous Energy Machine) che assume i contorni di un laboratorio segreto e scopriamo il lavoro di uno scienziato e di un artista che stanno sviluppando insieme dispositivi in grado di generare energia pulita e gratuita per il mondo. Tutte insieme, significativamente in questo luogo che conosce la catastrofe, ci sollecitano a contrastare il desiderio di fuga che naturalmente a volte proviamo, come a dire che la fantasia è la nuova fondazione e l’unione la prossima rivoluzione. 

Ingo Niermann e Mayte Gómez Molina, Hieroglyphs of the Monadic Age, 2025. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Gregor Gobec

Dal parco ci si muove verso il centro della città, si passa accanto alla Cattedrale di San Nicola, si attraversano i ponti sotto cui scorre il fiume Ljubljanica, si butta un occhio al castello e uno al drago, leggendario protettore della città, per raggiungere la Mestna galerjia Liubljana, ultima sede del nostro tour che richiama la nostra attenzione con Hieroglyphs of the Monadic Age, un video di Ingo Niermann e Mayte Gómez Molina– proiettato anche nella vetrina – che offre un catalogo animato di scenari ambientali, sociali, politici ed emotivi. All’interno Silvan Omerzu sceglie di ispirarsi al passato antico della città e alla sua mitologia, legata al vicino fiume Ljubljanica da poco attraversato, per farci riflettere sull’inevitabilità del destino; mentre Takeshi Yasura crea Distilled, uno spazio di ascolto dove l’azione non nasce dall’intenzione umana bensì dall’attività intrinseca dei materiali come acqua, luce e suono. Sullo stesso piano Saelia Aparicio, autrice anche di una grossa installazione di disegni intitolata In the Blink of Collapse, trasforma lo spazio utilizzando specchi convessi come occhi che distorcono e miniaturizzano tutto ciò che riflettono. 

Takeshi Yasura, Distilled, 2025. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC
Saelia Aparicio, In the Blink of Collapse, 2025. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Gregor Gobec

Chiude la 36^ grafični bienale Ljubljana The Rehearsal Room di Nicole L’Huillier, uno spazio di risonanza, un portale tra la vita reale e la realtà onirica, dove sintonia, improvvisazione e dialogo costituiscono le fondamenta di una società dinamica e relazionale. Questa stanza ci invita a sognare, ci fa ripensare a tutto quello che abbiamo visto, che è nuovo, insolito, diverso da quello che i soliti palcoscenici ci mostrano. Ci fa ricordare che ci vuole un barlume di speranza per andare avanti, soprattuto in ambienti devastati nonostante la minaccia di un futuro sempre più distopico. Ma soprattutto ci restituisce quel modo di guardare che abbiamo perso, libero dal condizionamento di ciò che crediamo essere o che deve essere. Un modo semplice, che ci dà l’occasione di immaginare, ancora, la possibilità dei legami. 

Nicole L’Huillier, The Rehearsal Room, 2025. 36^ grafični bienale Ljubljana. Ph. Jaka Babnik. Archiv. MGLC

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