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Other Identity #171, altre forme di identità culturali e pubbliche: Umbertha Richeux
Fotografia
Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Umbertha Richeux.

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Secondo me l’arte è condivisione di emozioni, una porta per fuggire, l’aspirazione alla grandezza dell’anima. L’arte è una vibrazione che ci tocca nel profondo senza davvero conoscere il perché. E questa è la magia».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Ho sempre sostenuto la necessità di ampliare i diritti personali dell’uomo in modo da garantire a chiunque il diritto di riconoscersi in ciò che meglio crede. Ma questa è un’altra storia. La mia identità artistica è vibrazione: una forma di invito all’arricchimento dello spirito attraverso la cattura di ciò che non è sempre visibile all’occhio. Contrapporre l’essere umano alla prestazione, il battito del cuore al calcolo freddo e cinico, l’anima all’apparenza, la sensualità al corpo».

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«Sento forte il bisogno di creare, di esprimermi, di estrarre tutte le emozioni che fremono dentro di me. Nel pubblicare i miei lavori colgo l’opportunità di condividere la mia sensibilità, di far volare le mie emozioni e riconoscermi come “poeta”».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«La messa in discussione di ciò che è già stato fatto è lo stimolo per sfidare le convenzioni ed esplorare nuove forme di espressione. Per quel che mi riguarda, ho sempre sostenuto che ogni creazione è il risultato di ciò che siamo, di ciò che abbiamo sentito, visto, vissuto. Ogni creazione è il frutto delle nostre emozioni».

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«La percezione di se stessi influisce sulle opere ed ho sempre sostenuto anche il contrario. Io mi ritengo un’artista. E come tanti dico che “sono la mia artista preferita” perché mostro al pubblico ciò che mi piace fare, con naturalezza e senza condizionamenti da aspettative o obblighi. Questo atteggiamento è fondamentale per mantenere l’armonia con la parte più profonda di me stessa».

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Mi sarebbe piaciuto dipingere e disegnare fumetti ma un incidente in motocicletta è stato la causa di traumi che mi hanno fatto perdere la destrezza della mano. Mi piace scrivere sui temi della bellezza della paura e su come superarla. Approfitto delle pubblicazioni su PATREON per arricchire le mie foto con qualche scritto, da cui traggo anche l’intensa soddisfazione di chiudere il cerchio artistico di immagini e parole».


Biografia
Umbertha Richeux è un’autoritrattista, si fotografa da sola, nuda o vestita. Ha iniziato questo esercizio nel 2012 in luoghi abbandonati che offrono uno scenario vicino ai disegni che realizzava da bambina. La fotografia è una modalità di comunicazione ed espressione, come la professione di avvocato esercitata per 15 anni a Versailles, in Francia. Oggi vive in Italia, alle porte di Bologna, e dà lezioni di francese. La fotografia rimane onnipresente nel suo quotidiano ed i suoi lavori sono stati oggetto di numerose mostre, articoli sulla stampa e un libro, Appat de loup.














