15 settembre 2025

La straordinaria storia di Hans Hartung e Anna-Eva Bergman in una retrospettiva congiunta alla Kunsthalle di Praga

di

La Kunsthalle di Praga, fino al 13 ottobre, rende omaggio a Anna-Eva Bergman e Hans Hartung, coppia di artisti protagonisti dell’astrattismo europeo del Novecento, in una mostra che ne mette in luce il sodalizio umano e creativo

Anna-Eva Bergman & Hans Hartung: And We’ll Never Be Parted, a cura di Theo Carnegy-Tan e Pierre Wat, non è semplicemente una doppia antologica, ma un intreccio di visioni e corrispondenze, che fa emergere l’arte come terreno di vita condivisa. La mostra valorizza questo dialogo: per la prima volta le loro opere vengono lette come complementari, rivelando risonanze che non cancellano le differenze ma le rendono feconde.

Il percorso espositivo, organizzato in sezioni tematiche che esplorano i nuclei centrali della loro poetica, si snoda tra dipinti, disegni, fotografie, oggetti e documenti d’archivio – molti dei quali inediti – restituendo non solo la ricerca dei due artisti, ma anche la trama di una relazione d’amore segnata da vicissitudini personali e sperimentazioni pittoriche.

Anna-Eva Bergman & Hans Hartung, And We’ll Never Be Parted, Kunsthalle di Praga.

Bergman, svedese-norvegese (1909–1987), è oggi riconosciuta come pioniera dell’astrazione, mentre Hartung, tedesco (1904–1989), ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo dell’arte gestuale e informale. I due si incontrano a Parigi nel 1929, si sposano nello stesso anno e intraprendono numerosi viaggi: Dresda, Costa Azzurra, Norvegia e infine Praga, dove Hartung portò Bergman nel 1931 per festeggiare il suo ventiduesimo compleanno. Proprio da quella vacanza, la Kunsthalle di Praga prende spunto per costruire il filo della mostra.

Anna-Eva Bergman & Hans Hartung, And We’ll Never Be Parted, Kunsthalle di Praga.

Nel 1937 Bergman decide di separarsi da Hartung con una lettera, oggi esposta in mostra: «Provo a farmi strada nel mondo da sola, e ci riuscirò. Ma devo essere completamente libera e autonoma, e soprattutto avere molto tempo da dedicare esclusivamente al mio lavoro». Da quel momento le strade si dividono: Hartung si arruola nella Legione Straniera per combattere i nazisti, esperienza che lo segna profondamente e gli costa la perdita di una gamba durante l’assedio di Belfort. Nei suoi anni più duri, ferito e mutilato, deve reinventare il proprio stile pittorico, avvicinandosi temporaneamente a una figurazione influenzata dall’artista Julio González, la cui figlia Roberta sposa nel 1939. Bergman, invece, torna in Norvegia, dove matura un linguaggio astratto essenziale, caratterizzato dall’uso della foglia d’oro e da riferimenti costanti alla natura nordica.

I due si ritrovano a Parigi nel 1952 e si risposano nel 1957. Da quel momento la loro vicenda biografica e artistica diventa inseparabile: ad Antibes condividono la stessa casa e il medesimo orizzonte di ricerca, pur mantenendo studi distinti e linguaggi autonomi. L’esposizione lo evidenzia con chiarezza, mettendo in dialogo opere che testimoniano differenze e punti di contatto: da un lato la gestualità esplosiva di Hartung, nutrita dall’urgenza del segno, dall’altro la lentezza rigorosa di Bergman, in cui l’oro e l’argento diventano materia luminosa per evocare rocce, orizzonti e costellazioni.

Un ruolo centrale nel percorso è affidato alla “poetica degli elementi”: aria, acqua, terra e luce emergono come principi vitali della loro pittura, trasformati in presenze concrete attraverso segni e cromie. Se Hartung traduceva le energie naturali in esplosioni gestuali, Bergman le sublimava in forme simboliche in cui l’obiettivo non era dipingere la natura, ma dipingere con la natura. È qui che la mostra rende più evidente come i due artisti abbiano condiviso una sensibilità quasi panteistica, radicata nella percezione della natura come forza originaria.

Particolarmente suggestiva anche la sezione dedicata alle pietre, simbolo delle loro diverse attitudini: per Bergman collezioni infantili divenute forme archetipiche della sua pittura; per Hartung superfici minime su cui sperimentare nuove possibilità espressive. Accanto, la sezione il “viaggio cosmico” restituisce la loro comune fascinazione per lo spazio, inteso non come fuga dalla realtà ma come tentativo di spingersi oltre il visibile ed elaborare una pittura fuori dal tempo. Come un campo elettromagnetico, ogni dipinto doveva essere un ‘perpetuum mobile’ che testimoniasse l’incontro di forze opposte da cui far emergere un nuovo mondo.

Non mancano momenti più intimi, come la serie di doni che i due si scambiarono lungo tutta la vita, o le opere tarde di Hartung, segnate dalla perdita di Bergman e caratterizzate da un gesto pittorico che si fa fragile, quasi evaporato nello spazio bianco della tela, in cui il ricordo di chi si ama rimanda allo splendore dell’universale.

Questa retrospettiva restituisce dunque la forza di un sodalizio raro, fondato sulla stima e sulla reciproca influenza che non si esaurisce nell’aneddoto sentimentale. L’esito è una riflessione più ampia sul modo in cui due voci autonome possano dar vita a un’unica costellazione, capace di illuminare ancora oggi il nostro sguardo.

Anna-Eva Bergman & Hans Hartung, And We’ll Never Be Parted, Kunsthalle di Praga.
Anna-Eva Bergman & Hans Hartung, And We’ll Never Be Parted, Kunsthalle di Praga.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui