28 settembre 2025

Other Identity #173, altre forme di identità culturali e pubbliche: Michela Taeggi

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Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione, nel terzo millennio: la parola a Michela Taeggi

Michela Taeggi, dalla serie echi visionari, fotomanipolazione, 2024

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Michela Taeggi.

Other Identity: Michela Taeggi

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«Il confine tra ciò che è personale e ciò che è condiviso è molto sottile. Personalmente questo confine è stato oltrepassato, poiché la maggior parte del mio lavoro è autoreferenziale, trasformando così il privato in pubblico attraverso un’espressione legata alla libertà di pensiero e di coscienza. Spesso nei miei progetti ricorro ad una narrazione per serie o sequenze che mi consente di plasmare la realtà secondo il mio pensiero. Attraverso il processo narrativo, posso ridefinire me stessa ogni volta che un progetto si conclude. II mio lavoro affonda le radici nella ricerca della bellezza e dell’invisibile, nell’ autoanalisi anche se non del tutto esplicitato.

A tal proposito ricordo una citazione di Duane Michals che anni fa mi colpì molto: “Non cercate di essere artisti: cercate di essere veri. Se la vostra visione è onesta, l’arte vi troverà”.  Michals invitava a un approccio all’arte che mettesse in risalto la sincerità e la profondità dell’espressione personale. Questo significava liberarsi dalla pressione di conformarsi a standard predefiniti o di cercare il successo a tutti i costi, valorizzando l’importanza dell’onestà e dell’autenticità del proprio essere. Fare arte ed esporsi al pubblico è dunque un atto di coraggio o di follia, dipende dai punti di vista».

Michela Taeggi, dalla serie Splende il lume là nella sala, Collage con fotografie di archivio, foglia d’oro e filo, 30×40, 2024

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«Non amo pensare ai generi e catalogare un progetto artistico secondo caratteristiche riscontrabili in un contesto o nell’altro. Oggi viviamo in un periodo dove la fotografia è sempre più fluida e meno riconducibile ad un genere preciso. La mia ricerca si sposta su un piano indefinito dove la fotografia, in alcuni progetti, dialoga con altri media come la scrittura e il collage. Questo mi permette di comunicare in modo più efficace quando la fotografia non è sufficiente. Il mio lavoro più in generale, si orienta verso una dimensione narrativa. Narrare è un’esigenza a cui sento la necessità di rispondere costantemente».

Michela Taeggi, dalla serie Splende il lume là nella sala, Collage con fotografie di archivio, foglia d’oro e filo, trittico, 2024

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«In realtà non molto. In ambito social media non cerco grandi numeri, like o consensi che siano. Cerco di mantenere integra l’onestà intellettuale con la quale svolgo il mio lavoro. Mi espongo nel momento in cui semplicemente mi va di farlo e con particolare attenzione a quello che pubblico. Seguo il flusso creativo e non le operazioni di marketing che potrebbero aumentare la mia visibilità come artista. Non è quello che cerco. Non sono un’artista compulsiva, possono passare molti mesi primi di rimettermi al lavoro su un altro progetto.

Con questo approccio sento di rispettare i miei tempi e valorizzare la mia produzione artistica ma soprattutto apparire per quello che sono. Le mostre personali sono gli eventi che amo particolarmente. In queste occasioni la relazione diretta con il pubblico è intensa e lascia sempre qualcosa di estremamente interessante».

Michela Taeggi, dalla serie Memorie liquide, fotomanipolazione, 2023

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«La parola rielaborazione è sempre stata una costante del mondo dell’arte. Abbiamo un’eredità enorme alle spalle che inconsapevolmente è diventata parte di noi. E’ materia sulla quale poter lavorare, sperimentare o rieditare. Nel mio lavoro ci sono tracce inequivocabili del passato. In alcuni progetti inserisco testi scritti a mano, nati con la pratica della scrittura automatica in auge nel periodo surrealista. In altre opere fotografiche si possono riscontrare riferimenti estetici e concettuali appartenenti agli anni ‘60/’70».

Michela Taeggi, dalla serie echi visionari, fotomanipolazione, 2024

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«La mia pratica artistica attraversa ogni aspetto della mia esistenza, è di fatto una scelta che porta con sé aspetti sia positivi che negativi. Non sono certa di potermi definire un’artista, ma sicuramente sono una persona estremamente curiosa, assetata di conoscenza, sempre alla ricerca della bellezza e dell’essenza autentica di tutto ciò che mi circonda.

Mio padre mi ha educato al bello, ad ogni forma di libertà e al valore dei sentimenti; tutto questo ha profondamente influenzato il mio stile di vita. Ho avuto la fortuna di crescere sulle rive di un lago, immersa in una natura splendida che ha fatto parte integrante delle mie giornate. Qui, da bambina, ho imparato il concetto di ciclicità, di trasformazione e di adattamento, temi che ritornano costantemente nella mia ricerca artistica. Amo considerare la vita come un grandioso capolavoro poetico».

Michela Taeggi, dalla serie (I)Sola, polaroid e manipolazione digitale, 2023

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«Avrei voluto essere una scrittrice. Ho sempre amato la figura dello scrittore romantico e visionario. Vorrei chiudermi in una stanza vicino al mare. In un luogo senza tempo né confini e perdermi nei miei pensieri, coglierne ogni sfumatura inaspettata e gettare su un foglio bianco quello che potrebbe essere l’inizio di qualcosa di straordinario».

Michela Taeggi, dalla serie The novel of nature, fotografia digitale, 2017

Biografia

Michela Taeggi, nasce a Varese e dopo aver vissuto qualche anno a Milano si trasferisce a Bergamo, dove oggi vive e lavora. Dopo una carriera nel fotogiornalismo con le testate nazionali più importanti, oggi si dedica alla fotografia di ricerca e alla formazione. Nel 2013 il suo progetto Love grows è stato selezionato nella short list categoria People, al Sony World Photography Awards. Riceve la menzione d’onore durante il Photo Annual Awards, per il suo progetto Child of the Woods nella categoria (E) Motions Serie, 2014.

Il suo lavoro è stato esposto in Italia, in mostre collettive e personali. È autrice di alcune pubblicazioni editoriali. Nel 2020 fonda Immagini In Movimento, una scuola online dedicata alla cultura fotografica e alla formazione.

La ricerca artistica di Michela Taeggi è volta all’esplorazione dell’ambiente in relazione alla percezione e agli stati d’animo dell’uomo. Attraverso la narrazione autobiografica, utilizzando linguaggi differenti come la fotografia, il collage e la scrittura, crea un dialogo visivo dettato da una poetica sempre in bilico tra distruzione e creazione.

 

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