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Le ossessioni di David Weiss al MASI di Lugano
Mostre
Ci sono mostre che si limitano a esporre opere; altre, più rare, hanno la capacità di ricostruire mondi. David Weiss. Il sogno di Casa Aprile al MASI Lugano appartiene ad una dimensione altra, dove la narrazione non percorre il normale fluire del tempo, ma diviene uno squarcio di esistenze. L’esposizione, curata da Tobia Bezzola e Virginia Marano in collaborazione con The Estate of David Weiss, non è soltanto un omaggio agli anni giovanili di uno degli artisti svizzeri più significativi del secondo Novecento, ma una vera e propria immersione in un’esperienza collettiva, fragile e irripetibile, che tra il 1968 e il 1978 trovò casa in un borgo del Canton Ticino.
Tutto parte da Carona, che non è una semplice cornice geografica ma un crocevia di storie, spesso nascoste. Fin dall’inizio del secolo scorso il villaggio, arroccato tra il lago di Lugano e il Monte San Salvatore, ha attratto scrittori e artisti in cerca di rifugio e di paesaggi di ispirazione. Hermann Hesse vi trovava un terreno fertile per la meditazione e la scrittura; negli anni Sessanta la casa acquistata da Meret Oppenheim e suo fratello Burkhard Wenger diventa invece teatro di un esperimento diverso, meno solitario e più comunitario. Casa Aprile, affidata poi al nipote Christoph Wenger, si trasforma in un catalizzatore di energie: non una scuola, non un movimento, ma, come osserva Bezzola, una “costellazione effimera” di vite creative.

Al centro di questa esperienza c’è il giovane David Weiss. Lontano ancora dall’incontro con Peter Fischli che lo consacrerà sulla scena internazionale, Weiss è un artista in formazione, curioso e permeabile. I materiali presentati al MASI, oltre duecento tra disegni, quaderni, fotografie, lettere, registrazioni sonore, restituiscono un laboratorio quotidiano, intimo e ironico. La linea grafica si fa psichedelica, fluida, in bilico tra poesia visiva e narrazione comica. È un linguaggio che non si limita a registrare il mondo, ma lo trasforma in un flusso di associazioni libere, in metamorfosi continue e in ossessioni del divenire. La mostra non si limita a guardare Weiss in prospettiva biografica. Il racconto corale è altrettanto centrale. Accanto ai suoi lavori, troviamo le fotografie di Willy Spiller, le registrazioni sonore di Anton Bruhin, i disegni di Peter Schweri, i numeri della rivista Nachtmaschine di Matthyas Jenny. Ognuno di questi materiali racconta un frammento di quella vita comunitaria, fatta di prossimità, di ironia, di pratiche condivise. Stampare, disegnare, registrare suoni non erano attività separate, ma gesti intrecciati in un quotidiano creativo. Ne scaturisce un’immagine di Casa Aprile come microcosmo in cui urbano e rurale, gioco e serietà, solitudine e collettività si mescolano senza soluzione di continuità. Persino la città entra in scena come eco trasformata, filtrata attraverso la quiete ticinese.

Ciò che colpisce, in questo percorso, è la capacità della mostra di andare oltre la celebrazione dell’artista. Il sogno di Casa Aprile non mette Weiss su un piedistallo – anzi spesso la sua figura sparisce – ma lo inserisce in un contesto, riconoscendo che la creatività spesso germina in ambienti marginali, lontani dai centri istituzionali, e che il lavoro di un artista si nutre di dialoghi, di amicizie e di moltitudini.

Con Il sogno di Casa Aprile, il MASI Lugano compie un’operazione preziosa, restituisce gli anni formativi di David Weiss senza ridurli a un prologo, ad una mera retrospettiva della carriera dell’artista. La mostra è al tempo stesso un viaggio nella memoria di un luogo e un invito a ripensare le geografie della creatività, non sempre i centri consacrati, ma spesso i margini, gli interstizi, le pozze, le ossessioni, le comunità effimere come quella di Carona. La mostra sarà visibile fino al 1 febbraio 2026.














