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Pittura e altre illusioni di Dennis Tyfus, in mostra alla Van Laere di Roma
Mostre
Oi on Canvas è la prima mostra personale dell’artista belga Dennis Tyfus (Anversa, 1979) a Roma, presso la Tim Van Laere Gallery (la terza con la galleria ad Anversa, Belgio). Sono tutti scenari riconoscibili, quelli che dipinge Dennis Tyfus, che appartengono al quotidiano o a un ricordo vissuto: il circo come legame assoluto e di significato, gli spazi familiari di una città, quella in cui ciascuno di noi vive, gesti che vorremmo compiere (come in Rebel without a Car, 2025), situazioni controverse, incontri buffi o surreali con l’altro (come in Afterparty without Bluetooth, 2025), gruppi di persone incontrate dietro l’angolo (Soon to Be Startled, 2025).

La linea surreale che l’artista attraversa in ogni raffigurazione sottolinea il potenziale che fuoriesce dall’unione del luogo fantastico col piano del tangibile. Il bosco, legato all’immaginario fiabesco e onirico, s’intravede sullo sfondo di Do You Really Think the Birds Are That Stupid (2025), mentre in primo piano compaiono i tendoni di un circo, simbolo di trasformazione e di passaggio da una condizione di percezione all’altra. È così che ogni situazione rappresentata diviene incorporea, non sussiste più un distinguo tra ciò che è reale e ciò che non lo è.

Di conseguenza, le immagini raffigurate sembrano proseguire con la loro vita al di fuori della nostra visione, diviene imprevedibile il seguito del racconto che potrebbe intraprendere differenti direzioni, dualismi, discorsi narrativi che s’intrecciano progressivamente l’un l’altro. Il soggetto acquisisce così un significato ulteriore, personale, con molteplici aperture, un elemento possibilistico emerso probabilmente dalla necessità di collegare differenti strumenti artistici.
Mentre l’immagine diviene un mezzo attraverso cui transitano frammenti di dialogo, lo spettatore è chiamato a sua volta a partecipare in modo attivo e a ricomporre i tasselli che legano il visibile al non visibile. In tal senso le opere di Dennis Tyfus non si limitano a illustrare ma introducono a una dimensione partecipativa ed esperienziale che deforma e rigenera lo spazio immaginifico.

Il primo elemento che emerge, perciò, è uno stato di dormiveglia visibile in Increase the Pleasure! (2025), ancor più in Some Things Are Self-Evident, but They Become More Evident When They Are Said Aloud (2025) e nelle opere monocromatiche, con una palette evidentemente satura, che vanno a pari passo con i disegni e il significato degli stessi strettamente legato all’inconscio (Fruit: Forgotten Vegetables, 2025; Ain’t Washing These Friends No More!, 2025).

L’approccio stilistico di Dennis Tyfus è infatti dettato da una multidisciplinarietà evidente e continuativa di cui la pittura è solamente l’ultimo gradino (la mostra sancisce il suo debutto come pittore) tra progetti editoriali (fanzine e vinili), la conduzione ventennale di un’etichetta radiofonica ad Anversa, la fondazione di un museo open air con programmazioni estive e, non ultima, la produzione musicale.

Con Let the Work Speak for Itself and Other Bullshit (2025), la ripetizione di volti, quasi ironicamente rappresentati, sembra attraversare il momento di passaggio che precede il risveglio, in cui si mescolano intense allucinazioni visive che svaniscono progressivamente, rafforzate dal gesto pittorico abbandonato al caos, all’eclettismo, alla fuga dalla definizione – è affine, in questo, ad artisti come Mike Kelley o Dieter Roth -, a differenza di quanto accade nei disegni, attorno ai quali gravita gran parte della sua produzione più recente, in cui Tyfus impiega una gamma cromatica vivace, satura e brillante, inserendo costantemente la propria figura talvolta distorta, camuffata o resa in forma caricaturale.

D’altro canto, nella sua pratica pittorica attuale l’artista sceglie, al contrario, di escludere completamente la propria presenza, lasciando che la narrazione si sviluppi in modo autonomo, indipendentemente dal sé. Se tale rinuncia riporta la centralità del discorso sull’apertura del gesto pittorico, indirizzandone il senso verso un’intenzione che supera la matrice, la scelta di palesare la propria identità rende l’interpretazione non più autonoma e indipendente ma parzialmente subordinata e meno accessibile.

È così che l’artista estende il reale, attribuisce potere all’esperienza e opera mediante l’illusione e l’onirico, scavalcando delle soglie, degli spazi incontaminati e percettivi decisamente vicini a tutte quelle forme di conoscenza che esulano dal mondo sensibile.
La mostra di Dennis Tyfus sarà visitabile alla Tim Van Laere Gallery di Roma fino all’8 novembre 2025.














