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Nelle foto di Riccardo Ghilardi, la Mole Antonelliana diventa il set di un film
Fotografia
di redazione
Dal 12 novembre 2025 all’1 marzo 2026 le Gallerie d’Italia di Torino presentano Piano Sequenza la Mole, mostra fotografica di Riccardo Ghilardi curata da Domenico De Gaetano e realizzata da Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema. L’esposizione celebra i 25 anni del Museo situato nella Mole Antonelliana, simbolo della città di Torino, e il legame indissolubile tra cinema, architettura e arte.
Il fotografo Riccardo Ghilardi ha costruito un vero e proprio piano sequenza per immagini: un flusso continuo che attraversa la storia del cinema dalle origini alla contemporaneità, percorrendo le collezioni del Museo ed evidenziando le presenze di attori e registi tra i più celebri del panorama internazionale. Tra i protagonisti fotografati figurano, in rigoroso ordine alfabetico, Mathieu Amalric, Monica Bellucci, Tim Burton, Damien Chazelle, Willem Dafoe, Xavier Dolan, Asghar Farhadi, Alessandro Gassmann, Giancarlo Giannini, Peter Greenaway, Ron Howard, Pablo Larraín, Luca Marinelli, Malcolm McDowell, Martin Scorsese, Sharon Stone, Carlo Verdone e molti altri nomi, a comporre una costellazione di talenti iconici della cinematografia.

«In questo racconto onirico del Museo Nazionale del Cinema, fra il 2021 e il 2025 ho messo in sequenza istanti immutabili, ritratti di incontri sorprendenti che non potrò mai più dimenticare», ha raccontato il fotografo, nato a Roma nel 1971. «Come un lungo “carrello” che attraversa la Mole da un versante all’altro e dal basso verso l’alto, le fotografie rivelano gli spazi, i preziosi tesori, la memoria e gli artisti meravigliosi che la mantengono viva. Le attrici e gli attori del nostro cinema che si sono avventurati sono gli assoluti protagonisti di questo racconto che vede rinascere i personaggi del cinema passato e ne inventa altri mai esistiti e solo immaginati. Molti di loro ci mostrano i tesori custoditi nel Museo, altri rievocano scene di film iconici, mentre i grandi maestri e gli sceneggiatori sono “affaccendati” nello studio, la scrittura e la lettura di ciò che maggiormente li ha ispirati per diventare oggi quello che sono».

Così, le opere fotografiche restituiscono una pluralità di sguardi e di interpretazioni. Gli artisti coinvolti hanno abitato la Mole Antonelliana come fosse un palcoscenico aperto: alcuni sorseggiano un tè nella penombra come se vivessero tra le sue mura, altri danzano sulla cupola, leggono sceneggiature o si perdono tra le lanterne magiche del Museo. Ogni immagine diventa un frammento narrativo, una scena sospesa tra realtà e finzione, che rimanda ora a capolavori del cinema come Mary Poppins, Roma città aperta, Arancia meccanica o Scarpette rosse, ora a film che devono ancora essere girati.

«Sono arrivato a Torino in una fredda giornata piovosa», così Willem Dafoe racconta l’esperienza. «Mi hanno fatto indossare una tuta blu e mi hanno truccato in modo accentuato. Poi ci siamo diretti verso le scale nella cavità della cupola e abbiamo scattato anche alcune foto all’aperto, nonostante il tempo pessimo, sulla terrazza panoramica che offre una vista spettacolare sulla città e sulle Alpi. Mi sentivo come Quasimodo là fuori sulla terrazza: infelice ma a casa, con l’edificio come suo rifugio. All’interno della cupola, mi sentivo come un operaio solo “dopo l’orario di lavoro” che osservava il museo fingendo che fosse il suo palazzo privato».

E ancora, «All’interno della Mole Antonelliana, la storia sussurrava tutt’intorno a noi», nelle parole del regista Ruben Östlund. «Reinterpretando The Square con Terry, sotto la luce soffusa, ci siamo imbattuti in un dilemma, in uno spazio di fiducia, tensione, rispetto, speranza. L’obiettivo di Riccardo non ha catturato solo un ritratto, ma la fragile danza dell’esistenza comune. Un momento che parla al mondo che vogliamo creare».
In 16 fotografie, il pubblico potrà accedere, tramite QR code e app dedicata, a contenuti digitali esclusivi, come clip di backstage e brevi testimonianze degli artisti, mentre le didascalie tecniche riportano i materiali d’archivio del Museo utilizzati durante gli scatti, sottolineando il legame diretto tra patrimonio storico e visione contemporanea. Un ruolo speciale è affidato a Giovanna Mezzogiorno, che nel progetto interpreta Maria Adriana Prolo, fondatrice del Museo Nazionale del Cinema, e ne diventa la voce narrante nel documentario di backstage proiettato all’interno della mostra.
Il percorso trova la sua sintesi nel volume Il Tempio del Cinema, edito da Allemandi e curato da Carlo Chatrian, attuale direttore del Museo, che accompagna l’esposizione come estensione critica e poetica del progetto.














