13 novembre 2025

Ai poli opposti di New York, due mostre per riflettere su ambiente e antropocene

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Dall’East Village all’Upper East Side, dallo storico 9th Street Coffee alla facciata del Metropolitan, due mostre di Mark Roth e Jeffrey Gibson riflettono sull’impatto degli esseri umani sull’ambiente

Ph. Francesca Magnani

A New York, il 9th Street Coffee è un’istituzione dell’East Village e Mark Roth, il barista che sta nella location della Nona Strada, è anche il curatore della galleria che sta nella sede sulla Decima Strada, proprio a ridosso di Tompkins Square Park, il cuore pulsante di Alphabet City. La pratica artistica di Roth, pittore affermato formatosi all’Art Institute of Chicago (BFA) e alla Transart/Plymouth University (MFA), si distingue per l’indagine approfondita sulle sfide dell’Antropocene, l’attuale era geologica segnata dall’impatto umano su scala planetaria. Attraverso la pittura, Roth esplora tematiche come il rewilding, l’eco-lutto, l’etologia e il potere dell’arte come strumento di ricerca e consolazione.

Ph. Francesca Magnani

La carriera di Roth inizia come monologhista nella scena della performance art di Chicago degli anni Ottanta e Novanta. Questo background performativo si riflette nella sua pratica pittorica, che rimane permeata da una tensione narrativa e da una ricerca di coinvolgimento sensoriale. Le sue opere non mirano solo a rappresentare ma a stimolare una reazione emotiva negli spettatori, spesso sollecitando domande sulla relazione tra l’uomo e il mondo naturale.

Dal 2015 al 2017, Roth aveva presentato l’installazione di realtà aumentata non autorizzata Missing the Megafauna: Rewilding The Canon all’interno del Metropolitan Museum of Art di New York, invitando il pubblico a riflettere sull’assenza degli animali estinti nelle narrazioni artistiche occidentali. Il lavoro, tuttora accessibile tramite smartphone, ha messo in discussione i confini tra visitatore, collezione e ambiente circostante.

Ph. Francesca Magnani

Con il progetto curatoriale, che lui ha chiamato Adjacent To Life ha promosso oltre 140 mostre a New York, consolidando il suo ruolo centrale nel panorama artistico della città. In questi giorni e fino al 14 novembre Mark Roth si autopromuove e presenta la sua personale, Groves: A Selection of Works, 2021–25. Chi entra al bar trova opere che esplorano una pluralità di relazioni e antagonismi naturali: l’ottimismo effimero dell’impollinazione, la melodia della fioritura e la brutalità della lotta per la sopravvivenza, tutti elementi stratificati sull’entropia organica della foresta.

Come mette in evidenza il poeta Leon Brown, autore della presentazione della mostra, ogni quadro invita a percepire una profondità temporale, condensando l’immensità del tempo naturale nel singolo istante della visione. Roth stesso racconta il suo approccio creativo così: «Come pittore, cerco di dimenticare me stesso. Entro nel tempo profondo della foresta dando priorità al presente». Le sue pennellate larghe e le stratificazioni di colore portano sulla tela un senso di reverenza, invitando lo spettatore in un coinvolgimento profondo con l’ecologia e la temporalità che ci circondano.

Ph. Francesca Magnani

Ci spostiamo ora nell’Upper East Side e andiamo al Metropolitan Museum, senza entrarvi. L’artista interdisciplinare Jeffrey Gibson ha trasformato le nicchie della celebre facciata del Metropolitan Museum con una serie di quattro grandi sculture che esplorano le relazioni metamorfiche tra gli esseri viventi e l’ambiente. Membro della Mississippi Band of Choctaw Indians e di origini Cherokee, Gibson ha uno stile distintivo che fonde visioni del mondo e immagini con astrazione, testo e colore.

In mostra fino al 9 giugno 2026, The Genesis Facade Commission: Jeffrey Gibson, The Animal That Therefore I Am rappresenta la sua prima grande esplorazione su scala monumentale. L’installazione trasforma la facciata neoclassica del museo in un palcoscenico sulla presenza figurale e la parentela ecologica. Ogni scultura in bronzo, alta tre metri, rappresenta un animale: falco, scoiattolo, coyote e cervo. Utilizzando elementi come legno, perle e stoffa per creare spessore, Gibson dà vita a un nuovo procedimento: dai supporti in legno emergono forme animali, e ogni scultura che fonde formalmente l’animato e l’inanimato evocando ricami e tessuti delle tradizioni visive indigene.

Ph. Francesca Magnani

Il titolo si ispira al libro di Jacques Derrida, The Animal That Therefore I Am, che analizza la violenza insita nella dominazione umana sugli animali, tema che Gibson collega a più ampi cicli di conflitto. Scegliendo specie native dell’area di New York, riflette su come queste creature siano state costrette ad adattarsi agli ambienti umani, invitandoci a considerare ciò che affrontano e ciò che potrebbero insegnarci.

Ph. Francesca Magnani

The Animal That Therefore I Am adorna l’ingresso del museo, con forme zoomorfiche in dialogo con il paesaggio circostante, dall’ambiente naturale dell’Hudson River Valley, dove Gibson vive e lavora, all’ecologia urbana di Central Park intorno al Met. Questo progetto è il più recente nella serie di commissioni contemporanee del Met, in cui il museo invita artisti a creare nuove opere stabilendo un dialogo tra la pratica dell’artista, la collezione del Met, la struttura fisica e il pubblico.

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