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Il nero su carta di Pierre Soulages continua a interrogare il nostro sguardo
Mostre
C’è una luce che non nasce dal colore ma dalla sua sottrazione. Una luce che non si posa ma affiora, scavata nel nero come una rivelazione. È la luce che Pierre Soulages ha passato la vita a inseguire, domare, interrogare. Una luce che non illumina ma interroga chi la guarda. L’esposizione Soulages, une autre lumière. Peintures sur papier, ospitata al Musée du Luxembourg di Parigi e prodotta dal GrandPalaisRmn, porta questa ricerca al suo grado più intimo e ritmico attraverso 130 opere su carta — più di 30 delle quali inedite — restituendo un percorso coerente e, al tempo stesso, sorprendentemente libero.

È significativo che la carriera di Soulages inizi sul foglio: già nel 1946, nei primi lavori al brou de noix, le tracce larghe e affermate annunciano una grammatica nuova, una pittura che si distingue dalle ricerche astratte coeve. La carta, in Soulages, non è mai un supporto minore: se la tela consente di edificare il monumento dell’outrenoir, la carta permette la concentrazione, l’essenzialità, la chiarezza della visione, diventando terreno di prova e territorio definitivo.

Molte opere su carta, rimaste a lungo nello studio dell’artista, appaiono oggi come un archivio segreto della sua ricerca, una mappa che permette di leggere l’evoluzione del suo linguaggio. Il brou de noix, materia prediletta e più volte ripresa, è protagonista assoluto: liquido caldo, capace di oscillare tra trasparenza e opacità in un contrasto netto col bianco della carta, sembra fatto per la dialettica di una pittura che usa un materiale povero per produrre vibrazioni luminose inattese. Anche le opere a gouache o inchiostro, pur nei loro formati contenuti, mostrano un pensiero grafico rigoroso, dove ogni tratto è misura e ogni gesto incide nella sostanza del visibile.

Il 1948 segna un primo riconoscimento decisivo: Soulages, appena trentenne, viene invitato a una grande rassegna sulla pittura astratta francese in Germania e una sua opera è scelta per l’affiche ufficiale, evento raro per un esordiente e preludio a una rapida affermazione internazionale. Le opere degli anni successivi, presenti in mostra, evidenziano una padronanza sempre più consapevole della tensione tra gesto e struttura, come se il segno fosse insieme architettura e respiro.

Guardare un’opera su carta di Soulages significa accettare che il nero non sia un limite ma un varco: la materia assorbe la luce per restituirla trasformata, ritmata, mutevole al variare dello sguardo. È una superficie viva, un evento, che la carta rende ancora più sensibile attraverso velature, assorbimenti differenziati e stratificazioni minime.

La curatela di Alfred Pacquement, con Camille Morando, costruisce un viaggio che privilegia nuclei tematici più che la cronologia, mentre l’allestimento di Véronique Dollfus esalta la qualità quasi musicale delle variazioni su carta, accompagnato da una luce che non illumina ma accompagna, amplificando la dialettica tra opaco e brillante propria del brou de noix.
In un’epoca dominata dal rumore visivo, Soulages insegna ancora la pazienza del nero: non un nero disperso o negatore, ma un nero che custodisce la memoria della luce. Le opere su carta, radici segrete del suo linguaggio, rivelano un artista che ha cercato per tutta la vita l’essenziale, trasformando l’oscurità in rivelazione e offrendo davvero un’altra luce, un modo diverso di vedere.




















