26 dicembre 2025

Il critico d’arte non è un giudice, bensì un poliziotto: parola di Enrico Crispolti

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A Milano, il Museo del Novecento rende omaggio a Enrico Crispolti, storico dell’arte e critico militante, tra le voci più influenti del Novecento. La mostra, in corso fino all'11 gennaio, ne ripercorre la vita e l'opera

enrico crispolti
Installation view, Enrico Crispolti. La critica in atto, Museo del Novecento, Milano, 2025-2026, Studio Marco Bertoli

Negli spazi degli Archivi Ettore e Claudia Gian Ferrari, il Museo del Novecento di Milano ospita Enrico Crispolti. La critica in atto. L’esposizione promossa dal Comune di Milano – Cultura con la curatela di Luca Pietro Nicoletti in collaborazione con l’Archivio Enrico Crispolti APS ripercorre attraverso documenti, materiali d’archivio e filmati la carriera dello studioso, docente e critico militante, ponendo l’accento sulla sua biografia intellettuale. Il progetto inaugura un nuovo ciclo espositivo dedicato a curatori, critici e storici dell’arte che proseguirà nel 2026 con una mostra dedicata a Tommaso Trini e nel 2027 a Pierre Restany.

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Biennale di Venezia 1976 Ambiente come sociale © D. Olivero La Biennale Archivio ASAC

In merito alla critica d’arte se ne dicono tante. C’è chi lamenta una sua graduale scomparsa, chi l’incapacità di una presa di posizione, chi la sua inefficienza per un’azione chiara di giudizio sugli accadimenti estetici del momento. Eppure, si sa, nel mercato attuale esistono opere di minor valore e opere di buon valore. Opere che nel presente riescono a raggiungere quel livello necessario di “lungimiranza formale” tanto da ricongiungersi con una memoria, dare continuità a una tradizione o porsi in estrema rottura con essa. Sta di fatto, forse, e almeno come assunto ipotetico, che la critica ha sempre trovato il suo snodo fondamentale non tanto nelle asserzioni, ma piuttosto nella sua capacità di racconto e, quindi, di giudizio. L’uno a discapito dell’altro? No, in verità, ma come unità simbiotica dei due. Imparando, magari, da Flannery O’Connor, ovvero pensando che il racconto sia già senso, sia già giudizio. Sorprende, per tanto, la mostra che il Museo del Novecento di Milano dedica fino al prossimo 11 gennaio 2026 a Enrico Crispolti (Roma, 1933-2018). Studioso.

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Installation view, Enrico Crispolti. La critica in atto, Museo del Novecento, Milano, 2025-2026, Studio Marco Bertoli

Storico, docente, «compagno di strada degli artisti», attivo in una «militanza che teneva insieme l’attenzione al presente e la storicizzazione dell’immediato passato», afferma il curatore Luca Pietro Nicoletti. Negli anni della formazione universitaria alla Sapienza di Roma (1951-1972) con la guida di Lionello Venturi, fondamentali sono stati gli incontri con Alberto Burri, Lucio Fontana e Francesco Somaini. Qui prendeva avvio la sua attività critica, seguendo il percorso di artisti quali Bepi Romagnoni, per poi arrivare alla Nuova Figurazione, la Pop Art, il Futurismo e la questione (ancora attualissima) dell’arte nello spazio urbano. Una mostra documentaria, allestita in collaborazione con l’Archivio Enrico Crispolti APS negli spazi degli archivi Ettore e Claudia Gian Ferrari e che va ben oltre l’elogio e la celebrazione. Si fa piuttosto suggerimento, punto di incontro di una scuola oggi detta vecchia, ma che andrebbe riguardata a fondo per la capacità che aveva di sguardo sulla propria contemporaneità.

Installation view, Enrico Crispolti. La critica in atto, Museo del Novecento, Milano, 2025-2026, Studio Marco Bertoli

E il titolo è di certo azzeccato, Enrico Crispolti. La critica in atto, e dunque nel mentre dello svolgersi degli eventi. Un resoconto? Nient’affatto! Per di più dialogo, come quelle lettere che mettono in luce gli inviti e gli scambi tra il critico, gli artisti e i galleristi al tempo della creazione della rassegna Alternative Attuali.  Concepita nel 1962 come una ricognizione sulle tendenze più recenti, rimane curioso rivederla nel vivo delle testimonianze scritte. Come, nel suo particolare, la missiva datata 18 giugno 1962 che Arturo Schwarz indirizzava proprio ad Alternative Attuali (e Crispolti in c.c.), lamentando la necessità di ritirare dalla partecipazione l’artista Enrico Baj, in risposta al comunicato n. 3 che annunciava in tale rassegna la Mostra omaggio dedicata a Burri. Tale fatto stava a significare, secondo Schwarz «che Burri è artista superiore a tutti gli altri artisti presenti in questa rassegna». Era perciò «palesemente un assurdo, aggravato dal fatto che il pittore Burri ha solo qualche anno in più di molti dei pittori» presenti in tale circostanza. Semplice aneddotica? No, e nemmeno quisquilia, se non il tentato interrogativo critico sugli eventi e le attività degli operanti in quel momento. Un lavoro in rapporto al contesto, con le persone e le impellenze dell’epoca. Volterra ’73 era una mostra partecipativa volta a ripensare la relazione tra arte e spazio urbano. Anticipata dal libro Urgenza nella città (1972), “giocava” con il tessuto sociale secondo un’azione politica che voleva essere capace di riattivare la memoria del luogo attraverso opere anche provocatorie disseminate in siti simbolici quali il carcere di massima sicurezza o l’ex ospedale psichiatrico.

Installation view, Enrico Crispolti. La critica in atto, Museo del Novecento, Milano, 2025-2026, Studio Marco Bertoli

Esperienza questa portata avanti nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia del 1976 con il titolo di Ambiente, partecipazione e strutture culturali. Adesione all’immediato, ora osservato con senso del giudizio e cognizione di causa. Attraverso una concezione di politica culturale che Crispolti amava insegnare ai suoi studenti universitari. Un metodo che trovava le basi per una buona storiografia dell’arte contemporanea nell’attenzione militante verso il presente. Nel luogo dove agisce e si interfaccia il cosiddetto critico. Colui che non è giudice, ma che si muove, guarda, conosce, racconta, fa conoscere quello che succede svolgendo un lavoro che che assomiglia a quello del poliziotto, aveva dichiarato Crispolti nel 2013 in una conversazione con Angelo Casciello: «Un poliziotto si trova di fronte a un delitto e deve capire cosa è successo», così il critico che «di fronte a un quadro cerca di capire come è nato».

Manifesto Volterra ’73, 1973

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