23 dicembre 2025

45 opere per attraversare gli snodi della storia dell’arte, da Signorelli a Burri

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Le svolte della storia dell'arte, dal Trecento ai giorni nostri, attraverso 45 opere selezionate dalla collezione della Fondazione Carit: la mostra a Palazzo Montani Leoni di Terni, tra Luca Signorelli e Alberto Burri

Artemisia Gentileschi, Giuditta e la sua serva con la testa di Oloferne

C’è qualcosa di volutamente inattuale e, proprio per questo, radicale, nella mostra Collezione d’arte. Da Signorelli a Burri, che la Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni apre negli spazi di Palazzo Montani Leoni di Terni. In un’epoca segnata dalla frammentazione curatoriale, dall’iper-specialismo e dalla retorica dell’evento, l’esposizione sceglie la via apparentemente più semplice e in realtà più ardua: raccontare il tempo lungo dell’arte, non come successione lineare ma come campo di risonanze.

Raffaellino del Garbo, Vergine col Bambino incoronata da due angeli tra san Giovanni Battista e un angelo che regge un libro

Il percorso, articolato cronologicamente dall’inizio del Trecento agli esordi del XXI secolo, si configura come un vero e proprio museo della memoria, un dispositivo che non aspira all’esaustività bensì alla densità. Le 45 opere selezionate da un patrimonio di oltre mille non funzionano come campioni rappresentativi ma come nodi di una costellazione, secondo una logica che privilegia le continuità sotterranee, le persistenze formali, le sopravvivenze iconiche.

Perugino, Madonna in trono col Bambino con san Sebastiano e san Giovanni Battista, san Rocco e san Pietro

L’avvio trecentesco, affidato a opere di ambito gaddiano, introduce subito il tema della trasmissione: non l’opera isolata, ma la bottega, la scuola, il linguaggio che si sedimenta e si trasforma. È una premessa necessaria per comprendere il cuore rinascimentale del percorso, dove la presenza di Luca Signorelli assume un valore quasi paradigmatico. La sua tavola, segnata da una plastica tensione corporea e da una drammaticità che sembra già eccedere l’armonia classica, agisce come cerniera tra ordine e inquietudine, anticipando una modernità del gesto e della forma che troverà esiti lontani nel Novecento.

Martin Verstappen, Veduta della Cascata delle Marmore

Il Seicento, con Antiveduto Gramatica, Artemisia Gentileschi e Mattia Preti, non è presentato come semplice capitolo stilistico, ma come momento di crisi della visione. Il chiaroscuro, la teatralità, la messa in scena del corpo e del potere introducono una dimensione psicologica che incrina definitivamente l’idea di rappresentazione come specchio del mondo.

Francesco Guardi, Piazza San Marco a Venezia

Il Settecento veneziano di Francesco Guardi segna un passaggio decisivo: lo spazio non è più solo costruzione prospettica, ma atmosfera, vibrazione, instabilità. È uno spazio che si dissolve mentre si offre allo sguardo, preludio ideale alla nascita del paesaggio moderno.

Alfred Sisley, Stagno delle anatre, il castello di Pont, Louveciennes

L’Ottocento e il primo Novecento sono letti attraverso la lente del sentimento del vero. Sisley e Pissarro non sono convocati come icone, ma come testimoni di un mutamento profondo nel rapporto tra occhio, natura e tempo.  Il percorso giunge poi al secondo Novecento, dove emergono le sperimentazioni materiche e le nuove visioni astratte di artisti come Alberto Burri e Agostino Bonalumi, testimoni di un’epoca in cui la ricerca formale si apre a soluzioni innovative e profonde.

La presenza di Burri, tuttavia, non è semplicemente il punto d’arrivo cronologico del percorso ma il suo esito concettuale. La materia lacerata e ferita sembra rispondere, a distanza di secoli, alla tensione plastica di Signorelli: non più il corpo rappresentato, ma il corpo dell’opera stessa come luogo di conflitto.

Alberto Burri, Combustione, 1961

A chiudere la mostra, in realtà, è un omaggio agli altri artisti umbri – o attivi comunque nel territorio locale – durante il Novecento: da Piero Gauli ad Ardengo Soffici, da Ugo Castellani a Umberto Prencipe, fino ad Amerigo Bartoli, Orneore Metelli e Aurelio De Felice, che operarono proprio nella stessa Terni. Accanto ai dipinti, c’è anche un piccolo nucleo di opere collaterali: una serie di ritratti di cardinali e personalità illustri dal XVII al XIX secolo, uno splendido orologio in bronzo in stile Luigi XVI, alcune sculture di Vincenzo Gemito e una ceramica contemporanea di Piero Gauli.

Nel suo insieme, Da Signorelli a Burri non è solo una mostra di collezione ma una riflessione sul collezionare come atto culturale e politico. La Fondazione non espone semplicemente ciò che possiede, bensì costruisce un racconto e assume una responsabilità nei confronti del passato e del presente. Offrendo anche un’esposizione – gratuita, peraltro – all’intera comunità.

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