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Non solo luxury: i momenti più significativi della moda 2025
Moda
Ripercorriamo alcune sfilate del 2025 che hanno lasciato un segno, sia perché hanno segnato i tanto attesi debutti, sia perché hanno ridefinito il concetto di fashion show come atto performativo ricco di simbolismi e riferimenti artistici.
Jonathan Anderson da Dior — il nuovo racconto della maison

Una tappa indelebile dell’anno è stata l’attesa prima sfilata di Jonathan Anderson per Dior. Dopo la sua nomina come direttore creativo unico della maison — il primo dai tempi di Christian Dior a guidare uomo, donna e couture — Anderson ha portato a Parigi una visione che fonde heritage e sperimentazione con un approccio quasi artistico alla classicità. Le aspettative per la collezione maschile di Anderson erano altissime, poiché destinata a definire la direzione futura della maison Dior. In un evento pronto a ridefinire i codici della storica casa parigina, il nuovo direttore creativo ha unito riferimenti all’arte con l’artigianato moderno non trascurando la leggendaria eredità di eleganza e sartoria millimetrica di Dior. Da notare che scenografia è stata un omaggio all’importanza dell’arte: la sala è stata progettata per rispecchiare gli interni rivestiti di velluto della Gemäldegalerie di Berlino, esponendo due splendidi dipinti di Jean Siméon Chardin (1699-1779).
Il debutto di Matthieu Blazy e lo show Métiers d’Art di Chanel a New York

Un altro momento iconico del 2025 è stato lo show Métiers d’Art di Chanel a New York, curato da Matthieu Blazy. La scelta del Metropolitan Transit Authority come palcoscenico — con modelle che sfilano in vagoni di metropolitana e scale affollate — ha trasformato la città stessa in un’installazione d’arte urbana, capace di catturare il quotidiano e il desiderio di sogno in un solo istante. Qui, la sfilata si è fusa con la vita metropolitana, con outfit che incarnano identità multiple: dalla donna moderna in denim alla sig.ra di salotto, fino alle icone di stile contemporanee — un tentativo audace e narrativo di portare la moda dentro la narrazione quotidiana della città. Dalla sua prima collezione di debutto PE 2026 Blazy punta sul creare racconti quotidiani che affondano le radici nella storia della maison, ma con uno sguardo contemporaneo e twist artistico: “Volevo creare qualcosa di universale, come un sogno, qualcosa fuori dal tempo, e sono rimasto affascinato dall’universo delle stelle, un tema così caro alla stessa Coco” – ha spiegato lo stesso Blazy.
Il debutto di Glenn Martens con Margiela Artisanal 2025

Al Le Centquatre, Glenn Martens debutta per Maison Margiela Artisanal 2025 con un’opera di resurrezione culturale che ha unito misticismo fiammingo e radicalismo post-umano. La collezione è stata definita una nuova “couture democratica”, dove il valore non risiede nella caratura dei materiali, ma nel genio della trasformazione: semplici fogli da fotocopia, PVC e scarti industriali vengono elevati a pezzi museali attraverso corsetti architettonici e drappeggi ieratici. Tra maschere nate da frammenti dimenticati e il debutto della Tabi “artiglio”, Martens recupera l’anima dadaista della Maison, celebrando la bellezza della ruggine e della stratificazione. È un inno al lusso dell’intelletto che sfida le convenzioni della Haute Couture tradizionale, rendendo l’ordinario straordinario. La nuova Tabi “artiglio” e il ritorno della ruggine come pigmento estetico celebrano un lusso che rifiuta il prezioso convenzionale, preferendo la stratificazione della memoria. Un atto poetico e dissacrante che riconferma la Haute Couture come unico spazio possibile per una sperimentazione senza filtri.
La mostra e lo show testamento di Giorgio Armani

Nella suggestiva cornice della Pinacoteca di Brera, la collezione Giorgio Armani Primavera Estate 2026 è stata svelata come un dialogo intimo tra la metropoli milanese e l’essenza selvaggia di Pantelleria. Non solo una sfilata nel cortile dell’Accademia di Brera, ma anche una grande mostra per celebrare i cinquant’anni di carriera attraverso Giorgio Armani: Milano, per amore, un percorso antologico allestito tra le sale dell’Accademia dove 133 creazioni d’archivio dialogano con i capolavori della storia dell’arte. Tra le pennellate di Raffaello e il romanticismo del Bacio di Hayez, la sfilata ha ribadito il concetto di armonia assoluta tra corpo e veste. Sulle note live di Ludovico Einaudi, silhouette fluide e tessuti impalpabili hanno trasformato il minimalismo in un linguaggio universale. Questo evento straordinario ha consacrato definitivamente lo stile Armani come patrimonio artistico nazionale, fondendo per la prima volta l’eccellenza della moda con l’eredità storica dell’istituzione Brera.
Versace: l’era spezzata di Dario Vitale

Lo show che sarà ricordato come uno dei più grandi enigmi della moda di questo decennio non è stato solo una sfilata, ma un atto di rottura viscerale. Dario Vitale, bruscamente congedato dalla nuova proprietà di Versace dopo soli otto mesi, ha lasciato in eredità una visione che ha osato ridefinire la sensualità di un brand finora calcificato nell’eterna patina dorata di Donatella. Al posto delle classiche glamazons intoccabili, Vitale ha evocato visioni meno immediatamente perfette ma molto più autentiche: la passerella si è trasformata in un’estensione di un letto disfatto, dove l’abito diventa il racconto del “mattino dopo” La sfilata ha celebrato una bellezza cruda e carnale, fatta di patte lasciate aperte, fianchi nudi rivelati dal movimento dei pepli e abiti che sembravano scivolare via come lenzuola di seta stropicciate. Vitale aveva appena iniziato a scrostare il mito per ritrovare l’uomo e la donna Versace, ma il suo racconto è stato interrotto bruscamente dalle logiche del mercato. Quella di Vitale resterà una collezione che brilla come un testamento di ciò che Versace avrebbe potuto essere: un brand non più solo da ammirare su un red carpet, ma da vivere con tutta la splendida imperfezione della realtà.












