27 agosto 2020

L’atto performativo raccontato attraverso gli occhi di Elisabetta Catalano, in mostra al MAXXI

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Tra diapositive, fotocolor, stampe storiche, corrispondenza e provini d’artista, in mostra i documenti per raccontare la complessità del processo creativo di una importante fotografa: Elisabetta Catalano

Curata da Aldo Enrico Ponis con la consulenza scientifica di Laura Cherubini, la mostra intitolata ‘ELISABETTA CATALANO. Tra immagine e performance’, realizzata grazie alla collaborazione del MAXXI Museo nazionale delle Arti del XXI secolo con l’Archivio Catalano, si inserisce all’interno di un percorso di valorizzazione degli archivi contemporanei come strumento di ricerca e mezzo espositivo portato avanti dal Museo romano dal 2017, anno di inaugurazione dell’area denominata Archive Wall.

La mostra, prorogata fino al 6 settembre, nasce con lo scopo di indagare il rapporto tra fotografia e performance e prende spunto dalla presenza, all’interno dell’archivio MAXXI, di alcune foto di Catalano ritraenti gli artisti Gilbert & George durante una loro performance improvvisata, tenutasi a Roma. ‘Tra immagine e performance’ si presenta, quindi, come focus su una parte dell’Archivio Catalano, una campionatura dell’enorme lavoro eseguito nel corso degli anni, in particolare delle sue collaborazioni con quattro artisti contemporanei di fama mondiale, fotografati durante l’esecuzione delle loro performance in studio. Si tratta di Joseph Beuys con la Scultura Invisibile (1973), Fabio Mauri nell’Europa Bombardata (1978), Vettor Pisani, Lo scorrevole (1972) e infine Cesare Tacchi con Painting (1972).

Joseph Beuys viene fotografato da Catalano nell’atto simulato di reggere un oggetto con le proprie mani, mentre la figura si staglia dallo sfondo nero, balzando verso l’osservatore. Esempio di ritratto-performance, Scultura invisibile nasce in modo del tutto spontaneo durante una visita dell’artista tedesco allo studio della fotografa. Lo scatto ci parla della cura di Catalano nei confronti della scelta dei fondali per le sue foto, spesso dalle caratteristiche quasi pittoriche su cui la figura risaltava con teatrale efficacia.

Joseph Beuys, Scultura invisibile performance in studio, 1973 Foto di Elisabetta Catalano
Joseph Beuys, Scultura invisibile
performance in studio, 1973
Foto di Elisabetta Catalano

Nelle foto ritraenti Vettor Pisani, assistiamo alla riproduzione de Lo Scorrevole, precedentemente rappresentato nel ’72 in occasione di documenta, a Kassel, ripetuto per l’occasione dall’artista nello studio della fotografa. L’azione, così come le foto, ci racconta del destino, della psiche umana e di femminilità, il tutto inscenato con ritualità esemplare. Grazie all’ausilio di Monica Strebel, Catalano ritrae la figura della modella nuda, con il corpo leggermente sospeso e legato orizzontalmente con una corda, dotando l’immagine di un’intrinseca compostezza formale in grado di documentare la processualità della performance e il lavoro che porta alla sua realizzazione.

Vettor Pisani, Lo scorrevole performance in studio, 1972 Foto di Elisabetta Catalano
Vettor Pisani, Lo scorrevole
performance in studio, 1972
Foto di Elisabetta Catalano

Le foto all’azione di Tacchi, invece, nascono dalla collaborazione dell’artista con Catalano, in seguito alle famose Cancellazioni d’artista. Nelle fotografie in mostra, infatti, vediamo attuarsi il processo inverso, ovvero il riemergere dell’immagine di Tacchi dietro una lastra di vetro trasparente, dando vita a due opere distinte: Autoritratto, in cui l’artista sorregge la lastra di vetro comparendo a mezzo busto come un ritratto vivente, e Painting, che ci permette di farci vivere a ritroso, in una sequenza di 24 scatti, la sua cancellazione.

Cesare Tacchi, Painting performance in studio, 1972 Foto di Elisabetta Catalano
Cesare Tacchi, Painting
performance in studio, 1972
Foto di Elisabetta Catalano

Infine, l’Europa Bombardata di Fabio Mauri, compagno d’arte e ai tempi partner di Catalano, è un’azione che vede protagonista la modella Danka Schröder, personificazione di una Giovane Germania. La performance nasce dalla volontà di Mauri di dare vita a una precisa memoria storica del periodo fascista e nazista, evocandone differenti situazioni emblematiche.

Fabio Mauri, Europa bombardata performance in studio, 1978 Foto di Elisabetta Catalano
Fabio Mauri, Europa bombardata
performance in studio, 1978
Foto di Elisabetta Catalano

Queste quattro performance vengono raccontate e rese impermutabili grazie all’abile occhio di Elisabetta Catalano, attraverso gli scatti destinati a diventare iconici dell’atto performativo stesso. Scelte da Aldo Ponis, le quattro foto vintage originali in mostra ci raccontano non solo di un periodo storico in cui la performance si afferma come uno dei linguaggi principali dell’arte contemporanea, facendo del corpo il vero protagonista dell’arte, ma anche di come Elisabetta fosse una complice magistrale nella documentazione di questo fenomeno artistico, grazie alla sua naturale abilità di lettura del corpo e del volto umano. Essenzialmente ritrattista, Catalano viene infatti scelta dagli artisti proprio per la sua innata capacità di cogliere la complessa gamma di espressioni ed emozioni scaturita dalla performance svoltasi a porte chiuse, direttamente nello studio-monastero di Elisabetta. L’azione che ne deriva non è essenzialmente né performance né fotografia, bensì un genere ibrido il cui scopo intrinseco è quello di individuare una foto talmente potente da essere in grado di sintetizzare e tramandare l’atto performativo.

L’allestimento risulta senz’altro originale ed efficace grazie alla combinazione di fotografie a parete e di tavoli espositivi su cui è possibile visionare una serie di provini con l’ausilio di una lente di ingrandimento. Questa scelta ci permette di godere di alcune foto inedite, oltre che a comprendere maggiormente la processualità e la sequenzialità della performance, svelandocene un dietro le quinte troppo a lungo ignorato che si rivela essere paradigma stesso del processo creativo. Diapositive, fotocolor, stampe storiche e provini d’artista sono infatti tutti i documenti messi a disposizione dall’Archivio Catalano per raccontarci le fasi che portano all’atto performativo.

Pioniera della macchina fotografica, Catalano ci regala immagini in movimento, rivelatrici di un momento iconico reso con la drammaticità tipica del bianco e nero. La sua personalità curiosa, e al contempo misteriosa, si svela ai nostri occhi attraverso i ritratti di personaggi creativi, una libera comunità di pensiero formata da artisti da lei stessa ammirati per il loro coraggio di trasformare in opera d’arte un pensiero, traendone profonda felicità e genuino divertimento.

Omaggio a una fotografa che lavorava con accanito perfezionismo e alla storia della performance italiana, la mostra al MAXXI è un racconto-testimonianza del preziosissimo lavoro d’archivio che ha reso accessibile e fruibile il lavoro di Catalano, rivelandoci, con generosità, non solo il processo invisibile e fondamentale che ha portato alla realizzazione di quattro opere d’arte pietre miliari della storia della performance contemporanea, ma anche svelandoci il fondamentale contributo di Elisabetta, artista abilissima nell’uso del mezzo fotografico in ambito artistico.

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