19 marzo 2023

Magazzino Italian Art: “Arte Povera: Artistic Tradition and Transatlantic Dialogue”

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Il ciclo annuale di conferenze primaverili, alla sua quinta edizione e curato da Roberta Minnucci, riunisce alcuni dei principali studiosi di Arte Povera

Sulla parete di fondo: Jannis Kounellis, Senza titolo, 2001. Mario Merz, Pittore in Africa, 1984. Jannis Kounellis, Senza Titolo, 1986. In primo piano: Mario Merz, From Continent to Continent, 1993. Courtesy Magazzino of Italian Art. Ph. Marco Anelli, New York, 2017

Magazzino Italian Art presenta la quinta edizione del ciclo annuale di conferenze primaverili: “Arte Povera: Artistic Tradition and Transatlantic Dialogue”. Curati da Roberta Minnucci, Scholar-in-Residence di Magazzino per il 2022-23, gli incontri riuniscono alcuni dei principali studiosi dell’Arte Povera per affrontare temi di ricerca strettamente connessi al rapporto dell’Arte Povera con il passato e agli scambi artistici con gli Stati Uniti. 

Suddiviso in quattro appuntamenti, dal 18 marzo al 30 aprile, il nuovo ciclo si inserisce nella programmazione del 2023 e si propone di esplorare come l’identità artistica dell’Arte Povera sia stata plasmata contemporaneamente dall’eredità della tradizione artistica e dal dialogo con l’arte americana.

Marin R. Sullivan, Material Dispersions: Sculpture and Photography in Postwar Italy

Il primo incontro, intitolato “Material Dispersions: Sculpture and Photography in Postwar Italy” ha visto l’intervento di Marin R. Sullivan. Muovendo dalla fine degli anni ’60, quando gli artisti d’avanguardia si rivolsero sempre più spesso a materiali instabili e non convenzionali, a nuovi modelli di mecenatismo e a modalità espositive alternative, ampliando nel contempo i confini della scultura, lo studioso pone l’attenzione su come tutti i progetti che nacquero condividevano una dipendenza dalla fotografia per documentare, contenere e, in molti casi, conservare l’opera. Simile dipendenza rafforza anche la narrazione della smaterializzazione, emersa in quel periodo e utilizzata nella letteratura storica dell’arte per sostenere che la fotografia da sola costituisse l’opera. Concentrandosi su una selezione di progetti realizzati tra il 1966 e il 1972, tra cui quelli di Yayoi Kusama, Michelangelo Pistoletto, Robert Smithson e Joseph Beuys, Marin R. Sullivan esamina la complessa relazione intermedia tra concetto, materia e immagine al centro di molte opere d’arte orientate al processo e guidate dalla materia create alla fine dei lunghi anni Sessanta. 

Roberta Minnucci, Ph. Eleonora Cecchini

Roberta Minnucci in “Casting the Past: Arte Povera and Classical Sculpture” (1 aprile) indaga su come l’arte classica sia stata fatta propria dagli artisti dell’Arte Povera e incanalata nel dominio dell’arte contemporanea, esaminando la ricezione dell’antichità attraverso le sue successive rinascite – ovvero il Rinascimento e il Neoclassicismo – in relazione alla coesistenza di diverse temporalità all’interno dell’opera d’arte. Artisti dell’Arte Povera come Jannis Kounellis, Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto hanno prodotto reinterpretazioni sperimentali della statuaria classica, sfidando la tradizionale dicotomia tra originale e copia. Recuperando la materialità e l’iconografia dell’antica scultura occidentale, hanno rivendicato l’antichità classica come patrimonio culturale europeo condiviso, gettando le basi per la propria identità artistica.

Da sinistra:Giulio Paolini, Mimesi, 1976-1988;
Giulio Paolini, De Pictura, 1977-1978. Courtesy Magazzino Italian Art, New York.

La conferenza di Laura Petican, “Arte Povera and the Baroque: The Evolution of National Identity” (15 aprile), vuole invece esplorare l’evoluzione del concetto di identità nazionale italiana in relazione alla persistenza del passato nell’arte italiana del dopoguerra, in particolare per quanto riguarda gli esperimenti artistici radicali dell’Arte Povera negli anni Sessanta e Settanta. Prendendo in considerazione le nozioni di eredità culturale e di storiografia barocca, Petican approfondisce i modi in cui l’avanguardia è stata utilizzata nel corso del XX secolo per scopi politici ed è riemersa dopo l’isolamento culturale dell’Italia tra le due guerre nelle opere sperimentali dell’Informale. In particoalre, la nozione di “barocco-centricità” viene discussa come metodologia per illustrare i legami concettuali e tangibili dell’Arte Povera con il passato e come cornice attraverso cui gli artisti hanno negoziato una relazione significativa con il contesto storico, pur rimanendo saldamente radicati nel momento presente.

Michelangelo Pistoletto, Adamo ed Eva, 1962-1987. Courtesy Magazzino of Italian Art. Ph. Marco Anelli, New York, 2017

Raffale Bedarida infine, in “Between Cultural Diplomacy and Counterculture: Eugenio Battisti, Alan Solomon, and the Exhibition Young Italians in 1968” (30 aprile), fornirà il contesto storico di “Young Italians”: la prima mostra panoramica delle tendenze delle tendenze dell’arte italiana degli anni Sessanta fino alla Nuova Figurazione, all’Optical Art, alla Pop Art all’Arte Povera, in un museo americano – Institute of Contemporary Art (ICA) di Boston e al Jewish Museum di New York. Secondo Bedarida, tracciando una mappa del clima sociopolitico – dal boom economico all’enfasi della Guerra Fredda, dagli scambi transatlantici alle iniziative antimperialiste nate sulla scia della guerra del Vietnam – esamina come lo studioso e attivista Eugenio Battisti concepì la mostra e il motivo per cui essa fu curata da Alan Solomon, poi curatore della Biennale di Venezia del 1964. Cosa è rimasto di “Young Italians”? Un’esperienza di formazione, sicuramente, ma anche un monito per i due curatori che plasmarono il discorso artistico sull’Arte Povera e sull’Arte Concettuale in quegli anni: Germano Celant e Kynaston McShine. 

Da sinistra: Giovanni Anselmo, Il panorama fin verso oltremare, 1996.
Alighiero Boetti, Mappa, 1983. Courtesy Magazzino of Italian Art. Ph. Marco Anelli, New York, 2017

Sappiamo che l’Arte Povera ha adottato un approccio processuale basato sull’indagine di materiali non convenzionali e sul coinvolgimento attivo dello spettatore, ponendosi in dialogo con le sperimentazioni artistiche emergenti in Europa e negli Stati Uniti. Come sappiamo che l’assegnazione del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 1964 a Robert Rauschenberg sancì il riconoscimento internazionale della Pop Art americana, condannata dagli artisti italiani per essere una celebrazione acritica della società dei consumi promossa da un lucroso mercato dell’arte. Tuttavia non v’è dubbio: alcuni artisti dell’Arte Povera dimostrarono un forte interesse e una profonda conoscenza delle tendenze artistiche americane contemporanee, come gli Stati Uniti offrirono agli artisti italiani un’importante piattaforma internazionale per presentare le loro opere a un nuovo pubblico.

Partendo da questo storico scambio artistico, Petican, Sullivan, Bedarida e Minnucci provano ognuno a offrire una lettura più complessa del rapporto dell’Arte Povera con l’identità culturale e gli Stati Uniti, facendo luce su temi cruciali all’interno dell’attuale dibattito scientifico che includono le dinamiche di influenza, lo scambio transatlantico, la diplomazia culturale e il patrimonio artistico.

Luciano Fabro, It-alia, 1971. Courtesy Magazzino of Italian Art. Ph. Marco Anelli, New York, 2017

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