14 giugno 2001

Riciklo a Roma: in vendita le opere d’arte che non ci piacciono più

 
È un mercatino, senza ombra di dubbio. Particolare non trascurabile: sono in vendita solo opere d’arte. Rigorosamente usate...

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In principio era “Avanzi di fine millennio” (1999 – 2000), ibridazione tra un mercatino delle pulci ed un palcoscenico aperto a tutto e tutti: la casa – studio di Roberto Cascone si riempie di oggetti di ogni genere, li portano amici, altri artisti, conoscenti. Si sparge la voce, chi si vuole disfare di quelle cose inutili diventate odiose allo sguardo, può portarle lì, in un appartamento che ormai sembra un bazaar, sistemarle dove e come vuole, quindi venderle. Una videocamera filma tutto: stanze, oggetti (dall’animale impagliato alla statuetta terribilmente kitsch), persone e reazioni, voci, alterna interviste e inquadrature di spazi vuoti, luci colorate e zone buie… il materiale opportunamente montato diventerà un video (che sarà presentato proprio nel corso di “Riciklo”), per documentare un’iniziativa che pare sempre di più una performance con protagonisti involontari, con sviluppi imprevedibili.
Adesso si chiama “Riciklo” ed è espressamente dedicato alle opere d’arte. A prezzi contenuti si può acquistare un’opera di Maurizio Cattelan (e in questo caso, vista la cronaca recente potrebbe anche diventare un vero affare…), Corrado Bonomi, Dario Ghibaudo, Eredi Brancusi… e l’elenco continua, “in caso di grande numero di richieste di partecipazione” si parla di “lista d’attesa”.
“Al di là del sapore situazionista dell’intera operazione è da sottolineare il rapporto con gli oggetti, l’idea di liberazione dagli stessi…” dice Roberto Cascone (ideatore e promotore di “Riciklo”): la compravendita è vera, ma il contesto disorienta, rimane un innegabile risvolto ironico, dissacrante, perché l’oggetto in questione è un opera d’arte e allora è come se sollevassimo il coperchio di un vaso di Pandora pieno di convinzioni.
L’appuntamento è all’Associazione Futuro, solo per oggi e domani.

Maria Cristina Bastante




Riciklo
Roma, Associazione culturale Futuro
Piazza Manfredo Fanti 40
14 giugno 2001 dalle 18,30
15 giugno 2001 dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 2


[exibart]

6 Commenti

  1. “Opere d’arte” che non si usano più.
    Spero che qualcuno abbia in noia un Bramantino.
    Che differenza c’è tra una bottega dove si vendono “opere d’arte che non si usano più”, il cui posizionamento “casual-esistenzialista” è documentato, e una fiera o mostra d’arte dove si vendono altrettante “opere d’arte” a cui certo non si può generalmente attribuire un uso specifico?
    La presentazione mi è piaciuta, Maria Cristina si è inoltrata energicamente nella mostra con dinamismo, freschezza e subito pronta a cambiare argomento.
    E io sono d’accordo.
    Ciao, Biz.

  2. nessun Bramantino venuto a noia, credo.
    (saranno quei classici che non tramontano mai e che nel salotto ci stanno sempre più o meno bene…)
    prima di cambiare argomento… grazie.

    (che dire? alla prossima notizia!)

  3. Caro Biz provo tristezza nel leggere che in una bottega si vendono “opere d’arte che non si usano più”. Alla tua domanda:” Che differenza c’è tra quella bottega e una fiera o mostra d’arte?” Non so risponderti, come te provo amarezza, rispondimi tu e cerca di tirarmi su il morale. Ciao, a presto Maria.

  4. Carissima Maria Pezzica,
    Non so se sarò in grado di tirarti su il morale, poiché anche la mia riflessione era sorta da una certa disillusione di fondo nell’apprendere il motore di certi eventi.
    Ma sono determinato nel pensare che una riflessione sull’arte – sia come fatto sociologico, sia come fatto antropologico, sia anche come categoria dello spirito in una prospettiva hegeliana – dovrebbe senza dubbio orientarsi verso l’attività creatrice.
    Invece, mi sembra che la riflessione sull’esperienza estetica ci orienti piuttosto verso la contemplazione dell’oggetto estetico da parte dello spettatore.
    Mi domando perchè il pubblico non diventa più civile.
    Ha dimostrato di averne la capacità: che cosa glielo impedisce dunque?
    Credo che ad impedirglielo sia il desiderio di esercitare influenza sull’artista e sulle opere d’arte.
    Se l’uomo si accosta a un’opera d’arte con l’intento di condizionare sia l’opera sia l’artista che l’ha generata, allora non sarà certo in grado di poter ricevere dall’opera stessa alcuna suggestione.
    Dev’essere l’opera d’arte a dominare chi la contempla e non viceversa.
    Lo spettatore deve farsi ricettivo, simile a uno strumento musicale pronto per essere suonato dal maestro.
    E quanto più egli si sforzerà di liberarsi dei propri sciocchi punti di vista, dei suoi irragionevoli pregiudizi e delle sue idee incongruenti su ciò che l’arte dovrebbe o non dovrebbe essere, tanto più egli potrà comprendere e apprezzare l’opera d’arte in questione.
    Tutto ciò si applica, è naturale, al pubblico comune, eppure è vero anche per il cosiddetto pubblico colto.
    Il motivo è semplice: una persona elabora la propria concezione dell’arte in modo naturale, basandosi cioè su quello che l’arte è stata in passato, mentre invece una nuova opera d’arte è bella proprio perchè rappresenta ciò che l’arte non è MAI stata; di conseguenza, considerarla alla luce della tradizione significa attenersi a criteri dal cui rifiuto dipende la sua intima perfezione.
    L’unica personalità in grado di apprezzare un’opera d’arte è quella che, grazie a un mezzo immaginativo e in condizioni favorevoli allo sviluppo della fantasia, ha la facoltà di percepire sensazioni nuove e meravigliose. Tutto ciò trova effettivo riscontro nel caso dell’accostamento a opere di scultura e di pittura, e ancor più se passiamo ad altre forme d’arte, quali il teatro e la musica, per esempio.
    Lo spettatore saggio deve restare seduto e godersi serenamente le deliziose emozioni che l’opera risveglia nel suo intimo: meraviglia, curiosità, suspence.
    Non si va a incontro all’opera d’arte per dar sfogo alla propria volgarità, ma per sviluppare le proprie inclinazioni artistiche, oppure per acquistarle se ancora non vi sono.
    Lo spettatore non è l’arbitro d un opera d’arte: semplicemente gli viene concesso di contemplarla e, posto che tale opera sia bella, di cancellare grazie alla contemplazione tutto l’egoismo che c’è in lui, l’egoismo dato dall’ignoranza o dalle sue erronee conoscenze.
    Ciao, Biz

  5. Carissimo Biz ho ricevuto con piacere la tua risposta. Mi piace come scrivi e sento dalle tue parole che sei buono e sensibile, questo l’ho sempre capito dai tuoi commenti e per questo provo affetto per te. In merito agli argomenti dell’articolo comprendo che è un lavoro per chi li vende, guardano all’utile, a loro non interessa l’interiorità. Stai sereno, sei riuscito a tirarmi su il morale con i tuoi argomenti. Sei intelligente e colto e hai capito quali parole mi avrebbero aiutato e l’hai fatto. Scrivimi ogni tanto, ne sarò molto contenta. Grazie e cari saluti. Maria

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