18 aprile 2013

fino al 21.IV.2013 Jules De Balincourt, Parallel Univers Collezione Maramotti, Reggio Emilia

 
Un viaggio a colori tra le questioni del mondo, in cinque grandi tele appositamente pensate per gli spazi della collezione di Reggio Emilia. L'immaginario di Jules De Balincourt svela poteri, affronta temi come il razzismo e la guerra, attraverso un'aura pittorica psichedelica e tagliente -

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Un soldato con elmetto, una festa sotto un albero secolare che ha tutti i crismi della tradizione arcaica, un’esplosione quasi fumettistica, un mondo che viene solcato da quelle che potrebbero essere rotte di aerei, ma le cui terre emerse sembrano mutare in farfalle e uno ying-yang dai toni caldi e freddi, sul dualismo destra-sinistra, globale-locale, bianco e nero, che non a caso titola Global Faces. Sono questi i cinque “temi” su cui si snoda “Parallel Universe”, la mostra di Jules De Balincourt alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia. Cinque dipinti che tracciano, nella sala al piano terra affacciata al giardino, una variazione su quella che può essere una pittura d’azione, politica, ma che non assume i toni grigi della denuncia quanto il lirismo di un colore vibrantissimo, senza indugi e nella prospettiva di affascinare l’occhio dell’osservatore.
Jules de Balincourt, Parallel Universe, veduta di mostra, Collezione Maramotti, Reggio Emilia Photo: Dario Lasagni

 

La prova lampante è data proprio dall’esplosione di Burst Painting, che travolge con la sua potenza e, allo stesso tempo, sembra mantenere un’aura quasi innocua, da fumetto, da bomba-poster. Eppure tutto, nell’Universo Parallelo di De Balincourt è roba che scotta. Nato a Parigi nel 1972, da tempo l’artista vive e lavora a New York, più precisamente a Brooklyn, ed è da qui che la sua pittura lancia un tagliente punto di vista sul declino e il dominio degli Stati Uniti, delle sue politiche e delle sue tragedie, in un corpus di opere quanto mai attuale, specialmente anche alla luce di oggi, degli ultimi fatti di cronaca registrati a Boston: «Mi piacciono le dualità e le contraddizioni insite in questi dipinti, sospesi tra molteplici letture: cosmica, floreale, esplosiva, climatica o distruttiva allo stesso tempo. Oltre a fornire l’energia iniziale che propaga e disperde gli altri dipinti, l’esplosione funge da ancoraggio per l’intera mostra», dichiara De Balincourt a Bob Nickas nell’intervista che appare nel catalogo della mostra. E non potrebbe essere altrimenti: l’esplosione è l’acme e il grado zero della pittura. No, non stiamo parlando di un grado zero alla Malevic o alle Croci di Ad Reinhardt, ma forse di quel “punctum” in grado di focalizzare tutto lo “studium” che lo stesso Roland Barthes ricercava nella fotografia. E che qui si ritrova nei cinque grandi dipinti, visti secondo Nickas come «differenti visioni della stessa immagine, fotogrammi di un film». 
Un film di guerra e un film d’amore, un film di conquista e un film antropologico, dove l’elmetto del soldato – eroe o assassino?- ha la stessa valenza pittorica del secolare Waiting Tree. Eppure forse c’è qualcosa che si nasconde nel buio delle fronde e della foresta circostante, ma non possiamo saperlo, e forse non lo può sapere nemmeno l’artista. Perché nel buio non si vede nulla, e proprio per questo la paura umana aumenta; per il non poter dare un volto al proprio terrore, per la mancata immagine di ciò che ci spaventa. Jules De Balincourt effettua lo stesso processo, invece, con l’uso massiccio del colore, nell’immensa capacità di evidenziare problematiche sociali, identitarie, collettive e individuali, creando anche illusioni, o lasciando libero il campo a metafore, come accade con Psychedelic Soldier: «Il soldato psichedelico diventa metafora dell’assurdità della guerra in generale e della mimetizzazione in particolare. Invece di fondersi con il paesaggio, i militari divengono obiettivi da colpire. Nessuna uniforme permette di mimetizzarsi completamente», spiega l’artista. Che racconta del soldato come una sorta di autoritratto, che però somiglia anche un po’ a tutti noi, persi come siamo a distinguere il bene e il male, impegnati nell’ombra per attaccare il nemico, consci di una trincea e di un’esplosione perenne, che forse appartiene proprio al genere umano e alla sua incapacità di “tollerare” non solo il buio, ma anche l’immenso colore del mondo. 
Matteo Bergamini
mostra visitata il 16 aprile 2013
Jules De Balincourt – Parallel Univers
fino al 21 Aprile 2013
Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66 
42100 Reggio Emilia
Orari: giovedì e venerdì 14,30-18,30, sabato e domenica 10,30-18,30

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