08 dicembre 2011

fino al 8.I.2012 Jan Fabre Roma, Magazzino

 
Se per Bosch il demoniaco è nell'arte, in Jan Fabre il demoniaco è nell'umanità. Ricordando uno degli aspetti più bui della storia del Belgio, l'artista torna a Roma con una nuova serie della produzione che l'ha reso celebre...

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Dopo l’omaggio al criminale francese Mesrine alla fine del 2009, ritorna Jan Fabre (Antwerp, 1958) al Magazzino di Roma. Come due anni fa la città eterna lo coinvolse su più fronti in un opera d’arte totale dal teatro in galleria, anche questa volta, dopo lo spettacolo al Teatro Olimpico nell’ambito della programmazione di Try the Impossible per Romaeuropa Festival, l’artista belga apre la sua esposizione personale negli spazi del Magazzino di via dei Prefetti.
Di nuovo la perversione dell’uomo è protagonista, ma ora con una lettura differente. La colonizzazione africana è una pagina oscura della storia del Belgio, terminata appena il secolo scorso. Prima che diventasse possedimento coloniale, Leopoldo II alla fine dell’Ottocento, considera il Congo il suo ricco e florido giardino pesonale, in realtà teatro di ingiustizie e atti violenti e disumani che tuttora si ripercuotono nelle vicende politiche e sociali del Paese. Come avrebbe rappresentato tale decadenza Hieronymus Bosch se avesse vissuto questa epoca storica?
Le scene bibliche sarebbero trasposte in chiave attuale, e le ibride figurine dall’aspetto semi demoniaco sarebbero diventate esseri umani. Bosch ammonisce lo spettatore con le sue figure ignude impegnate senza vergonga, all’interno del Giardino delle Delizie, nelle loro azioni, ma destinate ad essere dannate. Fabre ci ricorda che la dannazione non appartiene solo all’Inferno, ma anche a questa Terra.

La vita degli schiavi neri apparteneva al colonizzatori e come in un gioco, al quale non potevano attivamente partecipare, poteva improvvisamente terminare. Grandi pannelli raccontano, ad esempio, come i neri erano tutti costretti ad acquistare i biglietti della lotteria nazione, senza il diritto di poter incassare alcuna vincita (Loterie Coloniale). Si narra anche l’usanza per cui, a coloro che non potevano pagare i tributi venivano mozzate le mani (Punishment of Lust); oppure si ricorda come il lavoro dello schiavo nero produceva beni di lusso per i belgi (Slave Shits Pearls). Orecchie mozzate con la lama in mezzo, un’enorme conchiglia che divora un essere umano, spade che conficcano crani mozzati, sono dirette citazioni dal maestro fiammingo e come ai tempi in cui inizia la Riforma Protestante mantengono un’attualità lampante.
Fabre restituisce un’intepretazione del fatto storico in chiave simbolica, attraverso il mosaico formato dai carapaci dei coleotteri, scheletri d’insetti dalla strabiliante potenzialità cromatica che varia dal verde al blu all’arancio, a seconda dell’angolazione nella quale vengono disposti e osservati.

Come in una Kafkiana metamorfosi l’insetto rappresenta l’uomo e la sua orrida essenza, e narra un’evoluzione distorta della sua natura.
Jan fabre racconta senza imbarazzo la storia della sua nazione, così come questa è avvenuta, senza condanna e senza rimprovero, utilizzando il dato “orrido” nei temi come nel linguaggio. Il Brutto appartiene all’arte come il Bello, e ne abbiamo con questa mostra uno splendido esempio.
 
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claudia pettinari
mostra visitata il 10 novembre 2011
 
dal 10 novembre 2011 all’8 gennaio 2012
Jan Fabre. Tribute to Hieronymus Bosch in Congo
Roma – Magazzino
via dei Prefetti 17
Martedì-venerdì 11-15 / 16-20. Sabato 11-13 / 16-20
Ingresso libero
Info:
info@magazzinoartemoderna.com – 06.6875951
 
 
[exibart]
 

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